È un’Italia vestita di nero quella del 1934. Un’Italia sotto un regime dittatoriale che colora di nero non solo le camicie indossate dai gerarchi fascisti, ma si prepara a colorare di nero anche gli anni e gli avvenimenti futuri che ben conosciamo.
Così quel 1934 con il suo nero imperante, assiste alla scalata al potere del nazismo in Germania: dopo la famigerata Notte dei lunghi coltelli, Adolph Hitler che aveva già incontrato Mussolini in Italia, ispirato da una sorta di ammirazione per il duce italiano, prende il potere e si auto-nomina capo dello Stato e capo del governo, assumendo il titolo di füher. Quel che successe in seguito è purtroppo storia triste e notissima: la strategia della purezza della razza e il conseguente Olocausto del popolo Ebreo, sono pagine di storia straziante ancora oggi colorate di nero.
Vestite di nero, le piazze italiane vedevano in quel 1934 le oceaniche adunate fasciste, i proclami e la propaganda di regime che non lasciavano spazio al resto: la dittatura rinforzata dal plebiscito elettorale del Marzo 1934, non amava il dissenso, anzi lo tacitava decisamente a colpi di purghe e torture, quando non arrivava ad uccidere senza appello chiunque si opponesse, sia pure solo con le parole, al regime che proprio in quel 1934 festeggiava il tredicesimo anno dell’era fascista.
Un nero colore imperante vestiva l’Italia ma anche l’Europa: le mire espansionistiche di Germania e Italia, in seguito alleate, si sarebbero tradotte da qui a qualche lustro in quell’orribile carneficina che fu la seconda guerra mondiale e niente poté fare, azzardo a dire con una punta di bonaria ironia, l’intercessione di San Giovanni Bosco, proclamato santo da Papa Pio XI, proprio il 1°Aprile 1934.
Né tanto meno poterono immaginare i futuri sviluppi di quel nero invadente ed invasivo e fermarne l’avanzata, i tifosi italiani felici, in quell’anno, di festeggiare la vittoria del campionato mondiale di calcio. Del resto, il panem et circenses degli antichi romani adottato dal duce, assieme al saluto a braccio teso e mano aperta e ad altre modalità prese in prestito dal mondo antico, qualche effetto dovevano produrlo, no?
L’anno finisce con l’inizio delle conquiste coloniali in Etiopia, mentre gli operai si vedono per la prima volta ridotta la giornata lavorativa ad otto ore: per la serie, qualcosa di positivo deve pur fare un dittatore!
Al di là delle Alpi e oltreoceano il 1934 fu un anno più o meno sereno a parte qualche monarca, Alessandro I di Jugoslavia nello specifico, morto ammazzato che fa parte del contesto, mentre negli Stati Uniti, Alcatraz prigione tristemente famosa diviene operativa. Ma il 1934 vede anche nascere dalla matita di Walt Disney, quell’antieroe contrapposto a tutti i miti di superuomini vestiti di nero che è, ancora dopo quasi un secolo, Paperino. E questo basta a consolarci di quel nero imperante che colorò il 1934 e gli anni a venire.
1934: i libri, gli scrittori, la cultura
In un’Italia vestita di nero, la cultura risentiva l’influenza e la censura del regime fascista: molti liberi intelletti furono costretti a lasciare l’Italia. La libertà di pensiero si sa che è indigesta alle dittature, è sempre stato così. E mentre il regime regolava e controllava tutto il mondo letterario attraverso il Minculpop (che giuro non è una parolaccia, anche se lo sembra), ossia il Ministero della cultura popolare, la commissione per il Premio Nobel decideva di assegnare quello per la letteratura ad un siciliano, un certo Luigi Pirandello di Girgenti, l’attuale Agrigento.
Luigi Pirandello e il fascismo
Un nome che sconosciuto non è di certo quello di Luigi Pirandello, a lui il merito di aver rivoluzionato il teatro italiano e non solo, opere come Il fu Mattia Pascal, Uno, nessuno e centomila, Così è se vi pare, I vecchi e i giovani, Sei personaggi in cerca d’autore, tanto per citare i più famosi, resteranno per sempre capisaldi non solo del teatro ma anche della letteratura, proprio per la ventata di nuove tematiche che introdussero.
Eppure una mente così eccelsa e libera ebbe la tessera del partito fascista e, almeno in un primo momento, aderì al regime e fu per questo attaccato duramente da alcuni suoi colleghi intellettuali. Non furono però infrequenti gli scontri con di Pirandello con il regime e le autorità fasciste, fino al clamoroso gesto di strappare la tessera del partito proprio in faccia al Segretario Nazionale. Nonostante il gesto, fu ugualmente inserito fra i primi 30 accademici, nominati direttamente da Mussolini, della Reale Accademia d’Italia.
Sempre nel 1934…
… Aldo Palazzeschi, scrittore e poeta, pubblicava il suo romanzo più noto, Sorelle Materassi, famoso anche perché diventò negli anni successivi uno sceneggiato per la tv. Racconta di due sorelle dell borghesia toscana: una forma di parodia del mondo piccolo-borghese di allora. Nonsenso, giochi di parole, irrisione per i formalismi, combinazione fra drammatico e comico, gusto per il caricaturale, sono i temi di fondo cari a Palazzeschi e accompagnano le vicende delle sorelle, inquadrate nel contesto della asfittica vita provinciale di allora.
1934, è infine il titolo di un romanzo di Alberto Moravia, pubblicato nel 1982, ambientato a Capri. Narra, secondo lo stile di Moravia caratterizzato da un forte esistenzialismo, di Lucio un giovane alle prese con domande esistenziali, le cui risposte non si trovano certo dietro l’angolo.
Il romanzo è ambientato nel 1934, l’anno in cui il potere di Hitler organizza la “Notte dei lunghi coltelli”, ossia l’uccisione di tutti gli oppositori del regime.
Non mancano nel libro considerazioni che riguardano il periodo storico. Lucio, infatti, è un intellettuale antifascista, e, durante una delle sue riflessioni, pensa che forse i regimi dittatoriali esistenti in Italia e in Germania siano la vera causa della sua disperazione. Poi, però, smentisce questa sua conclusione, affermando che sarebbe stato disperato anche se fascismo e nazismo non fossero al potere:
Sapevo benissimo che, pur nutrendo la stessa avversione, non mi sarei ucciso per il regime politico dominante…
Certo il clima di quel 1934, tredicesimo dell’era fascista, non era certo dei più leggeri, parecchie nubi si addensavano all’orizzonte ma ci si consolava in musica, del resto l’Italia è il Paese del bel canto o no? E mentre a Milano, operosa e frenetica si alzavano gli occhi al cielo cantando O mia bela Madunina, a Roma più caciarona e rilassata si osservava il panorama intonando Quanto sei bella Roma…
Il resto d’Italia vestiva in camicia nera, partecipava alle adunate nelle piazze piccole e grandi di paesi e città, salutava il duce e i gerarchi fascisti con il saluto romano, piegava la testa agli ordini e a volte cantava, ignara di quanto sarebbe successo negli anni a venire.