Alfonso Russi è una di quelle persone che una volta scoperte è difficile dimenticare. L’ho capito leggendo le sue note e il suo incredibile curriculum di tutto rispetto. La curiosità mi ha spinto a guardare qualche sua foto, il suo è uno sguardo intenso ma riservato, di chi lavora dietro le quinte sapendo bene cosa fare o dire.
Non mi sbaglio se la sensazione è stata quella di trovarmi davanti un uomo di un grande spessore culturale, concreto, forte e coraggioso nel combattere le sue battaglie e saperle testimoniare.
È un geologo, fa il ricercatore scientifico ma l’esperienza che più lo ha colpito, in senso professionale e umano, è quella vissuta in Calabria. Da esperto ha messo a disposizione le sue competenze al servizio della DDA di Catanzaro (Direzione Distrettuale Antimafia)
Una sfida importante complicata rispetto ad una realtà difficile costruita su valori mistificati e difesa da un’omertà paralizzante. Da questa esperienza Alfonso Russi ne ha tratto due libri, scritti a distanza di alcuni anni. Al di là della passione innata, il suo è stato il forte desiderio di raccontare una realtà difficile e provocatoria quanto quello di testimoniare il coraggio di chi a questa realtà si è opposto.
Ho provato, non senza qualche timore riverenziale, a capire il suo percorso di vita, le sensazioni provate durante la sua esperienza calabrese e il suo pensiero. Mi ha risposto così.
Buongiorno e grazie per il tempo che ci dedica
Dott. Russi il suo è un curriculum importante: Laurea in geologia oltre che responsabile scientifico di un laboratorio di ricerca che opera nel settore delle scienze naturali ed ambientali. Scelte precise. Quando ha capito che sarebbe stata la sua strada?
Durante gli anni del liceo. La passione per la speleologia mi ha spinto a frequentare il corso di studi in Scienze Geologiche presso l’Università di Siena. Successivamente gli interessi sono cresciuti e alle conoscenze geologiche si sono sommate quelle ambientali, informatiche ed economiche.
Il suo è stato ed è ancora un continuo lavoro di studio e ricerca sulle evoluzioni e trasformazioni geologiche. Negli anni cosa è cambiato nella sua attività e perché?
I cambiamenti sono più frequenti che in passato e richiedono, sempre più, competenze specifiche. Oggi la specializzazione è d’obbligo in quasi tutti i campi e nelle attività di ricerca&sviluppo vengono chiamati a collaborare sempre più esperti. Lavorare in questo modo è stimolante e piacevole, poiché si viene a contatto con ricercatori che operano in discipline diverse, spesso giovani e motivati.
In questi anni il progresso tecnologico su larga scala ha, in qualche modo accelerato il processo di globalizzazione in tutti i settori. Secondo lei che impatto ambientale ha avuto tutto questo e in quale misura?
È difficile da stimare in termini quantitativi, a mio parare la globalizzazione ha molti aspetti positivi e pochi negativi. Con il passare del tempo dovremmo fare tesoro degli errori commessi e correggere le disfunzioni che a volte la globalizzazione comporta, ma a quanto pare le “azioni correttive” non sono tra le nostre priorità. Sono comunque certo che, come è sempre accaduto, con il tempo si tenderanno a smorzare un po’ alla volta gli effetti negativi.
Lei ha scritto “Le mie competenze sono soprattutto il frutto di una formazione continua, di curiosità e di esperienza” è ancora curioso di tutto quello che la circonda?
Si, molto. Il mio cruccio è di non poter dedicare abbastanza tempo alle novità, in qualunque settore esse si affaccino. La curiosità è probabilmente uno dei fattori principali per un corretto percorso di conoscenza, ricerca e approfondimento.
Alfonso Russi, la sua esperienza, una sfida che si può e si deve vincere!
Negli ultimi anni ha svolto l’attività di consulente tecnico presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Attività prevista dall’art.359 del Codice penale. Qual è il suo ruolo nello specifico? Cosa l’ha spinta ad accettare questo incarico?
Il ruolo consiste nell’affiancare il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, fornendo il proprio aiuto in campi in cui, per ovvie ragioni, loro non hanno competenza. Io alla DDA di Catanzaro mi sono occupato degli affari sporchi della ‘ndrangheta in campo ambientale (cave, rifiuti) e negli appalti.
Da lì il passo verso le varie forme di complicità di funzionari pubblici e professionisti vari (in gergo i “colletti bianchi”, anche se mi sono imposto di chiamarli “colletti grigi”, visto lo sporco…) è stato breve. Oggi dobbiamo contrastare le attività illecite di una “mafia 4.0”, come la definisco io. I mafiosi si evolvono rapidamente, colgono le opportunità offerte dal progresso in modo rapido ed efficace. Troppo spesso lo Stato non anticipa ma è costretto ad inseguire.
La mafia non è solo una mentalità, è quanto mai legittimata da un tessuto sociale e culturale difficile da estirpare. Quale è il suo pensiero?
Il mio pensiero è quello di tanti altri che, per vari motivi, si sono occupati del fenomeno: è l’omertà che alimenta principalmente le mafie. Di contro, posso comprendere che la paura di confrontarsi con un’associazione mafiosa prepotente e violenta tenda a frenare atti di coraggio e riscatto.
Ho molti amici tra i testimoni di giustizia che hanno denunciato la mafia (che in Calabria sono particolarmente pochi), in tutti loro ho riscontrato un coraggio unico. Ma la materia è complessa e merita un approccio sociologico, se non ancor prima antropologico, che io non ho.
Perché ha deciso di trascrivere in un libro la sua esperienza in quella che lei ha definito ”la tana del lupo”?
Ho sempre amato la scrittura e, come spesso accade, INFAMI nato per caso. Ho messo su carta ciò che ho vissuto alla DDA di Catanzaro, una marea di appunti scritti su fogli sparsi in cui riportavo solo la data e alcune parole chiave. Ho poi raccolto tutti i “pizzini” di quei sei anni di DDA (per usare un ossimoro – che forse rende l’idea – li definisco come “gli anni più belli e più brutti della mia vita”) e ho iniziato a conferirgli la forma di racconto.
Successivamente ne ho selezionati alcuni e gli ho fatti leggere ad amici; il loro gradimento mi ha poi spinto a contattare alcuni editori e, tra quelli interessati alla pubblicazione, ho scelto Michele Falco, un giovane e coraggioso editore di Cosenza che aveva già pubblicato degli interessanti volumi sull’argomento.
La decisione ultima di pubblicarli è scaturita dal commento di Federico, un amico che mi ha affiancato come ausiliario in alcune indagini presso la DDA: “l’ordinarietà della mafia, quella di tutti i giorni, quella di eroi-manovali, merita di essere conosciuta”.
Infami ( Falco Editore) è una raccolta di 20 racconti per spiegare che gli “infami” non sono gli affiliati della ‘ndrangheta, ma quelli che rifiutano le sue leggi: Il massimo dei paradossi.
Già…è proprio così. Un giorno il commissario Luigi Portesi dello SCO di Catanzaro (Servizio Criminalità Organizzata della Polizia) mi fece ascoltare un’intercettazione in cui due ‘ndranghetisti rivolgevano l’appellativo “infami” a noi. Un mondo capovolto che ho imparato a conoscere ma non ho ancora imparato a comprendere appieno.
Alfonso Russi, insegnare la giustizia per piegare l’omertà
Una realtà quotidiana senza regole ma vissuta nell’omertà e nel rispetto di norme che di legale non hanno nulla. Un’aria difficile da respirare.
Un’aria difficile da respirare e che se non si corre ai ripari ammorberà tutta l’Italia. Sono già tante le regioni in cui le mafie, la ‘ndrangheta in particolare, si sono insediate ed hanno trasferito le loro modalità operative. Oggi non si può più parlare di infiltrazione ma si deve parlare di presenza consolidata.
Negli incontri che ho avuto in altre regioni, soprattutto in occasione della presentazione degli spettacoli teatrali tratti dai miei libri, ho percepito chiaramente la preoccupazione di alcuni intervenuti al dibattito per la presenza di fenomeni mafiosi, non solo legati alle attività di riciclaggio del denaro sporco, ma anche al racket, allo spaccio di droghe, agli appalti.
Andrea, mio figlio; ci racconta come è nato questo libro? Si può insegnare a combattere per la giustizia?
Il libro è nato per una promessa fatta ad un amico. E le promesse cerco di mantenerle. Ho scritto questo libro per far conoscere ai più la storia di Andrea Dominjanni, il primo testimone di giustizia dell’area ionica catanzarese.
Andrea è un imprenditore calabrese che nel 2014 ha deciso di denunciare la ‘ndrangheta che, per circa trent’anni, gli aveva tolto libertà e dignità sottoponendolo ad una serie di atti intimidatori e al pagamento del pizzo. Grazie alle sue denunce sono stati arrestati e condannati per associazione mafiosa sette appartenenti alle principali cosche catanzaresi.
Andrea è una persona semplice, umile, con un gran senso del dovere e della famiglia, ma anche con una costante tristezza che vela i suoi occhi. Oggi vive sotto scorta, ma nonostante tutto cerca di mantenere una vita ordinaria e di infondere tranquillità a chi lo circonda. Per quanto riguarda la domanda “si può insegnare a combattere la giustizia?” avrei molto da rispondere, anche per la mia attività di divulgazione che mi porta spesso ad incontrare studenti e giovani di associazioni antimafia, ma ritengo di affidare ad una risposta lapidaria la sintesi di ciò che desidero esprimere: non si può insegnare, si deve insegnare…
Da esperto a 360°, quale sarebbe il primo consiglio che darebbe ad un giovane di oggi?
Da giovane non ho mai amato chi dispensava consigli, ma oggi a 61 anni un tentativo lo faccio volentieri ed ecco il mio primo consiglio (o forse sono due…) di altri cento che vi risparmio: sogna e credici!
Dott. Russi la ringrazio molto per la disponibilità. Noi di libri.iCrewplay saremo a disposizione per qualsiasi suo aggiornamento letterario.