Amore Amaro di Stefania Guerra
Caro amico lettore e care amiche lettrici, eccomi oggi per il nostro appuntamento delle 14:00 in cui pubblichiamo i racconti scritti per la raccolta Quando il fine non giustifica i mezzi.
Sono l’autrice di questo racconto e ho deciso di essere io a presentartelo non tanto per farmi mera pubblicità (sorrido) ma perché in questi giorni in cui siamo tutti costretti a casa vi sono dinamiche e problematiche che sono state completamente offuscate dall’emergenza Coronavirus.
Certo, l’emergenza c’è e bisogna attuare tutti quei comportamenti e procedure atti a salvaguardare la salute pubblica, ma dobbiamo anche riflettere sul fatto che molti disagi vissuti tra le mura domestiche fino ad un mese fa non sono magicamente scomparsi, anzi! La violenza di genere prosegue la sua opera, con o senza virus, e anzi adesso è un momento ancora più difficile per chi, costretto in casa, ha ancora meno possibilità di chiedere aiuto.
Prima di lasciarvi al racconto, riporto queste informazioni, che possono essere utili a chiunque in questo momento stia vivendo una situazione domestica difficile:
Il numero nazionale anti violenza, sempre attivo, è il 1522!
– chiamaci quando vai a buttare la spazzatura, dopo cancella la telefonata dalla cronologia
– scrivici nel format sul nostro sito, non rimane traccia, ma assicurati di farlo navigando in modalità “in incognito”
– chiamaci se lui esce di casa, dopo cancella la telefonata dalla cronologia
– chiamaci quando vai a fare la spesa, dopo cancella la telefonata dalla cronologia
– parla con qualcuno di cui ti fidi e facci chiamare da lui/lei e anche in questo caso, cancella la telefonata dalla cronologia.
Queste informazioni sono da divulgare, fallo anche tu caro iCrewer, con tutti i mezzi che hai. Ti ringrazio per l’attenzione, e adesso eccoti il racconto Amore Amaro
>>>PRIMA PARTE<<<
Castello, 19 marzo
“Ti amo, principessa. Dimmi di sì. Sposami!” Maicol si inchina di fronte all’amata e prende delicatamente la mano di Margherita per baciarla mentre attende la risposta e, soprattutto, spera nella possibilità di infilarle l’anello che tiene pronto in tasca. L’ha acquistato da “Julì Bijoux”, il negozio di gioielli più conosciuto in paese, perché sa che anche questo particolare farà impressione sulla donna, oltre naturalmente al valore del monile stesso: una bellissima fede d’oro bianco con incastonata una pietra rilucente mille arcobaleni, un brillante del valore di più di duemila euro.
Gli occhi di Margherita, che già splendevano di felicità da alcuni mesi, da quando cioè si era fidanzata con Maicol,
cominciano a brillare di una luce nuova, ancor più potente se possibile di quella che l’ha contraddistinta fino ad oggi.
“Oh amore!!! Sei meraviglioso, ti amo!! Certo che sì! Voglio sposarti tesoro mio!” In quel preciso istante tutto per Margherita diventa magico, etereo, dorato, svolazzante, leggiadro; non v’è più la piazza IX Settembre: il parco dove si trovano è diventato un luogo sfocato e improvvisamente anche silenzioso, come quando la neve in un giorno d’inverno sorprende il punto ove decide di scendere e rende tutto magnificamente ovattato.
“Gioia mia, saremo la coppia più bella di Castello, te lo prometto! Ci invidieranno tutti, lo sai vero? Grazie amore mio, oggi mi hai reso l’uomo più felice della Terra.” L’anello viene delicatamente preso da Maicol e infilato all’anulare di lei, e l’abbraccio che segue questo semplice ma memorabile gesto pare a Margherita il più intenso e il più fiabesco della sua vita. Mai si era sentita tanto felice. Il suo sogno si stava realizzando. Sarebbe stata la moglie del suo amato, dell’uomo che l’aveva scelta come compagna, di colui che l’avrebbe protetta dall’oggi a tutti i loro giorni a venire…
finché morte non vi separi, si ritrova a pensare trasognante, immaginando già tutti i particolari dell’evento: la chiesa, la musica, suo padre e sua madre orgogliosi di lei, gli amici, i fiori… l’abito bianco!
Maicol Michele e Margherita Innocente erano entrambi nati in quel di Castello, un paesino collocato nella Toscana del nord, una di quelle cittadine scampate miracolosamente alla cementificazione selvaggia degli anni ’70, dove le ampie villette circondate da rigogliosi giardini la facevano ancora da padrone, dove le piccole botteghe non avevano ceduto ai poteri forti dei centri commerciali, dove le persone facevano ancora “comunità”, dove ti sentivi sempre “a casa”, anche se per motivi pratici dovevi spostarti nelle più grandi città vicine durante il giorno per recarti al lavoro. Ma non era una mera “città dormitorio”, anzi: aveva mantenuto le caratteristiche di un luogo appartato ma vivo, semplice ma godereccio, un posto dove far crescere i figli a contatto di un’armoniosa natura e al riparo dai pericoli insiti nelle grandi metropoli.
Quasi coetanei, ventotto anni lei e ventinove lui, avevano frequentato le scuole primarie e secondarie insieme, dividendosi poi durante la scelta dell’indirizzo superiore. Margherita aveva optato per il Liceo Artistico, le avevano sempre detto di essere una persona sensibile, amante delle cose belle e soprattutto brava nel disegno e lei s’immaginava fin da piccola di trascorrere la sua maturità di donna a dipingere quei bei colli armoniosi, colorati di mille fiori durante l’estate, immersi in cieli incredibilmente ancora sempre azzurri. Mentre Maicol aveva scelto l’Istituto Tecnico Tecnologico sito a Firenze, dove avrebbe conseguito il diploma di perito industriale nel ramo informatico; desiderava più di ogni altra cosa operare coi computer, ma soprattutto andare a vivere all’estero e abbandonare quello che, allora la pensava così, era soltanto un microcosmo senza nessuna possibilità di futuro per i giovani talenti.
Senza contare quindi qualche pomeriggio trascorso insieme alla compagnia di amici in piazza IX Settembre, la principale di Castello, Maicol e Margherita non si erano mai frequentati molto e, complice la rispettiva giovane età e la timidezza di lei, i loro dialoghi erano rimasti fermi ai primi step, tipici dei giovani: “Hey bella, che ci fai da queste parti?” oppure “Vieni anche tu con le tue amiche a farti un giro in moto, o preferisci tornare da mamma?” “Hey, la piazza è mica tua, non lo vedo il tuo nome là sulla targa”, “Vacci tu con quei ragazzacci, io preferisco prendere un cono con le mie amiche, quelle vere”. Niente insomma che facesse presagire un interesse di qualunque tipo, da nessuna delle due parti. E poi gli anni trascorsi in città lontane. Vite diverse. Lavori diversi. Amori diversi.
20 marzo
“Ma il destino l’ha riportato da me, lui ha scelto me!” afferma tutta eccitata Margherita mentre racconta a Sara, la sua migliore amica, la meravigliosa proposta ricevuta il giorno prima, lì, proprio in quella piazza dove non avrebbe mai immaginato di dire il fatidico “Sì” di fronte all’uomo dei suoi sogni. “Tesoro, sono felicissima per te!! Davvero, ti invidio. In senso buono eh! Ti meriti tutto l’amore di questo mondo e io sono onorata di far parte di questo tuo meraviglioso momento. Però ecco, se proprio devo dirtela tutta, non ti sembra un po’ precipitoso, il giovanotto? State insieme da soli tre mesi. Oh mamma, sarai mica incinta!?” “Ma no, ma che vai a pensare! Non abbiamo nemmeno fatto l’amore, ancora. Lui mi rispetta, sai? Dice che dovrà essere un momento specialissimo, e che per farlo dobbiamo appartenere totalmente l’uno all’altra, sia col cuore che… in regola con la Legge e con Dio.” “Ma… dico, e se poi da quel punto di vista non vi piacete, scusa, come farai? Insomma, con quanti uomini sei stata finora. Tre? Credi di aver avuto abbastanza esperienze, prima di rinchiuderti definitivamente nella tomba dell’amore?”
“Santo cielo sei proprio una pazza scatenata, ma lo sai che ti voglio bene proprio per questo, amica mia! Ci sono cose che senti e basta. Io so che lui è un uomo meraviglioso, che mi ama, che mi ha scelta come compagna e madre dei suoi figli, e quando un uomo ti ama così, cosa può andare storto? Assolutamente niente. Saremo felici, la coppia più bella e serena di tutta Castello. Ma che dico, di tutta la Toscana. Ma che dico, di tutta Italia!” “Sì, sì vabbè, ho capito, di tutto il mondo intero… Ti voglio bene, Margherita, lo sai. E adesso abbracciami perché potrei piangere per la felicità!”
“… Tu non lo sai ma da quando è tornato in paese ha cominciato a farmi una corte sfrenata. Decine di rose rosse, lilium, orchidee… un giorno mi ha fatto recapitare un pacco gigante, adornato di un fiocco di seta: dentro c’era un vestito bellissimo, sexy, un tubino rosso, e in un bigliettino mi ha scritto – per la più bella Principessa del Reame, se vorrà concedermi l’onore di accettare il mio invito a cena – ti rendi conto? Mi sembrava di essere in un film. E poi tutte le volte che siamo usciti insieme e incontravamo qualcuno mi presentava come la più bella ragazza del mondo, come l’incontro più fortunato della sua esistenza, l’amore della vita. E poi è di una galanteria! Mi tiene sempre la mano, e… “Ho capito, ho capito, basta così o mi verrà un attacco di diabete! Ti voglio bene amica mia… Brindiamo!”
Maicol al contrario di Margherita non ha mai avuto molti amici. Forse perché per i maschi è più difficile trovare un “fratello” con cui condividere gioie e dolori della vita, o forse perché quelle “voci” che circolano in paese nascondono un po’ di verità: Maicol è sempre stato un bulletto fin da ragazzo, Maicol ha ottenuto il rispetto dei compagni soltanto
grazie alla prestanza fisica e alle botte che dava ai più deboli, Maicol è tornato a Castello a lavorare nel piccolo negozio di generi alimentari dei genitori perché è riuscito a farsi licenziare dai posti di lavoro di mezza Italia…
21 Aprile
Margherita non pensa a tutte queste voci messe in giro da gente soltanto invidiosa mentre prova uno dei tanti abiti color avorio al “Ateliè Sposa” di Firenze; si guarda allo specchio e si vede più bella che mai. Le hanno acconciato i lunghi capelli neri appuntandole alcuni ciuffi con forcine impreziosite da perle e brillantini, e le hanno creato un maquillage ad hoc che enfatizza i suoi grandi occhi neri e che non nasconde le poche lentiggini sparse armoniosamente sulle gote, donandole quell’aria sbarazzina che ha fatto innamorare subito Maicol appena l’ha rivista dopo tanti anni. Il fisico esile e asciutto le permette di scegliere qualsiasi abito lei desideri, la pelle non troppo chiara e luminosa può essere lasciata scoperta o impreziosita da leggeri pizzi, le gambe snelle possono essere orgogliosamente in vista o sostenere una gonna ampia e svolazzante, per far sognare l’amato fino alla fatidica… notte d’amore.
Maicol è così sicuro, del suo aspetto fisico. Spalle larghe, muscoli definiti da anni di allenamenti in palestra, ricci capelli neri che fanno da cornice al volto spigoloso e agli occhi scuri che emanano fermezza. Non si ritiene un amante della tradizione, la reputa “roba per contadini rifatti”; così è andato ad acquistare il suo abito al negozio di Gino, che non è specializzato in abiti da sposo. Gino, uno dei tanti ex compagni delle medie che lui prendeva regolarmente in giro per via dell’aspetto fisico goffo e impacciato (che ha comunque mantenuto negli anni), un ragazzone gentile e sempre disponibile. Mentre prova un semplice paio di pantaloni neri ed una camicia grigio perla, non manca di esibire la sua mascolinità: “Hey Gino, visto com’è fatto un vero uomo? Guardali i miei muscoli come risaltano bene sotto questa camicia; ti piacerebbe essere come me, vero?”
“Ehm certo, certo… ti sta benissimo, sarai un bello sposo.” “Certo che lo sarò! E mi sono ovviamente acchiappato la più bella pupa di Castello. Se non tornavo io in paese sarebbe rimasta zitella, nessuno di voi qui avrebbe avuto il fegato per imbrigliarla e domarla come si deve. Siete dei poveri contadini arricchiti. Ma che te lo dico a fare, ma che vuoi sperare!?” “Guarda che sei mica l’unico bell’uomo su questa terra, eh. Comunque sì, dai, sono felice per voi, grazie dell’invito ma non potrò partecipare per quella domenica… quand’è, il 9 settembre? Avevo da tempo prenotato una giornata alle Terme, pacchetto all-inclusive piscina e massaggi, mi spiace. Il completo ti sta d’incanto”. “Ma sì, ma sì, tanto siamo già in troppi, tutto risparmio. Preparami gli abiti, poi ritira e paga mio padre.” “D’accordo, allora lo aspetto qui in negozio il buon Giovanni. E salutami anche Linda, tua mamma. Buona giornata”.
9 settembre
“Forza girati, mettiti così, da brava, e aprile quelle cosce! Santo cielo, mi avevi detto di NON essere vergine! Muoviti un po’, non ho davvero voglia di spiegarti tutto io su come si fa!” A Margherita gira un po’ la testa, ho bevuto un bel po’ si ritrova a pensare. La cerimonia è stata breve ma intensa, i giorni della preparazione al matrimonio sono volati veloci come il vento, insieme alle emozioni; le stampe delle partecipazioni, le bevute con le amiche e con Sara passate a immaginare la vita futura, i consigli (datati e inutili?) dei parenti donati con affetto, le lacrime di mamma Lucia e l’abbraccio orgoglioso del babbo Roberto, il vestito, il menù del ristorante, lo champagne, la torta a più piani con le roselline a cascata… e intanto Maicol la possiede come se fosse un animale.
Senza farle prima le carezze.
Senza chiederle se le sta piacendo.
Senza guardarla con amore negli occhi, visto che ha dovuto assumere la posizione “da dietro” non potendo minimamente ribattere.
Mentre il tempo si ferma e tutte le immagini e le sensazioni provate negli ultimi giorni le passano davanti come un film velocizzato, in cui si cerca di acchiappare al volo qualche evento concreto, avanza con sempre più forza una domanda: ma cosa diamine sta facendo? “Tesoro scusami ma…” “E zitta, ma proprio ora che sto godendo?!” Si distacca da lei, Maicol, bruscamente. A Margherita tremano le gambe e non credo sia proprio eccitazione la mia, le suggerisce la mente razionale che sta cercando una spiegazione a ciò che le è appena successo. “Ma sei impazzita? Ma che ti è preso!? Dimmi, sarai mica frigida che non riesci a godere! Che diamine, ma quanto hai bevuto!? Guarda che da oggi cambiano le cose eh, gli aperitivi con quelle zitelle contadine non li vai più a fare! E ora lasciami dormire, và, che mi hai tolto tutto l’entusiasmo”.
Dev’essere ubriaco, non trovo altra spiegazione… in fondo è stata una giornata davvero intensa per entrambi, e io credo di aver bevuto davvero troppo… Abbiamo aspettato così a lungo questo momento, forse dovevo dimostrarmi più… preparata? Disinibita? Accidenti, forse ha ragione lui, sono proprio una frana… sono i pensieri che attraversano la mente di Margherita, mentre prova a prendere sonno. Mentre prova a pensare a come farsi perdonare già dall’indomani.
18 dicembre
“Ascolta Margherita, a me non la racconti. Sono mesi che non ci vediamo per una cena, un aperitivo, un gelato. Sei sempre di corsa – ma cosa avrai mai da fare? – ma più che altro, va tutto bene? Dai, scollati di dosso il tuo bel Maicol e passa da me stasera, ci ordiniamo una pizza e passiamo una serata come ai vecchi tempi! Ci mettiamo anche lo smalto alle unghie e i brillantini sopra l’ombretto, come quando ci facevamo belle e andavamo al Trust a ballare, che ne dici? Mi manchi così tanto!” “Hey Margherita, ma chi è che starnazza così? Hai acceso la televisione per caso?”
“Tesoro, è Sara che mi ha mandato un messaggio audio, dice che le manco e che ha voglia di passare una serata con me. Senti… e se vado da lei stasera? Tu potresti uscire con Gino, o con qualcun altro… Ti lascio la tavola apparecchiata, ti preparo quel ragù ai funghi che ti piace tanto, e torno presto.” “Ma che vuole da te in continuazione la tua ex amichetta contadina? Non ha capito che adesso sei sposata e hai di meglio da fare? Anzi, già che ci siamo, datti una sciacquata e vieni a letto, che ho voglia. Poi forse, dopo, ti permetto di andare a salutarla una mezz’ora. Che io quando ceno voglio mia moglie accanto, mica vado a lavorare tutto il santo giorno per poi guardare il soffitto da solo!”
La casa di Sara è sfortunatamente vicina, pochi minuti in auto dalla sua nuova abitazione, il nido d’amore che i genitori di Maicol hanno regalato loro per il matrimonio: un bellissimo fienile ristrutturato in stile toscano, vicino ad
alcune colline coltivate ad olivi, vicino ad una splendida villa padronale, una grande finestra dalla quale si vede l’antico castello. Sfortunatamente vicina, perché Margherita si ritrova a pensare che vorrebbe viaggiare tutta la notte,
andare in qualche bel posto lontano, starsene un po’ da sola a pensare. A pensare come mai continua a sbagliare, come mai Maicol la ama ancora nonostante lei sia sempre inadeguata, sempre in disordine, sempre impacciata e mai, mai incinta.
“Oh, Sara sto così male! Maicol vorrebbe un figlio ma per ora non è successo. Lo sto deludendo, lui ha investito tutta la sua esistenza su di me e io cosa faccio? Non riesco nemmeno a dargli un bel maschietto. Prima o poi vorrà il divorzio e io me lo meriterò perché non sono una brava moglie, forse non sono più nemmeno la sua principessa, lo capisci?” “Aspetta, aspetta, fermati un attimo. Mettiti qui, ti preparo un tè, anzi no, credo ti ci voglia una camomilla, anzi no, forse è meglio un bel Campari col Gin. Anche due va’.” “Smettila, sei sempre la solita scriteriata. Vedi? Ha ragione Maicol: ormai non siamo più ragazzine, dobbiamo cominciare a comportarci come si deve.”
“Oh mio Dio, ma con chi sto parlando? Pronto? Pronto? Dov’è Margherita? Guarda che se anche non siamo più uscite insieme io vi ho visti sai? Anche l’altra sera, eravate a cena da Gigliola, e a dire la verità anche qualche tempo fa vi ho visti fuori e…” “Beh, che c’è di strano, è un uomo d’oro, mi porta a cena in bei locali e non mi tiene sempre incollata ai fornelli.” “Sì ma… insomma, sei sempre di spalle, o rivolta verso il muro, o in uno dei tavoli all’angolo più nascosto… credimi, a volte ho persino dubitato che fossi tu.”
“Esagerata! Maicol dice che è meglio che sia rivolto lui verso la gente, così se qualcuno mi guarda con intenzioni ambigue lui può difendermi; lo fa per me, mi vuole proteggere, dice che sono troppo bella e che corro dei pericoli se in troppi mi vedono. E poi Maicol dice che…” “Oh insomma! Maicol, Maicol, Maicol!! Ma che ti ha fatto, il lavaggio del cervello?”
“Ma smettila, non essere sciocca. Lui mi ama! Anzi, sbrighiamoci con questo tè perché mi aspetta per la cena.” “E la nostra serata? Non gli hai detto che rimanevi da me?” “Sì, ma non vuole cenare da solo. Non ama stare lontano da me troppo a lungo.” “D’accordo, non insisto; ma aspetta qui, ho un regalo per te! Sia mai che a Natale non riusciamo a vederci! Ecco aprilo, e dimmi se ti piace.” “Hey, ma è bellissimo!! Desideravo questo costume da una vita! Oh, e l’avrai pagato tanto, guarda che so i prezzi che hanno lì, da Intimoin eh…, e io non ti ho portato niente, scusami, sono una frana, ha proprio ragione Maicol, visto? Perdonami amica mia!”
“Ma dai! Smetti, e per favore non nominarmelo per i prossimi dieci anni, che mi è venuto il mal di testa a forza di sentire il suo nome. Mettiti il costume, fammi vedere se ho indovinato la taglia.” “Io… no, scusami, ma ora non mi va. Lo provo a casa e poi ti dico, okay?” “Ma scherzi? Forza pigrona, vai di là e cambiati, ti aspetto col Campari”. Sara le fa l’occhiolino. Prepara il drink. Si volta e il sorriso che aveva stampato sul volto, pronto ad ammiccare alla bellissima amica, le si trasforma in un’espressione di pietrificata incredulità.
“Margherita… che hai sulla pancia e lì, sul braccio? Fammi vedere, ma che, hai avuto un incidente con la macchina? Stai bene? Ti… ti sei fatta visitare? Che ti hanno detto?” “Io… no… cioè, no tranquilla, non ce n’è bisogno. Maicol dice – hey non ti preoccupare – che per quest’estate saranno andati via. E potrò mettermi il tuo costume, capito? Insomma, come mi sta?” “Andati via cosa? Che ti ha fatto? Ma che sta succedendo? Ma i tuoi ti hanno vista?”
“Oh insomma, calmati! È che mi è venuto il ciclo e Maicol si è arrabbiato. Eravamo stati a cena, forse aveva bevuto un po’, in fondo ha ragione, non sono ancora rimasta incinta e lui è così dispiaciuto. E allora mi ha presa, ha detto che con un paio di botte avrebbe sistemato tutto lui, che mi avrebbe fatto funzionare di nuovo… e…”
“Margherita, guardami negli occhi e dimmi COSA DIAMINE ti sta succedendo!” “Ommioddio Sara… io… ha cominciato a darmi dei pugni… e io ho provato a ripararmi con le braccia, ma… lui era più forte, e io… e io… ho aspettato che finisse e poi… poi perdevo sangue e mi ha fatto fare una doccia gelata… ecco, forse ha ragione lui, il mio corpo fa schifo, non funziona come dovrebbe, e alla fine mi lascerà e…. sarò la vergogna per i miei genitori, Sara… come farò? Dimmi come posso rimediare, io non lo so più, aiutami.”
>>>FINE PRIMA PARTE<<<
Domani sempre alle 14:00 la seconda parte del racconto