Gli autori siciliani sono molteplici, hanno calcato e reso memorabile la storia della letteratura siciliana. Taluni risalgono ai tempi passati, talaltri, invece, sono di epoca più recente. Ognuno di essi, a mio modesto avviso, è riuscito con la propria scrittura a trasmettere, far percepire le emozioni che questa terra – la Sicilia – ha generato in loro stessi.
Solo per citare alcuni nomi: Andrea Camilleri, Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Simonetta Agnello Hornby, e tanti altri nomi di notevole levatura.
Parlare della Sicilia mi emoziona sempre, so che sono di parte, ma ciò deriva dal fatto che ho sempre amato la mia Terra, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Questa terra spesso bistrattata, dileggiata, calpestata, questa Terra a volte ostica, che di sovente si presta ad essere scenario di fatti disdicevoli e fortemente drammatici, questa Terra monca di quelle strutture necessarie per risollevare la nostra economia, questa è la mia Terra. Mai la rinnegherò. Mai la abbandonerò. Ne tesserò le lodi e ne griderò i vanti, perché è giusto così.
La Sicilia trasmette allegria con il suo idioma così marcato e caratteristico, ti avvolge come in un abbraccio con i suoi profumi, ti allieta la vista con i suoi paesaggi così pittoreschi e caratteristici: guardare il mare, con la sua immensa vastità, mi ha sempre trasmesso un senso di pace interiore.
Non potrei mai vivere lontano dalla mia Terra.
Avrei potuto parlarti di infinite opere ambientate e/o scritte da autori siciliani, ma ne ho scelte due: due scritti profondi e di grande impatto letterario che ho personalmente letto e apprezzato.
Autori siciliani: La lunga vita di Marianna Ucrìa, Dacia Maraini
La lunga vita di Marianna Ucrìa è uno dei più importanti romanzi scritti da una grande autrice: Dacia Maraini. Testo pubblicato nel 1990 e che l’autrice ha scritto prendendo spunto da una sua antenata: la principessa Marianna Alliata Valguernera d’Ucrìa.
In quest’opera la protagonista non è altri che Marianna, figlia di una nobil famiglia del ‘700, il romanzo è ambientato in Sicilia, precisamente a Bagheria (Palermo).
Marianna è una bambina affetta da mutismo: i genitori fanno credere alla figlia che è stata priva di parola sin dalla nascita, ma in realtà le cose non sono andate così; l’amara verità è che la bambina, alla tenera età di cinque anni, ha subito delle violenze da uno zio che ha abusato della stessa. Allo stesso zio verrà data in sposa all’età di tredici anni.
Il matrimonio sarà solo un guscio vuoto: apparentemente sereno ma dentro con infinite crepe, con un marito distante e che continuerà solo ad abusare del corpo di lei. Marianna ha avuto tre figli, il primo, Signoretto, è morto all’età di quattro anni e per la madre è stato un grande dolore che porterà sempre dentro. Troverà rifugio nella lettura e amerà la villa di Bagheria ove si era stabilita con il marito – zio.
La donna nutrirà un’attrazione fisica per un lavorante, Saro, ma la stessa, anche dopo la morte del marito, deciderà di restare sola.
Marianna, una donna forte che nonostante le violenze subite, il mutismo che con forza si è impossessato di lei, impedendole di potersi esprimere liberamente, ha dimostrato una grande forza, una forza d’animo, una forza interiore che l’ha resa una grande donna.
Autori siciliani: I Malavoglia e il verismo di Giovanni Verga
Un altro caposaldo della letteratura siciliana è il romanzo – espressione del puro verismo – I Malavoglia di Giovanni Verga. Questo testo letterario è stato scritto nel 1881 e narra le vicende di una famiglia di Aci Trezza (Catania), i Toscano ma conosciuti da tutti in paese con il soprannome I Malavoglia.
Troviamo quindi il capostipite della famiglia Padron ‘Ntoni, dedito al lavoro e alla fatica, legato a quelli che sono i valori tradizionali della famiglia, il figlio di questi Bastianazzo, il quale morirà per una disgrazia in mare, la moglie di quest’ultimo, Maruzza e i loro cinque figli ‘Ntoni, Mena, Luca, Alessi e Lia.
La famiglia subirà varie disgrazie: perderanno la nave La Provvidenza con tutto il suo carico e dovranno vendere la casa sul Nespolo, simbolo del loro legame familiare. Questa narrazione di Verga appartiene al quello che è il ciclo dei vinti, egli ci racconterà le vicissitudini di questa famiglia che saranno strettamente legate a quello che è il contesto storico – culturale dell’epoca che influirà, in maniera incisiva, sulle vita dei protagonisti.
Alla fine vedremo Padron ‘Ntoni che farà di tutto per tramandare, mantenere ai nipoti quelle tradizioni a lui così connaturate, ma suo malgrado alla fine egli morirà da solo in ospedale.
Allo stesso tempo, il nipote ‘Ntoni prenderà delle strade sbagliate che lo condurranno persino in carcere. L’uomo ne uscirà, ma sarà provato e capirà che oramai quell’ambiente familiare è a lui estraneo tanto da decidere di abbandonare il suo paese natìo.
Solo Alessi tenterà di ricostituire quel nucleo familiare così fortemente voluto dal nonno, riuscendo a ricomprare l’amata casa sul nespolo, ma il suo intento fallirà.
Verga in questa sua opera ci fa toccare con mano e sentire quello che è il verismo, metterà a nudo l’animo e gli aspetti di personaggi che, in fondo, rappresentano la situazione di numerose famiglie.
Un testo che nonostante la sua vetustà resta sempre un’opera che andrebbe letta e assaporata.
«La sicilitudine è il lamento che il siciliano fa di sé» (Cit. Andrea Camilleri)