60 anni fa moriva il Gattopardo…
Cari iCrewer, oggi ho il piacere di parlarvi di un autore particolare, un personaggio unico nel suo genere, controverso ma capace di sensibilità letteraria tale da entrare di diritto nella storia letteraria del nostro paese. In qualche modo, avete fatto la sua conoscenza quando vi ho parlato del Timballo del Principe, il famoso piatto, servito durante la cena del più famoso Principe di Salina, protagonista del Gattopardo… Dando per scontato, che il nome del libro vi abbia acceso la memoria, voglio pensare che anche il suo autore, non vi sia affatto sconosciuto, e se così non fosse, mi ringrazieranno i nostalgici che, anche dopo 60 anni dalla sua morte, per Tomasi di Lampedusa dimostrano un forte rispetto culturale e umano.
A testimoniare un così forte legame con la storia letteraria del nobile siciliano, e prima di addentrarmi nella sua conoscenza, voglio segnalarvi l’appuntamento al Teatro Pirandello di Agrigento che proprio questa sera dalle 20.30 celebrerà i 60 anni dalla pubblicazione del suo romanzo e i 20 dalla morte dello scrittore Leonardo Sciascia. “Sarà la storia e i suoi protagonisti il tema centrale della serata” afferma Felice Cavallaro organizzatore della serata e Presidente della Strada degli Scrittori, raccontata attraverso la musica, con rievocazione del Ballo del Gattopardo, il teatro con lettura di brani dei due scrittori, interpretati dall’attore Sebastiano Lo Monaco e interventi letterari del figlio adottivo dello scrittore, il musicologo Gioacchino Lanza Tomasi e il critico letterario Salvatore Nigro, oltre al giornalista del TG5 Gaetano Savatteri.
“Abbiamo avvertito l’esigenza”, scrive Cavallaro, “di condividere le ricorrenze in questo giorno con quanti di noi credono nell’enorme eredità che questi due grandi autori hanno lasciato alla letteratura. Personalità riservate”, continua “colme di passioni e di ideali, spesso ritenute scomode o mal interpretate, fraintese e strumentalizzate. Ed è per questo che riteniamo opportuno, che di loro si approfondisca il messaggio”
Conosciamo il nobile scrittore dalla penna scomoda.
Duca di Palma e Montechiaro, Principe di Lampedusa, lo scrittore siciliano nasce a Palermo il 23 Dicembre 1896, percorre studi classici e successivamente giuridici che tuttavia non riesce a terminare per la chiamata alle armi. Partecipa alla guerra del 15/18 come ufficiale, rimanendo nell’esercito fino al 25. Partecipa alla disfatta di Caporetto, conosce gli orrori della guerra, quella dove i nobili e i plebei sono una cosa sola. La verità sconcertante della vita resa fragile dalle intemperie della guerra fa brillare, ancora di più, la bellezza della vita stessa. Avverso al fascismo, si ritira a vita privata e inizia a viaggiare, scegliendo di vivere spesso all’estero.
Come evidenziato all’inizio, Tomasi di Lampedusa era un uomo schivo, raffinato, studioso ma profondo conoscitore delle lingue, apprese durante i suoi lunghi viaggi, un’esperienza che lo arricchisce, ma che lo allontana da una realtà alla quale sentiva di fare parte e dalla quale, spesso, desiderava allontanarsi. Nel 54, La vicinanza del cugino Lucio Piccolo e la conoscenza con Montale e Maria Bellocci lo introducono negli ambienti letterari più importanti.
E’ in questo periodo storico che il nobile siciliano scrive Il Gattopardo, il suo romanzo capolavoro, definito dai più “Monumento storico della Letteratura del Novecento”, che terminerà due anni dopo nel 56. Nel libro, lo scrittore celebra la vita reale possibile di ogni suo personaggio, con lo sguardo sempre rivolto al passato, ma per spiegare le contraddizioni del presente e le avversità di un futuro, a suo avviso, colmo d’incertezze. Sono questi gli elementi che inducono gli editori dell’epoca, da Mondadori a Enaudi, a non prendere in considerazione il libro, accolto, invece, positivamente da Bassano e pubblicato successivamente da Feltrinelli nel 58, ad una anno dalla morte dello stesso scrittore, avvenuta nel 57 a 75 anni.
Il Gattopardo, quindi, può essere definito il romanzo postumo di Tomasi di Lampedusa che non ebbe così la soddisfazione di vedere la pubblicazione del suo libro, vincitore del Premio Strega, nel 59, superando Pasolini e Fenogli.
Ma leggiamo la storia del Gattopardo…
Scritto, come abbiamo già citato, tra il 54 e il 56, il libro, ispirato al bisnonno del principe siciliano, Giulio Fabrizio Tomasi Di Lampedusa, vissuto nel Risorgimento, narra la storia della famiglia del Principe Fabrizio di Salina. La scelta del titolo è da riferirsi allo stemma di famiglia dei Tomasi così commentato dallo scrittore “Noi fummo i Gattopardi, i leoni, quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti e tutti insieme continueremo a crederci, il sale della terra”
Il romanzo, ambientato nel periodo storico, con la Sicilia sotto il dominio dei Borboni e il successivo sbarco dei 1000, con Giuseppe Garibaldi, quindi narra le vicende del Principe Fabrizio, di Maria Stella sua moglie, donna che il nobile accetta di avere accanto pur non disdegnando attenzioni verso altre fanciulle, i figli che, tuttavia, rimangono sempre un po’ in ombra e Tancredi, il nipote prediletto, a cui il principe è legato da profondo affetto e che considera il suo legittimo erede.
I due personaggi sono già il movente per il quale il passato e il futuro, si scontrano in un presente che sente forte l’odore del cambiamento e della trasformazione politica e sociale. Don Fabrizio è ancorato alle radici ma percepisce che qualcosa sta per cambiare, Tancredi è il futuro, è la voglia di rinnovamento e lo dimostra accettando di partire per la guerra.
“Se vogliamo che tutto cambi, dice Tancredi,” è necessario che tutto rimanga cosi com’è. Se vogliamo salvarci, è necessario un cambiamento. Ma il cambiamento non deve avere luogo! non viene dall’esterno. Se tutto cambia esteriormente tutto rimane com’è. Se tutto rimane com’è, allora tutto può cambiare interiormente”
Lo scontro tra il vecchio e il nuovo, il permanere dell’aristocrazia e la nascita di una nuova borghesia fa da cornice alla trasformazione lenta ma inesorabile della storia, Tancredi è il comune denominatore di uno stato sociale in lento declino ma dal quale trae beneficio per condurre la sua battaglia politica e l matrimonio con Angelica, figlia del più plebeo sindaco del paese Don Calogero, è il primo passo verso una nuova realtà sociale che tuttavia deluderà la stessa amata. Famosa la scena dei due innamorati nella villa di campagna di Donnafugata portata nelle sale cinematografiche da Luchino Visconti con Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale, con la celebre cena in cui al tavolo davanti al timballo, siedono tutti, nobili e plebei, ognuno con le loro maschere da scoprire.
A Don Fabrizio, nonostante l’invito di accettare la nomina regia a senatore non rimane, davanti agli accadimenti, che arrendersi alla realtà, e di fermarsi “nel desiderio dell’immobilità voluttuosa” di chi affronta la vita senza dimenticare il passato ma accettandone la morte. Sarà lui stesso ad invitare i suoi concittadini a votare per l’annessione all’Italia e poco dopo tutti le reliquie della famiglia buttate nei rifiuti e ad Angelica il compito di organizzare le celebrazioni per lo sbarco dei 1000.
Tutto questo non dovrebbe poter durare, però durerà sempre: il sempre umano, beninteso, un secolo, due secoli, e poi sarà diverso, ma peggiore” scrive il principe…
Vi consiglio di leggerlo…
Duca di Palma di Montechiaro e principe di Lampedusa, Giuseppe Tomasi nasce a Palermo il 23 dicembre 1896, unico figlio maschio di Giulio Maria Tomasi e Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò. Giuseppe rimane l’unico figlio in famiglia dopo la morte della sorella Stefania, causata da una difterite. Rimarrà Il giovane rimarrà legato alla madre, donna dalla forte personalità che grande influenza avrà sul futuro scrittore. Non legherà allo stesso modo con il padre, uomo dal carattere freddo e distaccato.
Dal punto di vista scolastico, educatrici di Giuseppe – che compie i suoi studi nella sua grande casa di Palermo – sono una maestra, la stessa madre – che insegna al figlio il francese – e la nonna che al piccolo leggeva i romanzi di Emilio Salgari. Nel piccolo teatro della casa di Santa Margherita Belice, dove era solito passare lunghe vacanze, assiste per la prima volta ad una rappresentazione dell’Amleto di Shakespeare, recitato da una compagnia di girovaghi.
A partire dal 1911 Tomasi frequenta il liceo classico a Roma; completerà comunque gli studi a Palermo. Sempre a Roma nel 1915 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza; non terminerà però gli studi. Sempre nel 1911 viene chiamato alle armi: partecipa alla disfatta di Caporetto e viene fatto prigioniero dagli austriaci. Rinchiuso in un campo di concentramento ungherese, riesce a fuggire tornando a piedi in Italia. Viene dimesso dall’esercito con il grado di tenente e fa ritorno in Sicilia, nella sua casa. Da qui alterna al riposo qualche viaggio, sempre in compagnia della madre che mai lo abbandona: nel frattempo compie studi sulle letterature straniere. Nel 1925 si trova a Genova insieme al cugino e poeta palermitano Lucio Piccolo: qui resta per circa sei mesi, collaborando alla rivista letteraria “Le opere e i giorni”.
Nel 1932 sposa a Riga (oggi capitale della Lettonia) la studiosa di psicanalisi Alexandra Wolff Stomersee – detta Licy – di nobile famiglia di origini tedesche. La coppia si traferisce a Palermo presso la madre di Giuseppe Tomasi; ben presto le incomprensioni e l’incompatibilità di carattere tra le due donne fa decidere a Licy di tornare nella sua città.
Nel 1934 il padre Giulio Tomasi muore e Giuseppe eredita il titolo nobiliare. Viene richiamato in guerra nel 1940 ma viene presto congedato, perchè a capo dell’azienda agricola ereditata. Si rifugia con la madre a Capo d’Orlando, dove poi Licy li raggiungerà per sfuggire i pericoli della guerra che avanza in tutta Europa. Dopo la morte della madre, avvenuta nel 1946, Tomasi torna con la moglie a Palermo.
Nel 1953 inizia a frequentare un gruppo di giovani intellettuali, dei quali fanno parte Francesco Orlando e Gioacchino Lanza Tomasi. Con quest’ultimo instaura un rapporto affettivo tanto da adottarlo qualche anno dopo.
Tomasi di Lampedusa è spesso ospite presso il cugino Lucio Piccolo: con lui nel 1954 si reca a San Pellegrino Terme per assistere ad un convegno letterario in cui Piccolo era invitato. Qui conosce Eugenio Montale e Maria Bellonci. Pare che sia stato al ritorno da quel viaggio che Tomasi di Lampedusa abbia iniziato a scrivere il suo unico e famoso romanzo: “Il Gattopardo“. Termina l’operà due anni dopo, nel 1956: all’inizio il romanzo non sarebbe stato preso in considerazione dalle varie case editrici a cui sarebbe stato presentato. Il rifiuto di queste avrebbero riempito Tomasi di profonda amarezza.
Gli viene diagnosticato un tumore ai polmoni nel 1957: morirà il 23 luglio. Il suo romanzo viene pubblicato postumo nel 1958, dopo che Elena Croce avrebbe inviato il romanzo a Giorgio Bassani. Quest’ultimo lo fa pubblicare presso la casa editrice Feltrinelli, rimediando all’impressionante errore di giudizio di Elio Vittorini che, per conto della editrice Einaudi, non s’era a suo tempo accorto di aver avuto tra le mani un assoluto capolavoro della letteratura italiana (nel 1959 il romanzo vince il Premio Strega).
Curiosamente, come il suo antenato protagonista de “Il Gattopardo“, Giuseppe Tomasi di Lampedusa muore in una modesta camera d’albergo a Roma, lontano da casa, in un viaggio intrapreso per cure mediche.