Bella ci! Piccolo glossario di una lingua sbalconata: nasce così il glossario delle frasi giovanili. Il lavoro è stato svolto degli studenti di Scienze della comunicazione, informazione, marketing dell’Università LUMSA di Roma.
Gli studenti della LUMSA danno vita al glossario giovanile: Bella ci!
“Raga, aperitiviamo stasera? Invito anche Luca, è sotto un treno, voleva lovvare con Lea, ma ha preso un palo“. Potrebbe essere così l’invito di un ragazzo ai suoi amici, secondo il linguaggio giovanile. Un colloquio che nella forma propria della lingua italiana sarebbe: “Ragazzi, andiamo a bere un aperitivo questa sera? Invito anche Luca, è giù di morale, voleva fidanzarsi con Lea, ma è stato respinto”.
Parole o espressioni prese in prestito dalla pubblicità, dal cinema, dalla rete o dai videogiochi, parlato informale e spesso scherzoso, troncamenti, forestierismi e forme dialettali si fondono nel “giovanilese”, linguaggio proprio dei giovani – spesso di difficile comprensione per gli adulti – largamente usato tra loro e ampiamente utilizzato sui social. Più di mille parole e molte locuzioni informali di questo linguaggio sono state raccolte da un gruppo di studenti di Scienze della Comunicazione dell’università Lumsa di Roma in un volume dal titolo Bella ci! Piccolo glossario di una lingua sbalconata (Edicions de l’Alguer), curato da Patrizia Bertini Malgarini e Marzia Caria, docenti di Linguistica italiana nel medesimo ateneo.
Giunto alla terza edizione, il glossario propone, rispetto a quello delle precedenti edizioni, alcune novità, tra le quali l’ingresso di parole ed espressione di ambito locale (prevalentemente della Sardegna, in aggiunta alle precedenti di Roma e Lazio) e di voci legate a TikTok, uno dei social più in voga tra i giovani.
Ecco, allora, che accanto a termini già in uso da tempo – dal fortunatissimo “postare” (pubblicare qualcosa online, derivato dall’inglese “to post”) a “beccarsi” (incontrarsi), “clannare” (far entrare qualcuno in un clan, in un gruppo) e “svalvolare” (uscire di senno) – se ne sono aggiunti alcuni più recenti: da “dabloon” (moneta fittizia nata su TikTok: “quel maglione mi è costato quattro dabloons”) a “ghostare” (ignorare qualcuno con cui ci si frequentava: “da giorni provo a chiamare Giulio ma mi ha ghostato”); da “glitch” (errore di un software di gioco: “questo videogioco è pieno di glitch!”) a “gigachad” (persona forte e muscolosa: “Lorenzo è un vero gigachad”).
Ed è rifiorito “maranza”, termine già presente nel 1988 in una canzone di Jovanotti, ora utilizzato in senso dispregiativo: “Quanti maranza ci sono in giro!“. Può capitare anche di sentire “Che drip la nuova felpa di Marco” (bella la nuova felpa di Marco); o anche “smettila di blastarmi” (smettila di distruggermi emotivamente) e “la mia amica ed io ci siamo vestite mecciate” (la mia amica ed io ci siamo vestite allo stesso modo).
Anche le forme dialettali sono molto frequenti e variano da territorio a territorio: dai romaneschi “piottare” (correre a cento all’ora, derivato da ‘piotta’, moneta da cento lire) e “mortazza” (mortadella), al settentrionale “burdél” (chiasso), al napoletano “frisco” (per indicare un giovane vigoroso), ai toscani “bischero” (sciocco) e “boscare” (mancare un appuntamento), al sardo “che cugurra! (che sfortuna!).
Molto amati anche i suffissi -oso e -ata: da “palloso” (noioso) a “morbidoso” (delicato), da “gufata” (frase che porta sfortuna) a “cinesata” (oggetto di scarsa qualità); i troncamenti: “raga” (ragazzi) e “bro” (fratello, dall’inglese brother); e le sigle: da “Omw” (sto arrivando: “Omw, aspetta tre secondi”) a W8 (aspettare: “W8, vado al bagno”). Infine, un saluto per tutti: “#Ciaone!”.
Come scrive Marzia Caria nella prefazione:
Si tratta di un glossario di oltre 500 lemmi (più precisamente 506), distinti al loro interno in tre sezioni: lemmi singoli, acronimi, locuzioni e modi di dire; per ciascuna delle voci sono state riportate, quando possibile e, grazie all’ausilio dei principali repertori lessicografici (nei casi in cui la voce risulti già registrata), la categoria grammaticale, l’etimologia, la marca d’uso, il tipo lessicale (es. prestito; neologismo, inteso anche con il valore di neoformazione), il significato, l’ambito di attestazione. Di particolare interesse, inoltre, la definizione degli “strati di appartenenza” della forma, riportata (mediante apposita abbreviazione) tra parentesi quadre subito dopo l’indicazione della categoria grammaticale; tale marca si riferisce appunto al livello (o ai livelli) cui si riferiscono le voci del glossario.