La Formula 1 e la Red Bull in lutto per la morte di Dietrich Mateschitz, patron della casa austriaca, che si è spento all’età di 78 anni. Il miliardario e imprenditore della nota casa di bevande energetiche era malato già da tempo e non era riuscito più a riprendersi.
Un lutto che colpisce anche il team di Formula 1 in vista delle qualifiche del Gp degli Stati Uniti. Molti i messaggi di cordoglio nei confronti del patron, tra i quali quelli di Stefano Domenicali, CEO della Formula One Group che lo ha definito un visionario, quello di Christian Horner, a capo del team Red Bull che lo ha descritto come un grande uomo e infine della Ferrari che lo ha definito come un uomo amante dello sport e delle sfide, peculiarità principale del suo impero.
La storia di Dietrich Mateschitz
Dietrich Mateschitz, classe 1944, nasce da mamma e papà insegnanti, nella regione della Stiria. Dopo la laurea in economia, dove ci impiega quasi una decina d’anni a ottenerla perché si perde tra feste, donne e divertimento, Mateschitz inizia a impegnarsi in lavori temporanei, prima alla multinazionale Unilever e poi alla Jacobs, azienda del settore caffè acquisita da Kraft.
Un salto di carriera lo porta alla Blendax, una società del gruppo Procter & Gamble, con l’incarico di direttore internazionale marketing: con il ruolo di promotore di dentrifici, creme e shampoo, inizia a viaggiare, suo malgrado, in ogni parte del mondo. Sarà proprio durante un viaggio di lavoro, in un bar di un hotel di Hong Kong che l’austriaco incontra la bevanda energetica che gli cambierà la vita.
Conquistato dal gusto e dagli effetti, insieme al socio tailandese Chaleo Yoovidhya ne acquista i diritti e fonda nel 1984 la Red Bull.
Red Bull ti mette le ali
A 40 anni Dietrich Mateschitz, con la geniale idea di importare la bevanda energetica, inizia a cambiare vita cominciando un’ascesa senza limiti. Il prodotto, sconosciuto nel mondo occidentale, era molto popolare in Oriente come rimedio utilizzato dagli operai per combattere la fatica del lavoro in fabbrica e dai camionisti per evitare di addormentarsi alla guida di notte.
Red Bull diventa quindi un marchio che da singola bevanda energetica si è poi espanso sul mercato con una proposta più ampia che presto si è accostata al mondo degli sport estremi e dei motori prima, e poi come partner di altri sportivi. Nessuno avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe messo davvero le ali e sarebbe volato nel mondo della Formula 1, con una scuderia propria, dei titoli mondiali (prima cn Vettel, poi con Verstappen) e anche con un circuito in Austria.
Alla rivista americana Forbes il patron austriaco aveva dichiarato:
Quando abbiamo iniziato, ci siamo detti: “Non c’è mercato per il nostro prodotto. Lo creeremo noi.
Un’intuizione geniale: ad oggi Red Bull impiega più di 13.000 persone in 172 Paesi, ha un fatturato di circa 8 miliardi di euro e vende quasi 10 miliardi di lattine all’anno. La creatività e l’unicità di questa bevanda è stata quella di lanciare il prodotto in maniera particolare investendo somme considerevoli in sponsorizzazioni e marketing inusuali. Tra questi, ad esempio, quelli usati per pubblicizzare gli sport estremi. Una strategia che si rivela di grande successo e che culmina nel 2012 con la promozione di Felix Baumgartner, il primo uomo a infrangere la barriera del suono in caduta libera stratosferica. Red Bull approda anche nel calcio, con l’acquisto iniziale del Salisburgo a cui si è aggiunto poi il Lipsia.
Ecco le parole di Dietrich Mateschitz:
Abbiamo sempre prediletto un punto di vista più creativo. Noi non portiamo un prodotto ai clienti, portiamo i clienti al prodotto. Red Bull non è un drink, è uno stile di vita.