In perfetto clima pre-natalizio, (te ne sarai accorto dalle mille decorazioni che invadono strade piccole e grandi di paesi piccoli e grandi e di case piccole e grandi), stiamo vivendo quel periodo particolare che liturgicamente la Chiesa chiama Avvento, dura grossomodo quattro settimane e si conclude con il Natale.
L’Avvento è attesa, anzi è attesa di venuta. Anzi di Venuta con la V maiuscola.
Si attende, quindi. Da duemilaeventuno anni si ripete simbolicamente l’attesa della nascita di un Bimbo in una stalla che ha segnato la storia, non solo quella religiosa ma anche quella laica: un Nadir che include uno Zenit per l’umanità intera. Credente o meno.
Avvento è attesa dunque ma Avvento è anche speranza e la speranza, oltre ad essere una virtù teologale come recita il Catechismo, è il motore che spinge l’uomo ad andare avanti, a guardare oltre, ad immaginare un futuro umanamente migliore e non solo.
La speranza è anche fede nell’oltre: laddove la vicenda umana fustiga le aspettative o le aspirazioni, sperare che oltre questo limitato passaggio temporale, in questa minuscola porzione di universo, ci sia altro ad attenderci, non è favola bella per bimbi scemi o aspirazione all’aureola di santità in terra o, ancora, magra consolazione per vite frustrate: è semplicemente affidarsi, fidarsi, darsi e con certezza assoluta sperare.
Per tutto questo, quando mi sono imbattuta casualmente (il caso esiste davvero nell’ottica di Dio?) in alcuni versi di David Maria Turoldo, ho pensato: “Ecco, ho trovato l’argomento adatto al periodo natalizio del prossimo appuntamento con Poesia e vita, vita è poesia”. E siccome mai niente succede per caso, mi è tornato in mente una frase letta, non ricordo neanche dove, qualche tempo fa che calza a pennello con l’Avvento e la speranza ad esso collegata:
C’è qualcosa dentro di te che nessuno ti può toccare né togliere se tu non vuoi. Si chiama speranza.
Come spesso mi accade in questi casi, le associazioni mentali corrono libere e dalla speranza approdo all’Avvento pensando che davvero mai niente e nessuno, se non la nostra stessa sfiducia, può privare l’uomo del grande dono della speranza di cui l’Avvento è emblema.
L’avvento, l’attesa, la speranza e la poesia di Padre Turoldo
David Maria Turoldo: un prete sui generis, un prete in lotta, uno di quelli di frontiera che non ha temuto di dire verità scomode per la stessa Chiesa di cui faceva parte, uno di quei preti sull’onda di Cristo, il primo che non le ha di certo mandate a dire a nessuno.
Studioso, teologo, prete e uomo di grande sensibilità, in lotta contro le ingiustizie, senza nessun compromesso con il potere: ribelle, impetuoso, drammatico, fedele: così ebbe a definirlo la critica, quella con la K che spesso fa venire l’allergia ma che a volte c’azzecca...
Nato in Friuli nel 1916, David Maria Turoldo entrò giovanissimo a far parte dell’ordine dei Servi di Maria dove fu ordinato prete nel 1940. Dopo una lunga malattia, morì nel 1992. Uomo e Sacerdote di profonda sensibilità e cultura, ha pubblicato numerose opere di riflessione religiosa, di intervento civile, di poesia. Della sua vastissima produzione non solo poetica cito soltanto due raccolte di versi: Il sesto angelo (poesie scelte – prima e dopo il 1968) del 1976; O sensi miei (poesie 1948-1988), del 1990/93.
La fertile (fino agli ultimi giorni della sua vita) produzione poetica, riconosciuta da critici e lettori come emblematica della poesia italiana contemporanea, soprattutto religiosa, fece dire a Carlo Bo, rettore universitario e critico letterario: Padre David ha avuto da Dio due doni: la fede e la poesia. Dandogli la fede, gli ha imposto di cantarla tutti i giorni.
Fra le sue opere, il brano che mi “ha trovata” (lo scrivo senza timore di apparire fatalista o estremamente credulona perché, “razionalmente”, sento profondamente che mai nulla avviene per caso) e che voglio proporre alla tua attenzione oggi, tempo di Avvento di attesa e di speranza, ha un titolo esplicito: Ballata della speranza, è incluso nella raccolta Il sesto angelo del 1976. Non farti scoraggiare dalla lunghezza, se ami la poesia vale la pena leggerlo…
L’Avvento e la fede
Tempo del primo avvento/ tempo del secondo avvento/ sempre tempo d’avvento:/ esistenza, condizione/ d’esilio e di rimpianto./ Anche il grano attende/ anche l’albero attende/ attendono anche le pietre/ tutta la creazione attende./ Tempo del concepimento/ di un Dio che ha sempre da nascere/ […]
Avvento, tempo di solitudine/ e tenerezza e speranza./ Oh, se sperassimo tutti insieme/ tutti la stessa speranza/ e intensamente/ ferocemente sperassimo/ […] Lui solo sperassimo;/ […] e sperassimo con tutti i disperati/ […] se la terra fosse un solo/ oceano di speranza/ e la speranza avesse una voce sola/ […]
Tutti insieme/ affamati malati disperati,/ e quanti non hanno fede/ ma ugualmente abbiano speranza/ e con noi gridassero/ […] certi che non vale chiedere più nulla/ ma solo quella cosa/ […]
In nome di tutto il creato […] vieni, vieni, vieni Signore/ Vieni da qualunque parte del cielo/ o degli abissi della terra/ o dalle profondità di noi stessi/ (ciò non importa) ma vieni,/ […] Vieni Signore Gesù,/ vieni nella nostra notte,/ questa altissima notte/ la lunga invincibile notte,/ e questo silenzio del mondo/ dove solo questa parola sia udita;/ […] quando appunto Egli dirà/ ecco, “già nuove sono fatte tutte le cose”/ allora canteremo/ allora ameremo/ allora allora…
Se hai avuto la curiosità, il piacere e la pazienza di leggere la Ballata della speranza che, fra l’altro, ho accorciato di molto, ti sarai fatto un’idea di ciò che è stato David Maria Turoldo, del suo essere prete, teologo, scrittore, poeta e uomo che ha “usato” la poesia come richiamo, come forza per scuotere gli animi.
La ballata è una lunga riflessione che parte dal tema cristiano dell’Avvento e assume via via una dimensione cosmica, dove la nascita e il ritorno di Cristo, viene vista come momento catartico, di ricapitolazione, di riconciliazione universale e di liberazione.
Nel frattempo, nell’attesa speriamo. E sperare costa molto. Troppe volte siamo attratti ed ingannati da altri immagini, da altre prospettive, da altre priorità, dimenticando l’essenziale, il fine ultimo per cui siamo stati chiamati alla vita.
Il Natale è l’idea di un Dio che si fa uomo, piccolo, povero, bambino, per consentire agli uomini di capire quanto siano amati e pensati fin dalle origini, è l’inizio di una storia eterna che regala la scalata al cielo, è l’irrompere nella storia del futuro, un futuro da costruire, da attendere, da sperare in ogni istante, al di là di ogni di-speranza.