Alex Schwazer è stato assolto! La notizia ha fatto il giro di tutti i media e personalmente mi ha piacevolmente colpito. Per i giovanissimi, probabilmente, è poco più che uno sconosciuto, per chi ama l’atletica è stato ed è ancora un grande campione della marcia, almeno per coloro che hanno creduto nella sua innocenza. Come per il grande Pantani o Carolina Kostner, anche il marciatore italiano ha dovuto lottare per le vicende giudiziarie che lo hanno accompagnato in questi anni. La sua è una storia intrisa di grandi sacrifici, vittorie, errori da pagare e troppe delusioni da cancellare.
Alex Schwazer l’oro olimpico e i suoi errori
Ne voglio parlare perché è una storia offuscata da mille verità nascoste, misteri che circondano chi nel doping è rimasto intrappolato. Pantani insegna.
Non che, in questo caso, non ci siano comprovate responsabilità soggettive, anzi, l’assunzione nel 2012 di sostanze dopanti non poteva che costare una condanna e la successiva sospensione per quattro anni dalle attività agonistiche.
Troppo umiliante per un atleta capace di uscire dalle Olimpiadi con una meravigliosa medaglia d’oro al collo. E chi se lo scorda quel momento. Non ho dimenticato l’entrata trionfante di Alex Schwazer nello stadio con la bandiera tricolore sulle spalle.
Facciamo solo un piccolo passo indietro giusto per spiegarti meglio di chi e di cosa stanno parlando tutti i giornali. Se lo cerchi sul web, Alex Schwazer è indicato come un marciatore italiano, campione olimpico della 50 km a Pechino, risultato positivo a un controllo anti-doping alla vigilia dei Giochi olimpici di Londra 2012 e per questo squalificato dal Tribunale Nazionale Antidoping fino al 29 aprile 2016. Una brutta storia, senza dubbio, rimasta impressa nella memoria collettiva forse più delle vittorie che in qualche modo questo atleta ha regalato all’Italia. Quasi queste si fossero cancellate in un secondo.
Eppure già nel 2005, giovanissimo, rappresentando il suo Paese, Alex conquista il primato italiano nella 50 Km, la medaglia di bronzo ai Campionati Mondiali di Helsinki, il bronzo nel 2007 ai Campionati Mondiali di Osaka, in Giappone, fino al 2008 quando conquista il primo posto e il primato olimpico e ha appena 24 anni, non è poco.
Nel 2009 ritorna al mondiale di Berlino ma una influenza intestinale lo obbliga al ritiro. Si riscatta l’anno successivo, agli Europei di Barcellona, dove arriva secondo; arriva solo nono ai mondiali di Daegu del 2011. Solo un anno per prepararsi alle nuove olimpiadi e le aspettative sono chiare, quanto meno bissare il risultato delle precedenti.
Alex Schwazer la squalifica e il ritorno alla vita
Il 6 agosto del 2012, poco prima dell’inizio delle Olimpiadi l’atleta risulta positivo all’eritropoietina durante il controllo antidoping voluto, a sorpresa, una settimana prima dalla Wada, l’agenzia mondiale antidoping. Alex Schwazer ammette l’errore e partono i provvedimenti disciplinari: il CONI blocca la partecipazione alla gara, arriva la sospensione dalla federazione. Non solo, è costretto a consegnare il distintivo e accettare il congedo obbligato dal corpo dei Carabinieri, si vede annullare qualsiasi sponsorizzazione oltre alla campagna mediatica che lo stronca senza riserve. Alla fine arriva la sentenza: quattro anni e sei mesi di squalifica fino al 2016.
Nel marzo del 2015 Schwazer torna ad allenarsi e si qualifica per le Olimpiadi di Rio quando il 22 giugno, a un mese dall’inizio delle gare, viene nuovamente trovato positivo al controllo antidoping della Wada che richiede ulteriori 8 anni di squalifica. La situazione diventa paradossale tanto da spingere la Repubblica a dare il via alle indagini per presunto complotto. Ne è convinto anche il PM incaricato che a sua volta da incarico al RIS di Parma di verificare e confermare o meno i fatti.
Dopo cinque anni la sentenza del tribunale di Bolzano dispone l’archiviazione del procedimento penale ai danni dell’atleta per “non aver commesso il fatto” e riconosce che i campioni di urine prelevati nel 2016 siano state alterate allo scopo di farli risultare positivi al testosterone. Brutta storia anche questa!
La storia di Alex è stata raccontata da Caroline Kostner che era la sua compagna di vita ai tempi della prima squalifica in Per amore. Storia di Carolina (e Alex)
Ci sono azioni che sono cartine di tornasole. Le fai solo per amore. Se non le fai è perché non ami. Giusto e sbagliato vengono dopo. È solo questione d’amore. Quando la mattina del 30 luglio 2012. Carolina Kostner apre la porta di casa all’ispettore antidoping e mente dicendo che il suo fidanzato Alex non è lì, lo fa per amore. Fa quello che ci si aspetta da una donna innamorata. Quel gesto le è costato caro: la squalifica a un anno e 4 mesi, oltre alla credibilità di campionessa. Per lei che trae la sua felicità dal volteggiare sul ghiaccio, la condanna è pesantissima. Non pensava di pagare quel prezzo, quando nell’aprile del 2008, reduce da molti successi sportivi, incontra Alex Schwazer, la promessa della marcia italiana, colui che da lì a poco avrebbe conquistato il gradino più alto del podio all’Olimpiade di Pechino. Si innamora di lui in un attimo, ricambiata. Sono giovani, belli, determinati. Si piacciono, si capiscono, accettano i sacrifici imposti dai rispettivi sport. Si ammirano. Carolina si fida ciecamente di quel bel ragazzo biondo, taciturno ma concreto, lo immagina in futuro come il padre dei suoi figli. Non vede le ombre che si allungano su di loro. Lei, che si è rialzata più volte da momenti bui a forza di allenamenti e volontà, pensa che il suo uomo faccia lo stesso. Non è così. Questa è la storia di un amore tradito, dove la rivale non è un’altra donna, ma il doping. Ma è anche molto di più…
La nota dolente è la squalifica fino al 2024 resa esecutiva dal tribunale di Losanna, ma gli avvocati del marciatore sono pronti a dare battaglia per ottenerne la cancellazione. Una cosa è certa, Alex i suoi errori li ha pagati e a caro prezzo, ma di sogni ne ha ancora tanti, magari di partire per Tokio e fare bella figura.
Perché no!
Il modo più giusto per riscattarsi davanti a chi, in fondo, non l’ha mai dimenticato e se questo sarà possibile (glielo auguro di cuore), continueremo a fare il tifo per lui davanti alla TV.