Bob Dylan, un cantautore che ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 2016.
Fa un po’ specie trovarsi a parlare di Nobel per la letteratura ponendo l’attenzione su un artista che nessuno potrebbe mai definire scrittore. E invece è proprio così, tra i vari Dostoevskji e Rodari che hanno già riempito le pagine di questa rubrica del lunedì, oggi parliamo del cantautore statunitense Bob Dylan. E lo facciamo, anzi lo faccio, consapevole di trattare un pezzo grosso della musica degli ultimi sessanta anni, che poco ha a che fare con il mondo della letteratura, se non per il fatto, per nulla trascurabile, di essere stato insignito del massimo premio mondiale a cui si possa ambire: il Nobel.
Cito testualmente la motivazione del premio: “per aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana”, e da qui vorrei partire, caro lettore, per darti uno spunto di riflessione che lascio soggiornare nella tua mente e svilupparsi, poi, come meglio crede.
E’ giusto? E’ giusto assegnare a un cantautore, un musicista, un premio generalmente dedicato a grandi scrittori?
Se si conosce bene tutta la produzione discografica del menestrello Dylan la risposta è si! (e lo so, avevo detto che avrei lasciato a te il compito di pensarci, ma davanti a tanta meraviglia musicale io sono di parte).
Bob Dylan è nato nel 1941 e il suo vero nome è Robert Allen Zimmerman. Conosciuto ai più come grande compositore di canzoni, in realtà ha avuto anche trascorsi da pittore, scultore, scrittore e conduttore radiofonico. E’ uno degli artisti musicali con più concerti all’attivo e tuttora, nonostante la non più giovane età, è in giro per il mondo nel suo “Never ending tour” che pensa è in scena dal 1988. Icona della controcultura degli anni sessanta e settanta, Dylan è un artista che ha sempre giocato con il suo personaggio. Il suo repertorio spazia da brani folk, a brani rock, a brani elettronici e spesso si diverte a proporre interpretazioni dei suoi vecchi brani giocando a renderli irriconoscibili. La costante della sua carriera sono gli straordinari testi, ricchi di poesia e di messaggi sociali, ed è per questo che alla fine si può dire che le sue canzoni sono da considerarsi a tutti gli effetti “scritti“. Si ricordano tra le altre “Like a rolling stone“, “Ballad of thin man“, “Hurricane” e “Blowin’ in the Wind” che forse è la più famosa. E’ un brano del 1962 con un forte messaggio pacifista di ripudio a tutte le guerre. Pensa che nel 1997 Dylan ha avuto l’onore di cantarla in Vaticano davanti a Papa Giovanni Paolo II, il quale prese spunto dal ritornello per un breve discorso alla folla che gremiva la piazza.
Il Dylan scrittore, invece, lo so conosce principalmente per il suo Tarantula, una sorta di romanzo autobiografico scritto tra il 1965 e il 1966 che si rifà al metodo narrativo dei grandi nomi della beat generation: Jack Kerouac e Allen Ginsberg. Nella mia libreria personale c’è! Anche se sono onesto nel dire che non l’ho ancora mai letto.
Tornando al premio Nobel, e concludendo questo breve spazio dedicato al menestrello, è molto curiosa la storia legata all’assegnazione del premio. Dylan non si è presentato a ritirarlo durante la cerimonia dicendo che era impegnato in altre faccende. La cosa mi ha molto stupito, perchè è vero che la carriera del cantautore è costellata di tutti i premi possibili immaginabili, compreso un Oscar per migliore canzone nel 2001, ma certo non si può snobbare così un Nobel. Insomma alla cerimonia ufficiale si è presentata al suo posto l’amica Patty Smith, altra grande icona della musica, che ha anche cantato una canzone di Dylan mentre il premio, il vincitore, l’ha ritirato tempo dopo, quando si trovava già a Stoccolma per un concerto. La consegna è avvenuta in privato ma i membri della Accademia hanno fatto capire che il cantante è stato davvero contento di essere stato insignito di tale onore.
E vorrei ben vedere!