Caro lettore, oggi è l‘anniversario del compleanno di Silvio Pellico, anche se alcuni sostengono sia domani. Oltre 230 anni fa nasceva, a Saluzzo, in provincia di Cuneo, l’autore di Le mie prigioni. Alla nascita era molto gracile e debole, al punto che ad un anno contrasse una malattia che gli impediva uno sviluppo corretto del corpo, a discapito di un notevole sviluppo del capo, che lo rese storpio. Le attenzioni materne e le cure mediche consentirono una lenta guarigione, ma restò sempre un individuo che soffriva problemi di salute. Di se stesso pensava:
Non v’è dubbio che ogni condizione umana ha i suoi doveri. Quelli d’un infermo sono la pazienza, il coraggio e tutti gli sforzi per non essere inamabile a coloro che gli sono vicini.
Il padre, Onorato Pellico, gestiva un negozio di drogheria a Torino. Silvio fu mandato a Lione, da un cugino, per imparare l’arte degli affari, ma nelle sue memorie lascia scritto di non essersi mai stato interessato alla “scienza de’ negozi“, preferendo la poesia e non saziandosi mai della lettura.
Avendo vissuto a cavallo tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento si lasciò coinvolgere dagli ideali di spirito libertino tipici dei filosofi illuministi. Trascorse un periodo in Francia, durante il quale studiò le lettere classiche, il francese, l’inglese e il tedesco. In merito all’impegno profuso negli studi sosteneva che:
Tutto ciò che impari, t’applica ad impararlo con quanta più profondità è possibile. Gli studi superficiali producono troppo spesso uomini mediocri e presuntuosi.
Rientrato in Italia sfoggiò la sua conoscenza e la galanteria nei salotti letterari. Fu amico di Vincenzo Monti e di Ugo Foscolo. Sugli amici sosteneva che non bisogna affannarsi pur di averne, ma quando se ne trova uno bisogna onorarlo di elevata amicizia.
Nel 1815 esordì a teatro la sua prima tragedia la Francesca da Rimini, dove è presente un’ode all’Italia che incita all’ardore di patria.
Nel 1820 fu arrestato per alto tradimento e partecipazione alla Carboneria, insieme a Pietro Maroncelli. Visse nelle carceri di Spielberg, a Brno, in Repubblica Ceca, per otto anni, durante i quali scrisse le sue memorie, oltre al libro che lo rese famoso.
Il vivere libero è assai più bello del vivere in carcere; chi ne dubita? Effettivamente… è ineccepibile che una vita libera è sicuramente più bella, indipendentemente dal “carcere” in cui vivi!
Nel 1850 fu Massimo d’Azeglio a proporre a Vittorio Emanuele II di decorare con la Croce dell’Ordine di Savoia il glorioso martire dello Spielberg.
Da un punto di vista sentimentale, il suo cuore fu trafitto, prima, dall’attrice Teresa Marchionni, la cui storia terminò con l’arresto di Silvio nel 1820; successivamente si innamorò per alcuni mesi della nobildonna Cristina Archinto Trivulzio. Una delle sue frasi più celebri sull’amore è: Vederti, udirti e non amarti… umana cosa non è. Dopo averlo provato, posso confermare quanto è triste amare senza essere ricambiati.
Morirà nel 1853 nella sua casa a Torino.
Le mie prigioni di Silvio Pellico
È un libro di memorie che narra gli anni di detenzione, ai Piombi di Venezia e, in seguito, nelle carceri di Spielberg, condivisi con l’amico e collega carbonaro Maroncelli. È descritto il dolore provato durante i lunghi anni di prigionia in un carcere duro, ma anche i sentimenti di amore, bontà e umanità che non ti aspetteresti di trovare “dietro le sbarre”. I personaggi sono descritti con semplice umanità, dimostrando, così, come nelle avversità si possono comunque trovare il bene e la gentilezza. Silvio affermava:
“le miserie della vita sono grandi, è vero; ma chi le sopporta con nobiltà d’animo e con umiltà, ci guadagna sempre vivendo”.
Leggete… con la lettura volerete! Buona lettura e tanti auguri a tutti i lettori nati oggi, 24 giugno!