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Lettura: Assegnato Il Campiello dei Campielli a Primo Levi, per il sessantesimo anniversario del premio
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Assegnato Il Campiello dei Campielli a Primo Levi, per il sessantesimo anniversario del premio

Ileana Picariello 3 anni fa Commenta! 5
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Nell’edizione dei 60 anni del Premio Campiello arriva “Il Campiello dei Campielli“, annunciato il 3 settembre dal presidente della Giuria dei Letterati Walter Veltroni. È un riconoscimento speciale che è stato virtualmente consegnato nel corso della serata finale, al Gran Teatro La Fenice.

Contenuti
Il Campiello dei CampielliL’incontro con Liliana Segre

Il Campiello dei Campielli

campiello dei campielli primo leviL’opera scelta tra quelle premiate nel corso degli anni, che racconti e rappresenti la storia del Premio Campiello, è La Tregua di Primo Levi, vincitore nel 1963 della prima edizione del Premio, “per l’importante testimonianza civile e per la straordinaria qualità letteraria dei suoi testi“.

In un’intervista all’Ansa, Il presidente della Giuria dei Letterati, Walter Veltroni ha affermato:

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Questo riconoscimento va a Primo Levi come simbolo di questi 60 anni di storia letteraria. Levi ha vinto due volte il Campiello, con ‘La Tregua’ e poi con ‘Se non ora quando’, nel 1982, ed è un autore che probabilmente meglio rappresenta questi 60 anni di cambiamento dell’Italia e anche di cambiamento del premio. Stasera sarà Liliana Segre con un video a parlare di Primo Levi e credo che in questo momento la memoria, la coscienza di ciò che è stato – Primo Levi lo ha testimoniato con una qualità letteraria altissima – siano tra i valori ai quali questo Premio si è sempre ispirato.

L’incontro con Liliana Segre

campiello dei campielli primo leviPrimo Levi ha vinto due volte il Premio Campiello. La prima volta proprio con La tregua nel 1963, e nel 1982 con il libro Se non ora quando?. E proprio in occasione della 60esima edizione, è stato introdotto il Premio Il Campiello dei Campielli, attribuito proprio all’autore che ha visto e vissuto in primissima persona le atrocità dei lager nazisti.

Liliana Segre, sopravvissuta alle barbarie dell’uomo, ha ringraziato l’esistenza dell’opera La Tregua. La senatrice a vita ha pubblicato su Il Corriere della Sera:

Conobbi prima lo scrittore, poi l’uomo. Accadde leggendo il capolavoro di Primo Levi Se questo è un uomo, che in origine faticò a trovare un editore. Già nella poesia iniziale, quasi un grido, quella che contiene il verso «Meditate che questo è stato», mi riconobbi: «Senza capelli e senza nome/ Senza più forza di ricordare/ Vuoti gli occhi e freddo il grembo/ Come una rana d’inverno». Divorai quel libro. Soffrii enormemente leggendolo e al tempo stesso mi dava la sensazione che fosse quasi un’invenzione: non perché non corrispondesse a quello che io avevo visto, tutt’altro, ma per la capacità dell’autore di mettere per iscritto l’indicibile.

Inviai una lettera a Primo Levi, la lettera di una ragazza sconosciuta, come in fondo sarei rimasta per lui tutta la vita. Lo feci perché l’Alberto del quale parlava in Se questo è un uomo, il suo compagno di prigionia, il suo amico, mi ero illusa che potesse essere mio padre, che si chiamava anche lui Alberto e divenne cenere nel vento di Auschwitz. Primo Levi mi riscrisse, e lì conobbi l’uomo. Rispose quasi con freddezza, forse disturbato dall’impatto inaspettato del suo capolavoro, non si rendeva ancora conto che lo fosse. «L’Alberto di cui parlo io non è quello che cerca lei», mi fece sapere. Io rimasi male del tono, ma negli anni successivi fui affamata dei suoi libri. A me che ero stata «una rana d’inverno», anche se poi i capelli mi erano ricresciuti, i suoi scritti servirono tremendamente. Mi aiutarono a capire fino in fondo che cosa avevo vissuto, a trovare le parole per esprimerlo.

Primo Levi è stato un testimone, e anche io ho parlato nelle scuole per circa trent’anni. È stato un dovere imprescindibile anche se dolorosissimo. E su un punto ho sempre detto parole simili alle sue: non dimentico, non perdono, ma non odio. Io non dimentico nulla, cerco di ricordarmi i visi, i colori, le atmosfere; non perdono, perché non posso perdonare un delitto simile. Ma se avessi odiato, sarei diventata come i miei aguzzini, mentre io sono diversa da loro: scelgo l’amore.

Era, secondo me, doveroso assegnare il Campiello dei Campielli proprio a quest’opera. Un’opera che risulta essere ancora tristemente attuale. Un’opera che difficilmente finirà nel dimenticatoio, ma che dovrebbe avere, come altre testimonianze, un posto di maggiore risalto nelle scuole, e non solo nel mese di gennaio.

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