Autore di cui si trovano oggi pochissime copie di libri in italiano, Henrik Pontoppidan è stato un scrittore realista danese, di ispirazione naturalista. Nato nel 1857 a Fredericia, ha scritto romanzi e racconti in cui dipinge perfettamente la Danimarca di quell’epoca. E proprio questa sua capacità gli ha permesso di vincere nel 1917 il Premio Nobel per la letteratura, condiviso con lo scrittore Karl Gjellerup. La motivazione data è la seguente: «per le sue autentiche descrizioni della vita attuale in Danimarca».
Erede di un’antica famiglia di vicari e scrittori, Henrik Pontoppidan ha lasciato gli studi di ingegneria per lavorare come insegnante e, successivamente, diventare a tutti gli effetti uno scrittore e giornalista. Il linguaggio di Henrik Pontoppidan sembra facile ma si tratta solo di una lettura superficiale. A un occhio esperto in grado di riconoscerli e capirli, Henrik Pontoppidan offre una moltitudine di collegamenti a una geografia di simboli diversi, immersi in una tagliente ironia nascosta.
Tre sono le opere definite come le sue principali: La terra promessa (1891-1895), il romanzo in parte autobiografico Pietro il fortunato (1898-1904) e Il regno dei morti (1912-1916). Da questi romanzi e dai suoi racconti, emerge una Danimarca in lotta tra conservatori e liberali, dove domina una crescente industrializzazione e i conflitti culturali sono braci pronte a divampare in fiamme rivoluzionarie.
Anche a causa del suo temperamento – era definito «un uomo dai molti paradossi» perché soggetto a comportamenti antagonisti, come essere un simpatizzante socialista ma anche una persona estremamente individualista – Henrik Pontoppidan è tuttora uno degli scrittori danesi moderni più controversi.
Purtroppo, non sono riuscita a trovare un libro di Henrik Pontoppidan tradotto in italiano e oggi disponibile, per cui ti propongo la lettura di uno dei suoi romanzi simbolo, Pietro il fortunato, nella traduzione inglese.
Lucky Per (Pietro il fortunato), di Henrik Pontoppidan
A true neglected classic, this sweeping 1904 novel is a Modernist masterpiece and arguably “the great Danish novel”– but is only newly available in English.
Lucky Per is a bildungsroman about the ambitious son of a clergyman who rejects his faith and flees his restricted life in the Danish countryside for the capital city. Per is a gifted young man who arrives in Copenhagen believing that “you had to hunt down luck as if it were a wild creature, a crooked-fanged beast . . . and capture and bind it.” Per’s love interest, a Jewish heiress, is both the strongest character in the book and one of the greatest Jewish heroines of European literature.
Per becomes obsessed with a grand engineering scheme that he believes will reshape both Denmark’s landscape and its minor place in the world; eventually, both his personal and his career ambitions come to grief. At its heart, the story revolves around the question of the relationship of “luck” to “happiness” (the Danish word in the title can have both meanings), a relationship Per comes to see differently by the end of his life.