I 69 HaiQ. L’haikù moderno, è un libretto di circa settanta pagine che Alessandro Dantonio ha pubblicato nel 2016. Come il titolo anticipa, contiene 69 haikù, anzi HaiQ come scrive l’autore, in un linguaggio che definirei da sms abbreviato. D’altro canto si tratta di haikù moderno, quindi presumo che Alessandro Dantonio, abbia scelto di abbreviare per sottolineare la modernità dei suoi haikù rispetto ai classici.
A questo punto mi è venuta spontanea la domanda, associata ad una buona dose di sana curiosità, sul numero 69. Perché proprio 69 e non 70 o 60? Temo che questa domanda resti senza risposta. Malgrado le mie ricerche a guisa di cane da caccia, non sono riuscita a trovare nessuna informazione in merito. La piccola raccolta ha un altrettanto piccola prefazione, nella quale Alessandro Dantonio non chiarisce “il mistero del 69″… E quindi, pazienza, non lo saprò mai, forse.
Ho il sospetto o meglio, l’intuizione che il numero 69 abbia un qualche significato per l’autore, dal momento che ha sentito la necessità di specificarlo nel titolo della raccolta. In poesia, chi la pratica e un minimo la conosce lo sa bene, niente viene lasciato al caso: ogni parola, ogni segno di punteggiatura, ogni spazio, ha la sua rilevanza, la sua ragion d’essere e di conseguenza anche i titoli non sono scelti come vien viene. Nel caso di poesia haikù, a maggior ragione.
Poetare è trascrivere il manifestarsi quotidiano dell’ esistente nell’esistenza. Gli antichi maestri dell’haikù sono stati in questo senso una delle espressioni più alte, per rigore e sensibilità del verso, per bellezza dell’immagine poetica.
Così Alessandro Dantonio specifica nella piccolissima prefazione di I 69 HaiQ. L’haikù moderno. E da qui si può già scorgere lo stile rigoroso ed essenziale dell’autore. Non potrebbe essere altrimenti per chi scrive in versi haikù.
Haikù: l’arte poetica degli antichi giapponesi
Ho già avuto modo di trattare l’arte poetica haikù: nata in Giappone quattro secoli fa è il frutto di quella cultura permeata dallo spirito Zen e si caro iCrewer, la New Age non si è inventata proprio niente, in Giappone si viveva Zen già quattro secoli fa.
Una cultura in cui uomo e natura sono in perfetta armonia, senza linee di demarcazione tra l’io e il non-io, il bello o il brutto che diventano soltanto aggettivi. Persino la morte è parte integrante della vita: in quel Giappone, illuminato, armonioso e lontano, nasce la poesia haiku che non ha mai smesso di incuriosire i poeti.
È comunque opportuno rimarcare che, dal punto di vista metrico, lo haiku è una brevissima poesia, solo tre versi che seguono lo schema sillabico 5-7-5 (e cioè primo verso di 5 sillabe, secondo verso di 7 sillabe, terzo verso di 5) rigidamente costruito. E mi fermo qui, per i dettagli tecnici, se vuoi, ti rimando al mio articolo sui generi letterari dove approfondisco in maniera adeguata l’argomento.
Ciò che io tento di fare, con questa mia piccola raccolta di versi, è dare una lettura moderna, contemporanea per temi e luoghi, ad un “maniera” poetica antichissima, che fa della brevità e della semplicità apparente, ma anche reale, uno, ovviamente non l’unico, dei suoi aspetti più efficaci e sorprendenti.
È riuscito Alessandro Dantonio nella raccolta I 69 HaiQ. L’haikù moderno, nell’intento che si prefiggeva anticipandolo brevemente nella piccola prefazione? Già, è vero, la risposta tocca a me che ho letto il libro e ne sto curando la recensione. In perfetto stile haikù, quindi semplice e sintetico, rispondo: -In buona parte!- E ti spiego il perché.
I 69 HaiQ. L’haikù moderno di Alessandro Dantonio
Se devo essere sincera dal primo impatto con il titolo, ho nutrito qualche perplessità. A parte il numero che sono convinta avrà il suo perché, anche il modo di scrivere haikù scelto dall’autore, HaiQ, mi ha lasciata perplessa… –Vabbè,– ho pensato – forse la modernità comincia dal titolo per Alessandro Dantonio o più probabilmente è uno stratagemma per incuriosire il lettore amante del genere. –
Ci sta, ci può stare benissimo, tutto sommato. Giocare con le parole fa anche parte dell’arte poetica… Ma sullo haikù moderno mi sono un pochino irrigidita. Lo haikù e haikù e basta. Cosa significa volerlo modernizzare? È come dire modernizzo il sonetto o modernizzo il madrigale o attualizzo l‘endecasillabo… In poesia ci sono delle regole precise, per cui un sonetto, un madrigale o un qualsiasi altro genere poetico devono rispondere esattamente a quelle regole. Lo stesso dicasi per lo haikù.
Non sono una tradizionalista a tutti i costi, amo la poesia proprio per l’ampia libertà espressiva e di forma che lascia a chi la pratica, ma se si dà un nome ad un componimento il discorso è diverso.
Di conseguenza un haikù ha tre versi di rispettivamente 5, 7, 5 sillabe, in caso contrario quel componimento si ispira allo haikù, ne tenta di imitare lo stile per numero di versi, per tematiche, per immagini, ma non è haikù. E chiamarlo moderno, a mio avviso, è un po’ azzardato. Fermo restando il valore poetico che Alessandro Dantonio indubbiamente possiede.
Dirò le mie parole/ Allietato/ Dall’ombra leggera del primo mattino.
Tre versi, solo tre versi (senza lo schema haikù classico delle sillabe 5-7-5) che racchiudono una passione, quella del dire, del raccontare, del poetare che impregna una vita intera. Il poeta “dice le sue parole”, osserva e racconta “allietato dall’ombra leggera”. C’è in questa immagine tutta l’essenza del fare poesia: si dicono parole non prive di ombre, non prive cioè di quei pesi e quei dolori che la vita comporta, ma quelle ombre diventano leggere, diventano “primo mattino” quando si aprono alla speranza.
Come vedi, caro lettore, un haikù racchiude e sintetizza in tre versi, un universo intero. E siccome è giusto e sacrosanto dare a Cesare ciò che è di Cesare, devo dire che Alessandro Dantonio riesce, in I 69 HaiQ. L’haikù moderno, a regalare immagini e temi profondi e pregnanti di significato in soli tre versi.
Tutta la raccolta è incentrata sull’osservazione del mondo circostante, del vissuto del poeta: ora con ricordi, C’era una tromba nella sala/ con tre tasti d’ottone/ e le scelte dita del trombettiere/, quasi dei flashback di vita passata che irrompono improvvisi nella memoria; ora con sensazioni vivide e quasi dolorose: In riva al fiume/ come un’ipotesi mai definita/ volti che scorrono lungo il viale./
O ancora con il rifugio nell’osservazione della natura, con la quale sembra vivere un rapporto simbiotico: Verdi foglie/ su fiori secchi/ a Marzo/, dove è palese la forte simbologia che innesta speranze di verdi foglie sui rami secchi di una vita abbondantemente trascorsa e Marzo rappresenta la speranza-primavera che tutto rinnova e non si arrende allo scorrere del tempo.
Parimenti, in altri componimenti, si coglie spesso un senso di fusione del poeta con ciò che osserva, quasi egli stesso non si differenziasse dal mondo circostante, quasi facesse parte di ciò che vede e con esso si identificasse:
La tazza del caffè sul tavolo/ la pagina di un giornale/ nell’angolo una lampada, canzoni alla radio/.
In scene di vita quotidiana come questa, ce ne sono diverse fra le pagine dei 69 HaiQ, il poeta potrebbe benissimo essere un “oggetto fra gli oggetti”. Un io osservante quasi fuso con l’oggetto osservato.
Dal punto di vista tipografico, I 69 HaiQ. L’haikù moderno di Alessandro Dantonio, appare in veste scarna, essenziale: sulla copertina in bianco e nero unico punto di colore un cuore rosso, le pagine, quasi integralmente bianche tranne i tre versi di ogni haikù posto ad inizio pagina. L’insieme è sobrio ed elegante, peccato che il libro sia solo in versione ebook, penso che il cartaceo avrebbe reso ancora meglio il senso di eleganza dell’insieme.
Non sono riuscita a trovare notizie biografiche dell’autore, sembra voglia mantenere un alone di riservatezza attorno alla sua figura. Di contro Alessandro Dantonio ha una vasta produzione sia in poesia che in prosa, tutta pubblicata in formato ebook. Del resto uno che scrive Invocare il silenzio/ il bosco tace/ trama soltanto il ruscello nascosto/, non poteva che celarsi agli occhi del lettore per far parlare solo i suoi versi.