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FilosofiaFilosofiamo

Filosofiamo: John Dee, il mago che parlava con gli angeli

Un uomo del Rinascimento divenuto mito moderno

Giuseppe Fumarola 2 ore fa Commenta! 7
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John Dee è una delle figure più affascinanti dell’Inghilterra elisabettiana: scienziato, astrologo, bibliotecario, alchimista e uomo di corte, incarnò alla perfezione quella stagione in cui sapere matematico e magia rinascimentale convivevano senza contraddizioni. Il suo nome, nei secoli, è passato da memoria erudita a simbolo culturale, trasformandosi in un punto di riferimento per occultisti, scrittori, filosofi e persino autori di narrativa fantastica. Ma prima di diventare mito, Dee fu un uomo che inseguiva una visione precisa: comprendere il mondo attraverso un sapere totale, capace di unire geometria, cabala, astronomia, teologia e linguaggi celesti.

Contenuti
John Dee: il filosofo, il mago, il mitoIl successo dell’alchimista

John Dee: il filosofo, il mago, il mito

john dee

Nato nel 1527 a Londra, Dee mostrò precocissimo talento negli studi, tanto da laurearsi a Cambridge con fama di prodigio. La sua erudizione spaziava dalla matematica pura alla navigazione e all’ingegneria, tanto che per un periodo fu considerato uno dei più grandi esperti inglesi di cartografia. Le sue competenze gli valsero l’attenzione della corte: divenne consigliere della regina Elisabetta I, non solo come astrologo — pratica allora ritenuta del tutto ordinaria — ma come consulente scientifico, soprattutto per i progetti legati all’esplorazione oceanica.

Si dice che fu lui a coniare l’espressione “British Empire”, a indicare la vocazione espansiva della corona. Parallelamente, nella sua casa di Mortlake costruì una delle biblioteche private più vaste d’Europa, con oltre quattromila volumi su discipline di ogni genere: un piccolo universo del sapere rinascimentale.

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Ma ciò che rese John Dee tanto celebre quanto controverso fu la sua ricerca nella magia angelica. Convinto che il mondo fosse un testo scritto da Dio in un linguaggio ancora da decifrare, si dedicò a pratiche di comunicazione con entità spirituali. Questo periodo iniziò nel 1582, quando incontrò il medium Edward Kelley, figura quanto mai ambigua ma dotata di grande carisma.

Dee, persuaso della sua sincerità, avviò con lui una lunga collaborazione: tramite cristalli, specchi di ossidiana e rituali complessi, Kelley “trascriveva” messaggi provenienti dagli angeli i quali istruirono i due occultisti trasmettendo loro che parlavano in una lingua sconosciuta, l’enochiano. Per Dee, questo non era occultismo frivolo, poiché l’enochiano era la chiave di volta, il linguaggio indispensabile per comprendere il mondo.

La vicenda raggiunse momenti drammatici e singolari, come il celebre episodio in cui un’entità angelica avrebbe ordinato ai due uomini di condividere le proprie mogli. Lo shock che questa rivelazione provocò in Dee fu profondo, e l’episodio segnò l’inizio della fine della loro collaborazione. Tuttavia, i diari angelici da lui scritti sopravvissero e divennero nei secoli successivi una fonte primaria per moltissimi occultisti.

Dopo anni di peregrinazioni in Europa centrale, accolto da principi e alchimisti, Dee tornò in Inghilterra trovando la sua casa saccheggiata e la sua biblioteca quasi distrutta. Gli ultimi anni della sua vita furono amari, segnati da difficoltà economiche e dalla progressiva perdita di prestigio. Morì nel 1608, probabilmente nel silenzio generale.

Il successo dell’alchimista

le conversazioni angeliche di john dee deborah harkness

Eppure, il destino postumo di John Dee fu ben diverso dalla sua fine terrena. A partire dal Seicento, la sua figura cominciò a sedimentarsi nel vasto panorama dell’esoterismo europeo. Nel Settecento venne riscoperto da vari circoli occultisti, e nell’Ottocento entrò stabilmente nell’immaginario simbolico del Romanticismo magico. Ma fu soprattutto tra Ottocento e Novecento che la sua eredità conobbe una nuova giovinezza: Dee divenne una delle fonti principali per gruppi come la Golden Dawn, che lo considerarono un precursore dei loro rituali magici.

L’alfabeto enochiano, trascritto da Kelley sotto la sua supervisione, fu adottato e reinterpretato da maghi celebri come Aleister Crowley, che lo incorporò nei suoi sistemi rituali. Anche figure come W. B. Yeats e Arthur Machen lessero in Dee un modello di intellettuale che cercava nel soprannaturale un ordine nascosto del mondo.

Nel Novecento e nel Duemila, la sua fortuna culturale è diventata ancora più variegata. La figura di John Dee è tornata centrale nei dibattiti accademici e oggetto di nuovi studi e approfondimenti come nel saggio di Deborah Harkness Le conversazioni angeliche di John Dee. Michael Scott lo rende uno dei protagonisti della serie I segreti di Nicholas Flamel, in cui Dee è ritratto come un potente mago antagonista. Peter Ackroyd gli dedica un grande romanzo, semplicemente intitolato The House of Doctor Dee, che mescola storia e immaginazione. Glenn Cooper lo menziona in due opere diverse: ne Il marchio del Diavolo e ne Il sigillo del cielo la cui trama ruota proprio attorno ai misteri dell’enochiano.

john dee tavola enochiana

Anche nella cultura pop più ampia, Dee è diventato simbolo dell’alchimista rinascimentale, dell’uomo che cercava un sapere totale: un archetipo che ritroviamo persino nei giochi di ruolo e nelle serie televisive di ambientazione magico-storica.

Oggi, la figura di John Dee vive soprattutto come mito culturale. È percepito come il prototipo dello scienziato-mago, un personaggio che incarna il fascino del Rinascimento e delle sue ambiguità: epoca in cui era normale che un grande matematico consultasse gli astri, e in cui la distinzione tra laboratorio e rituale non era così netta come la immaginiamo. Dee non interessa soltanto agli storici della scienza o dell’esoterismo, ma anche a chi è attratto dei grandi enigmi culturali del passato: la lingua degli angeli, la ricerca di una conoscenza universale, le visioni annotate in diari criptici.

Il suo nome continua a riemergere perché occupa uno spazio narrativo particolare: quello dell’uomo erudito che tenta di leggere il mondo intero come se fosse un codice. Forse è questa ambizione totalizzante, più che le vicende personali, ad averlo reso un’icona. Nel tempo John Dee è diventato un simbolo, un volto che appare ogni volta che si parla di magia rinascimentale, di alchimia, di linguaggi perduti. Non importa più distinguere il vero dal leggendario: come accade ai personaggi davvero fondativi, Dee oggi è un’opera collettiva, modellata da secoli di immaginazione.

E così il matematico, l’astrologo, il mago e il bibliotecario convivono ancora in un’unica figura: un uomo del Rinascimento diventato mito moderno.

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