Imminente l’uscita di Dutch Girl: Audrey Hepburn and World War II, di Robert Matzen, che ci svela il ruolo dell’attrice nella resistenza contro i nazisti, durante la II guerra mondiale
Col suo aspetto fragile, il suo carattere introverso, Audrey Hepburn potrebbe sembrare tutto fuorché un’eroina della resistenza; ciò dimostra il potere che hanno l’apparenza e i cliché, perché non c’è neppure bisogno di scavare a fondo nella vita dell’attrice per vedere quanto fosse, in realtà, risoluta e come non si sia mai tirata indietro a partire da quando, quindicenne, partecipava agli spettacoli organizzati per la raccolta fondi a favore del movimento di opposizione al nazismo, fino agli ultimi anni che la videro ambasciatrice speciale dell’UNICEF, ruolo che interpretò alla perfezione per il quale vinse un oscar postumo. Non è una battuta, perché nel 1993 vinse il premio umanitario Jean Hersholt, assegnatole otto giorni prima che morisse e che fu ritirato dal figlio Sean. Il Jen Hersholt Humanitaria Award è un premio parte integrante della cerimonia degli Oscar per contributi eccezionali a cause umanitarie, ma che non viene assegnato con regolarità perché non sempre c’è un attore che lo merita.
Tutto questo per dire che la scoperta del diario dello zio della Hepburn, Otto van Limburg Stirum, che ha portato alla luce questo periodo della vita dell’attrice e che lo scrittore Robert Matzen ha utilizzato come base per scrivere il libro, in realtà, non dovrebbe meravigliare nessuno. Fu proprio l’impegno dello zio e la sua conseguente morte per mano dei nazisti e spingere la giovanissima Audrey a lavorare con la resistenza.
A 15 anni Audrey Hepburn, oltre a fare da staffetta per i partigiani olandesi, lavorò come assistente medica durante gli scontri che seguirono l’Operazione Market Garden, il tentativo di aprire un varco nella linea difensiva nazista nei Paesi Bassi e che, invece, fu una vera disfatta per l’esercito alleato, episodio raccontato dal film Quell’ultimo ponte, di Richard Attenbourugh con cast stellare, da Lurence Olivier a Sean Connery.
Oltre alle notizie tratte dal diario dello zio di Audrey, il libro utilizza le notizie contenute negli archivi olandesi relativi alla II guerra mondiale.
Ci sono anche alcune interviste sul periodo della guerra in Europa, rilasciate dall’attrice e foto della collezione personale della famiglia, alcune pubblicate per la prima volta. Il padre della Hepburn era un uomo d’affari inglese che, poi, abbandonò la famiglia quando Audrey era bambina; la madre era una baronessa olandese, entrambi erano membri della British Union of Fascists e quindi filonazisti. Fu l’esempio di suo zio Otto che la spinse a entrare nella resistenza e l’esecuzione del conte van Limburg Stirum, dopo otto mesi di prigionia, oltre a sconvolgere la giovane Audrey, la spinse a lottare ancor più fermamente.
Di questa vita di Audrey durante la guerra poco sapevano anche i familiari. Luca Dotti, figlio dell’attrice, ha dichiarata di aver appreso da questo libro cose che non sapeva su sua madre e che fanno luce sulle sue ossessioni: “Ora capisco perché le parole buono e cattivo, amore e compassione, erano così importanti nei suoi discorsi. Perché era tanto aperta per raccontare certi fatti, ma ne occultava altri in una zona nascosta del suo essere“.