La letteratura ergodica
Letteratura ergodica? Cosa è? Si mangia o si beve? E’ scritta in aramaico o in ostrogoto?
Niente di tutto questo, anche se a primo impatto viene da farci le domande più assurde e disparate!
Tutto nasce dal capostipite Espen J. Aarseth nel libro Cybertext – Perspectives on ergodic literature, che tradotto significa: “Nella letteratura ergodica sforzi non superficiali sono richiesti per permettere al lettore di attraversare il testo”. Affinché il concetto di letteratura ergodica abbia senso, scrive Aarseth: deve esserci anche della letteratura non-ergodica, nella quale lo sforzo richiesto per la lettura del testo è superficiale, senza responsabilità extra-noematiche a carico del lettore, fatta eccezione per il movimento dell’occhio e l’occasionale o arbitrario voltare delle pagine.
Nell’opera Aarseth teorizza anche la possibilità che possa esistere un tipo di letteratura con vita indipendente rispetto al medium da cui è veicolata, cioè il libro. Per analizzare questo tipo di testi ecco due categorie utili: i textons e gli scriptons. I primi sono elementi testuali che osservano regole precise e sono presenti in numero determinato, i secondi, invece, sono le possibili combinazioni di tali elementi e sono, perciò, infinite.
Per avere una definizione definitiva abbiamo dovuto attendere fino al 1997, quando tutto questo giro di giostre ha inizio nel Millenovecento!
Facendo un paragone, questo nuovo tipo di letteratura che nuovo proprio non è, si può ricondurre ai libri game, spero ne avrai sentito parlare, erano tanto in voga negli anni Ottanta e Novanta. Io da piccola nerd amavo immergermi in quelle storie vivendo all’interno del libro stesso che durante la narrazione ti portava a un bivio: la storia poteva andare avanti, avere una battuta d’arresto o finire in un modo diverso. Ebbene la letteratura ergodica è proprio una sorta di libro game modificato e strutturato in maniera diversa e altrettanto complicata. Nei libri ergodici si può trovare praticamente di tutto, da parti cancellate a parole scritte dal basso verso l’alto, pagine che devi decidere tu da che parte iniziare a leggere.
Per farla breve ti riporto degli esempi: l’I Ching testo sacro cinese con i suoi sessantaquattro esagrammi interpretabili in base al lancio di una monetina, è il libro dei mutamenti, conosciuto anche come Zhou Yi, ritenuto il primo dei testi classici cinesi sin da della nascita dell’impero cinese. È sopravvissuto alla distruzione delle biblioteche operata dal Primo imperatore, Qin Shi Huang Di;
i Calligrammi di Guillaume Apollinaire, poeta e artista creatore di alcuni tra i calligrammi più celebri della storia della letteratura, creati sotto forma di immagini ma che contengono componimenti poetici il cui testo è stampato in maniera tale da comporre il disegno di un oggetto collegato al tema principale della poesia, pubblicate per la prima volta nel 1918;
uno dei testi ergodici per antonomasia è il libro la Casa di foglie di Mark Danielewski in cui vi si possono trovare riquadri interni al testo contenenti narrazioni parallele o note, parole sparse sulla pagina, frasi al contrario e molto molto altro.
In balìa di una sorte avversa è un romanzo sperimentale dello scrittore inglese Bryan Stanley Johnson. Si tratta di un libro in una scatola, in cui l’ordine dei capitoli viene stabilito dal lettore. Uscito in poche copie nel 1969, è diventato in breve tempo un oggetto da collezione.
Composizione n. 1 di Marc Saporta romanzo composto da pagine non numerate e scritte su una sola parte ossia fronte e non retro, non rilegato, pubblicato nel 1961. L’esterno del libro è pieno di istruzioni.
Alla fine come avrei potuto omettere dalla letteratura ergodica o combinata: Italo Calvino con Il castello dei destini incrociati romanzo fantastico che venne ripubblicato nel 1973; il testo narrativo è accompagnato, quasi ad ogni pagina, da riproduzioni di carte dei Tarocchi, in varie combinazioni dalle quali lo scrittore fa scaturire diversi racconti. Si tratta dunque di un’opera di letteratura combinatoria. Le storie nascono da un numero finito di elementi le cui combinazioni si moltiplicano a un miliardo di miliardi afferma lo stesso Calvino, e come dargli torto? Si tratta di un calcolo sulle probabilità matematiche!
Nell’intrecciarsi delle vicende e dei personaggi è possibile riconoscere con chiarezza riferimenti a precedenti testi letterari, primo fra tutti l’Orlando furioso, che fu a lungo oggetto di studio e di rielaborazione da parte di Calvino.
Calvino afferma che l’idea alla base del meccanismo narrativo di un primo racconto gli venne dopo aver assistito ad un seminario internazionale tenutosi ad Urbino e in particolare a seguito dell’intervento di Paolo Fabbri noto semiologo dell’epoca, Il racconto della cartomanzia e il linguaggio degli emblemi, anche se gli argomenti trattati furono un semplice spunto per il successivo sviluppo dell’opera. Tuttavia la difficoltà insita nel progetto ideato da Calvino, costituito da continui intrecci tra i simboli dei tarocchi di Marsiglia, usato come spunto narrativo, del primo dei due racconti – il secondo poi unito al primo si intitolava La taverna dei destini incrociati -, lo fece quasi desistere.
La taverna dei destini incrociati quindi rimane incompiuto fino a quando l’autore non riprende in mano il progetto, a seguito dell’incarico ricevuto dall’editore Franco Maria Ricci di comporre un racconto che corredasse il libro: Tarocchi. Il mazzo visconteo di Bergamo e New York.
Calvino stesso afferma: Quando le carte affiancate a caso mi davano una storia in cui riconoscevo un senso, mi mettevo a scriverla; accumulai così parecchio materiale; posso dire che gran parte della Taverna dei destini incrociati è stata scritta in questa fase; ma non riuscivo a disporre le carte in un ordine che contenesse e comandasse la pluralità dei racconti; cambiavo continuamente le regole del gioco, la struttura generale, le soluzioni narrative. Stavo per arrendermi, quando l’editore Franco Maria Ricci m’invitò a scrivere un testo per il volume sui tarocchi viscontei. Dapprincipio pensavo d’utilizzare le pagine che avevo già scritto, ma mi resi conto subito che il mondo delle miniature quattrocentesche era completamente diverso da quello delle stampe popolari marsigliesi. […] Provai subito a comporre con i tarocchi viscontei sequenze ispirate all’Orlando Furioso; mi fu facile così costruire l’incrocio centrale dei racconti del mio “quadrato magico”. Intorno, bastava lasciare che prendessero forma altre storie che s’incrociavano tra loro, e ottenni così una specie di cruciverba fatto di figure anziché di lettere, in cui per di più ogni sequenza si può leggere nei due sensi.