Buongiorno iCrewer! Sei pronto a conoscere un nuovo tassello nella storia dei vincitori del Premio Nobel per la Letteratura? Oggi tocca a Władysław Reymont, scrittore eclettico polacco che nel 1924 rubò il riconoscimento da sotto il naso di personalità come, citandone sono uno, Thomas Mann.
Se devo essere sincera, fino a poco tempo fa non conoscevo il nome di Władysław Reymont, ma appena ho visto la sua foto, mi ha subito generato nella mente una scintilla di familiarità. Ancora non so dirti se si sia trattato di un’illusione o se effettivamente, negli anni, mi sia capitato di imbattermi in lui, fatto sta che la mia curiosità è subito germogliata.
È naturale, quindi, che mi sia venuta voglia di sapere qualcosa di più sul conto di quest’autore polacco. Ti va di accompagnarmi nel fare la sua conoscenza?
Władysław Reymont
Il suo nome completo è, in realtà, Władysław Stanisław Reymont e, se vogliamo proprio dirla tutta, il cognome all’anagrafe sarebbe pure diverso – Rejment. Sono varie le speculazioni sul perchè lo scrittore abbia deciso di cambiarlo: c’è chi pensa sia stata una scelta voluta per non destare l’attenzione della cesura zarista, durante il periodo di occupazione russa della Polonia; c’è, invece, chi sostiene sia frutto della volontà di allontanarsi il più possibile da un’antica parola dialettale dal significato “bestemmiare”. In ogni caso, l’unico a conosce la vera ragione, non può più raccontarcela.
Ma partiamo dall’inizio.
Władysław Reymont è nato Kobiele Wielkie nel 1867 e, vista la famiglia numerosa e il suo carattere non proprio tranquillissimo, il padre finì per mandarlo, ancora in giovane età, a vivere da una zia. Per quanto riguarda la sua storia accademica, non si può certo dire che appartenga alla cerchia di autori che hanno studiato nelle scuole più rinomate e questo, probabilmente, un sapore diverso alle sue opere.
Fu la famiglia a decidere la sua prima occupazione (o, quanto meno, una direzione poi disattesa): la sartoria. E, in effetti, quello di sarto è l’unico diploma in possesso di Władysław Reymont.
Proprio mentre si trovava a Varsavia, intento ad imparare dalla zia l’arte del cucire un “perfetto completo”, si innamorò. Non della lettura, no. La loro era una relazione di vecchia data, con radici ben salde e forti, e che già dagli anni infantili cresceva in lui. Quella per il teatro. Quindi, decise di riporre metro e gessetto in favore della recitazione: si unì a una compagnia itinerante e partì all’avventura.
Il poco talento dimostrato sul palcoscenico, però, lo portò dopo alcuni anni ad abbandonare gli svariati tentativi di fare carriera in quel mondo. Prese, quindi, in mano una penna e iniziò a scrivere.
La sua prima pubblicazione è data 1892 e si tratta di un racconto, che apparve sulle pagine della rivista Głos. Da quel momento, prese a proporre e spedire i suoi manoscritti a molti altri giornali. Pian piano, anche motivato dalle molte recensioni positive e dai parare incoraggianti, iniziò non solo a pubblicare brevi romanzi ma, grazie alle nuove disponibilità economiche, gli fu possibile assecondare un’altra delle sue grandi passioni: viaggiare.
Valigia alla mano, andò in Inghilterra, in Francia (dove scrisse I contadini), in Germania e sì, anche in Italia. Anche se non poté sempre sostenere questo stile di vita, con vari stratagemmi e sfruttando ogni occasione che gli si presentava, andò persino in America.
La sua vita non si risolse, però, attorno alla scrittura: cercò altre vie, prese altre strade, anche se i risultati non furono per nulla degni di nota.
Il grande riconoscimento giunse nel 1924: con “la sua grande epica nazionale” in quattro tomi I contadini, Władysław Reymont vinse il premio Nobel per la Letteratura.
Morì a Varsavia, nel 1925, a causa dell’aggravarsi di problemi cardiaci.
La rivolta, opera di Władysław Reymont in traduzione italiana
Purtroppo, non posso nasconderti che trovare un’opera di Władysław Reymont in traduzione italiana ancora agevolmente acquistabile, non è stato facile. Pochissima della produzione dell’autore polacco è riuscita a diventare appetibile per un pubblico non composto solamente da accademici.
Dobbiamo ringraziare la traduttrice veronese Laura Pillon e la casa editrice Edizioni della Sera, per aver dato alle stampe, nel 2018, quella che fu l’ultima opera dello scrittore: La rivolta.
Si tratta di una favola a tratti grottesca, dai tratti forti e spiccati che, attraverso un mondo di metafore, rivive il periodo della Rivoluzione russa del 1917. Ovviamente, questo specifico argomento non poteva che rimanere incastrato tra le maglie della censura e, anche dopo essersene liberato, ha rivisto la stampa in Polonia solamente nei primi anni 2000.
“La rivolta” è l’ultima opera uscita dalla penna di W. S. Reymont. Pubblicata nel 1922 anticipa di ben vent’anni “Animal Farm” (“La fattoria degli animali”) di George Orwell. Si tratta di una fiaba (baśń) che parla di un moto di rivolta (bunt), ma a tinte fosche e ferine.
Il protagonista è il cane Rex che, da ubbidiente e adorato braccio destro del padrone, si ribella, riuscendo a convincere, dopo sanguinolente vicissitudini, anche gli altri animali della fattoria ad abbandonare gli umani e a mettersi in marcia verso nuove terre, regno di libertà.
Il viaggio, segnato da raccapriccianti episodi di violenza e sofferenze, si concluderà con un paradossale colpo di scena.