Nel panorama della divulgazione filosofica, 101 stronzate che i filosofi hanno (veramente) detto e fatto di Francesco Pastorelli si distingue come un’opera originale, brillante e spudoratamente ironica. Pastorelli firma un libro che fa ridere, riflettere e, in qualche caso, perfino rivalutare i pesi massimi della storia del pensiero. Non è una raccolta di banalità acchiappa-like, ma un percorso serio e documentato che smonta con intelligenza alcune delle affermazioni più assurde che grandi menti abbiano mai fatto.
Trama del libro di Francesco Pastorelli
Da Platone a Sartre, le frasi assurde e imbarazzanti dei pensatori più brillanti della storia.
Il ragionamento è ciò che distingue il pensiero umano, ma anche i migliori inciampano. E quando a inciampare sono i filosofi, può succedere di tutto: Platone che calcola la felicità con i numeri, Sartre che elogia gli allucinogeni, Hobbes che si arrampica sugli specchi per dimostrare l’esistenza di Dio, e Voltaire che decide che il popolo non debba pensare. In un tono ironico ma mai irrispettoso, Pastorelli raccoglie e racconta cento più uno scivoloni, contraddizioni, affermazioni fuori luogo o semplicemente bizzarre.
Un libro che diverte e al tempo stesso glorifica, nella sua leggerezza, il coraggio del pensiero, anche quando sbanda.

La recensione di 101 stronzate che i filosofi hanno (veramente) detto e fatto
Pensavate che i filosofi fossero tutti spiriti illuminati, cercatori della verità, martiri del pensiero? Beh, preparatevi a ridere, indignarvi e — perché no — a rivalutare qualche vecchia gloria del pensiero occidentale. Il libro che ho appena finito di leggere è una raccolta di “stronzate” filosofiche — sì, proprio così le chiama l’autore — con tono sferzante, ironico e irresistibilmente brillante.
Ogni capitolo è un piccolo affondo, un pugno ben assestato sotto la toga del saggio: si parte da una breve biografia del filosofo in questione, spesso tratteggiato con una patina di santità, per poi smontarne la figura con una “stronzata” degna di nota. Come quella di Jean Meslier, filosofo, presbitero francese e umile prete di campagna che ha passato quarant’anni a dire messa covando in cuore un odio viscerale per la Chiesa e la monarchia, tanto da augurare di vedere l’ultimo dei re strangolato con le budella dell’ultimo dei preti.
Ecco, se questo vi sembra un incipit da pamphlet anarchico, sappiate che in realtà il libro fa cultura mentre diverte. L’autore gioca con le contraddizioni, non per ridicolizzare la filosofia in sé, ma per riportarla sulla terra, umanizzarla, mostrarci che dietro tanti sistemi di pensiero ci sono anche ego, paure, errori, convenienze familiari (sì, diventare prete per far contenti mamma e papà rientra nella lista).
Il tono è spudorato ma mai superficiale. Le fonti ci sono, le citazioni pure, e dietro le risate si intravede un lavoro di documentazione serio. È un libro che può piacere a chi ha studiato filosofia e vuole vederne il lato umano, ma anche a chi di filosofia non ha mai capito granché e ha voglia di farsi un’idea diversa, più vera, meno polverosa.
Nel capitolo dedicato a Spinoza, massimo esponente del razionalismo moderno, Pastorelli ci mostra come anche la mente più rigorosa possa scivolare su affermazioni ideologiche. Nel Trattato politico, Spinoza afferma che “le donne sono necessariamente inferiori”. Una tesi non solo discutibile, ma incoerente con il suo stesso metodo geometrico. Pastorelli contesta la frase senza sconti, ma con ironia, ricordando anche un aneddoto sentimentale: l’amore di Spinoza per Clara Maria, donna brillante e colta, che lui stesso ammirava per qualità che poi nega all’intero genere femminile. Contraddizione? Proprio così. Ma Francesco Pastorelli non si ferma all’attacco: contestualizza, spiega il peso della tradizione filosofica e culturale seicentesca e invita il lettore a riflettere sui limiti storici anche delle menti più illuminate.
Hobbes è ricordato per la sua visione lucida e spietata dell’essere umano: l’uomo è lupo per l’altro uomo, e serve uno Stato assoluto per contenere la violenza naturale. Tutto chiaro, tutto coerente. Finché non si arriva al tema di Dio. Nel Leviatano, Hobbes afferma semplicemente che Dio esiste, “perché deve esistere”. Qui il rigore meccanicista e materialista crolla sotto il peso della prudenza (o della paura): siamo nel Seicento e certe cose non si possono dire apertamente. Pastorelli non lo giustifica, ma ipotizza: forse Hobbes temeva le accuse di eresia, specie dopo le attenzioni poco benevole della corona inglese.
L’analisi è pungente, ma non banale: si intravede sempre il rispetto per la complessità del pensiero filosofico, anche quando traballa.
Francesco Pastorelli non fa filosofia da bar. Ogni “stronzata” è documentata, contestualizzata, spiegata. A fianco dell’ironia c’è sempre la citazione precisa: capitolo, opera, passaggio. E non manca mai la spiegazione del contesto storico-culturale.
È anche questo che rende il libro utile: dietro ogni risata c’è un’occasione per capire meglio non solo il filosofo, ma anche il suo tempo. In un’epoca in cui le frasi fatte si moltiplicano, 101 stronzate ci ricorda che anche le menti più brillanti possono dire fesserie. Ma proprio per questo vale la pena studiarle, per scoprire quanto sia fragile e affascinante la costruzione del sapere.
Un libro che si legge come una serie TV irriverente ambientata nel pantheon dei pensatori. Spassoso, corrosivo, istruttivo. E un po’ liberatorio: perché ammettiamolo, anche i filosofi, a volte, dicono solenni stronzate.