Benedetto Ghielmi è nato a Milano il 22 maggio 1988. Figlio d’arte, nato in una famiglia numerosa, si appassiona alla poesia giovanissimo. Cocci di bottiglia è la sua prima raccolta di poesie, pubblicata nell’ottobre 2020 da 2000diciasette Edizioni.
Il debutto in poesia di Benedetto Ghielmi avviene con la scelta di un titolo, Cocci di bottiglia, che risuona antico e sempre nuovo alla memoria di chiunque abbia letto (e studiato) la famosa Meriggiare pallido e assorto di Eugenio Montale. I suoi cocci aguzzi di bottiglia, richiamano a strade di vita lastricate di difficoltà che lasciano ferite ai passi di chi cammina, in quel seguitare di muraglia.
–Un titolo scelto a caso?– mi sono chiesta leggendo la raccolta di Benedetto Ghielmi, –oppure nella scelta del titolo l’autore intende di proposito richiamare i “cocci aguzzi” di Montale?- La risposta si perde nel vento, potrebbe suggerire un altro famoso poeta. Oppure si può provare ad interpretare. Del resto, la poesia altro non è che interpretazione di chi legge. Un poeta esterna la sua interiorità in ciò che scrive ma non sempre la chiave di lettura è uguale per tutti ed essenzialmente, dipende dalla sensibilità individuale. La particolarità della poesia risiede proprio in questa sua specifica peculiarità.
I Cocci di bottiglia di Benedetto Ghielmi fanno parte di quel contenitore fragile chiamato vita: un contenitore che può infrangersi e frantumarsi in pezzi difficili da ricomporre. La raccolta di Benedetto Ghielmi sembra raccontare brano dopo brano, coccio dopo coccio, proprio un percorso di vita ridotto in pezzi. Ogni pezzo, ogni coccio narra la sua storia e alterna ricordi, amore, gioie, dolori, speranze, attese, illusioni, disillusioni, ricerche…
I Cocci di bottiglia di Benedetto Ghielmi come frammenti di vita
Il nucleo di tutta la raccolta sembra risiedere proprio nel percorso di vita di Benedetto Ghielmi che è simile, se non uguale, a quello di molti. La maggior parte dei brani pur presentando tematiche composite, descrivono un cammino che, con tutte le sue sfaccettature, ha un solo obiettivo comune e uguale: l’anelito, la ricerca della felicità. Il senso del camminare, del domandarsi, dello sperare risiede in questa ricerca, che per Benedetto Ghielmi sembra avere un solo fine ultimo.
[…] abito il silenzio/ per mettermi alla ricerca di un Qualcosa,/ di un Qualcuno che renda il mio esistere ricco di sostanza/
È chiaro che il Qualcosa o Qualcuno, anelato dall’autore esula dal tangibile. L’anelito dell’oltre il tangibile è ricorrente nella raccolta: la sensibilità di Benedetto Ghielmi è essenzialmente volta, in questo caso, a scrutare oltre l’esistenza umana, oltre i confini terreni. In alcuni brani diventano palesi e pressanti certe domande che rivelano la tensione dell’autore. Un esempio nei versi di Solitudine:
[…] Dove sei?/ Dove Ti celi?/ Sobbalzo/ nel desiderio di scovare una conchiglia/ con l’eco di giorni ricchi di amicizia profetica/ spingo la mia anima a Te che puoi vincere/ tutto.
Una raccolta composita, dicevo, una miscellanea di emozioni, sensazioni e riflessioni che assomiglia proprio a cocci rotti di bottiglia: ogni coccio un racconto, un brandello di vita, un ricordo.
Cadono le gocce/ riaffiorano/ i ricordi
La brevissima Frammenti, in soli tre piccoli versi rappresenta l’emblema di questo altro aspetto della raccolta: Benedetto Ghielmi trasforma, qui, i suoi cocci in gocce. Le gocce di pioggia portano con loro il medesimo contenuto dei cocci ma la memoria, in questo caso, non ha i bordi taglienti di un coccio di vetro, piuttosto ha la fluidità scivolosa dell’acqua. Il senso è però uguale, in entrambi i casi, gocce o cocci, è lei che riaffiora, è lei la memoria, che ha il ruolo principale.
Qualche nota tecnica…
Il valore della poesia risiede sicuramente nel messaggio che lancia e nelle emozioni che è in grado di suscitare in chi legge: da questo punto di vista Cocci di bottiglia di Benedetto Ghielmi è una raccolta densa di contenuti e di messaggi. Il nostro autore, attraverso la sua scrittura, si dimostra sensibile, acuto, capace di sviscerare i moti dell’anima e trasformarli in parole.
Ora la questione di fondo è: la poesia per essere definita Poesia (la P maiuscola non è un caso) può essere solo emozione e messaggio da lanciare? La risposta potrebbe essere lunga e articolata, mi limito qui a dire che la vera poesia non può esulare da alcune regole di base essenziali. Non parlo di rime o di figure retoriche e neanche di strette regole metriche che hanno la loro (relativa) importanza. Mi riferisco al linguaggio poetico di Benedetto Ghielmi, perchè in Cocci di bottiglia linguaggio e forma poetica non sempre sono molto presenti.
Mi spiego meglio, per linguaggio poetico e forma non intendo di certo l’uso di termini aulici e desueti oppure architetture e costruzioni di versi arzigogolati: non c’è niente di più altamente poetico che saper pescare (ma pescare bene) nella semplicità. Attenzione però, la poesia necessita di costruzione, di uso differente del linguaggio, di parole che suggeriscono ma non spiegano immagini e concetti. In caso contrario si può parlare di prosa poetica, non di poesia.