Buongiorno iCrewer! Come procede il tuo sabato? Pronto per il nuovo appuntamento di Autori in tasca? Oggi è giunto il momento di Karl Adolph Gjellerup, poeta e scrittore danese che vinse il Premio Nobel per la Letteratura nel 1917. E sì, nel caso in cui tu sia un frequentatore assiduo della nostra rubrica e ti sia reso conto della coincidenza di anno, ti assicuro che non è un errore. Nel 1917, infatti, il celeberrimo premio venne assegnato a due importanti penne, entrambe aventi la Danimarca come terra natia, Karl Adolph Gjellerup appunto, e Henrik Pontoppidan.
Ora, sarò completamente sincera con te, iCrewer: mi sono trovata in difficoltà nello scrivere questo articolo. Non solo perchè non conoscevo l’autore (circostanza alquanto frequente per me, nell’occuparmi di questa rubrica, e quindi costante motivo di crescita), ma soprattutto perchè non ho trovato praticamente nulla di Karl Adolph Gjellerup che sia stato tradotto in italiano o che sia ancora disponibile. E mi duole non aver per te nessun cosliglio di lettura, a meno che tu non conosca il tedesco abbastanza bene da affrontare opere dei primi del Novecento – e in questo caso, qualcosa è disponibile sul sito Project Gutemberg.
Torniamo, però, al focus principale di questo articolo, e vediamo di dire qualcosa sul vincitore a pari merito del Premio Nobel per la Letteratura del 1917.
Karl Adolph Gjellerup: un inguaribile scrittore romantico
Karl Adolph Gjellerup nacque a Roholte (in Danimarca) nel 1852 e morì a Dresda (Germania) nel 1919. Rimasto orfano di padre quando aveva poco più di tre anni (e immagino di madre in età ancora più tenera, visto che non l’ho trovata nominata da nessuna parte), crebbe con lo zio. un pastore nella capitale danese.
Fin da giovanissimo, si appassionò alla letteratura classica, per poi ampliare i suoi orizzonti, e approfondire la conoscenza del panorama culturale libresco di Germania, Francia, Persia, India, Italia (più avanti soggiornò anche per un periodo a Roma e Venezia) e Russia. All’università scelte gli studi teologici, durante i quali dedicò particolare attenzione a materie quali storia e filosofia.
Le sue prime opere rispecchiavano l’ambiente in cui era cresciuto, ritraendo atmosfere tipiche del Romanticismo di fine Ottocento. Con il passare del tempo, però, Karl Adolph Gjellerup decise di cambiare strada e dare ai sui scritti un altro tono (quasi come durante la fase di ribellione adolescienzale, in cui d’un tratto, quello che piaceva ieri, oggi non va più a genio): entrò nella corrente del naturalismo, non solo nella forma, ma anche nei temi. Nei volumi di questo periodo, infatti, mise frequentemente in scena temi come l’ateismo e l’amore libero.
Tuttava, come spesso accade, in età matura lo scrittore danese riprese il suo gusto per il romantico, collocandosi, allora nel Neo-romanticisimo, con una marcata sfumatura filo-tedesca. Infatti, forse influenzato dalla moglie – di origine teutorinca – o forse dando voce a un’interesse personale, i suoi poemi e le sue tragedie ebbero tratti sempre più vicini alla cultura della Germania (in cui si trasferì nel 1892), rispetto a quella della sua terra natia.
L‘ultimo periodo della vita di Karl Adolph Gjellerup fu caratterizzato dalla scoperta dell’Orientalismo e del Buddhismo. Non a caso, i suoi ultimi libri sono profondamente influenzati da questa religione asiatica – ha persino scritto una sorta di Divina Commedia buddhista. Mi ha fatto sorridere pensare che soprattutto questi libri siano stati tradotti in Thailandia, ma non in Italia (i chilometri che ci separano sono decisamente di meno, direi, soprattutto nei primo anni del ‘900).
La vincita del Premio Nobel per la Letteratura da parte di Karl Adolph Gjellerup, “per la sua varia e ricca poeticità, ispirata da elevati ideali”, non venne accolta con particolare entusiasmo in Danimarca, dove ormai era percepito come un autore tedesco. Probabilemte la presenza pressocchè nulla di sue traduzioni in italiano è in parte dovuta anche al fatto che in primis nella sua terra natia lo scrittore è poco ricordato e, probabilemte, raramente letto.