Fuad Rifka autore di L’ultima parola sul pane, raccolta di poesie che pongo oggi all’attenzione dei lettori della rubrica settimanale Poesia e vita, vita è poesia, nato nel 1930 e morto nel 2011, è un poeta di origine siriana, vissuto in Libano, appartenente a quella cultura araba dalle antiche e splendide tradizioni meditative, poco diffuse e altrettanto poco conosciute in Occidente.
Benché il nome di Fuad Rifka sia legato soprattutto al misticismo sufi e alla sua grande conoscenza della poesia tedesca, non a caso ha tradotto Goethe, Rilke, Novalis ed altri, il poeta sirio-libanese è uno dei maggiori rappresentanti della poesia araba, sulla quale ci sarebbe moltissimo da raccontare e approfondire.
La poesia araba si differenzia da quella occidentale per etimologia, definizioni e metrica ma la tradizione poetica araba non ha niente da invidiare a quella greco-latina. Dalle antiche tribù che popolarono in origine la Penisola Araba, delle quali i cantori itineranti tramandarono oralmente componimenti epici e poetici, alla quasida, all’impronunciabile muwashshah, allo zajal del periodo più antico, fino al totale cambiamento verificatosi con l’avvento dell’Islam, con le interazioni con la Scuola Poetica Siciliana e il susseguente ghazal, la poesia araba ha una storia millenaria talmente variegata che ci sarebbe davvero da scriverci volumi e volumi.
Fuad Rifka, rappresentante della poesia araba
Come succede per tutte le grandi civiltà, l’universo multiforme delle arti e delle lettere include a pieno titolo la poesia. La poesia araba in particolare ha conosciuto grandi splendori e periodi oscuri, infatti, dopo un lasso di tempo durato tre buoni secoli, dal 1500 al 1800, in cui sembra essere quasi assente, conosce un risveglio sul finire dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, quando cioè le “contaminazioni”, in larga parte siriane e libanesi arricchirono la cultura araba dandole un nuovo volto. Di queste “contaminazioni” è frutto la poetica di numerosi autori di cui Fuad Rifka è uno dei maggiori rappresentanti.
L’ultima parola sul pane non è una raccolta di versi recentissima, se ne conoscono infatti diverse edizioni, la prima risale al 2007, mentre l’ultima è freschissima di stampa, edita da Animamundi per la collana di poesia Cantus firmus, curata da Franca Mancinelli e Rossana Abis.
La nuovissima edizione, pubblicata il 10 febbraio 2022, si arricchisce dell’introduzione di Tommaso Tiddia, di tre ritratti fotografici ad opera Dino Ignani, di un’intervista a Fuad Rifka curata da Ottavio Rossani e, sicuramente non ultima per importanza, della rosa dei quattro traduttori della raccolta: Piero Bruno, Adnan Haydar, Paolo Ruffilli e Aziz Shihab. L’ultima parola sul pane ha anche ricevuto il “Premio Mediterraneo” nel 2008.
Hanno detto di Fuad Rifka
Versi essenziali e necessari, generati da un’illuminante saggezza, tra misticismo sufi e la migliore poesia tedesca, di cui Rifka è stato raffinato conoscitore e traduttore. Un libro capace di essere nutrimento per l’uomo, per la sua inquietudine e tensione più autentica, perché, come afferma Fuad Rifka “La poesia è come il pane: semplice e sacra. È un filo elettrico in grado di connetterci con l’infinito, con la natura, con l’anima del mondo”.
O ancora, mi piace riportare la più calzante definizione che ne dà uno dei curatori della traduzione:
Fuad Rifka è l’interprete di una poesia di raffinata povertà, scintillante di immagini in corsa rapida di verso in verso e gonfia di pensiero sfilacciato come nuvole dai venti rossi di sabbia. In cerca di una libertà strofica e metrica che rinnova oggi dall’interno la grande tradizione della lirica araba.”
Come non essere allettati e incuriositi da simili pareri? Aggiungo inoltre che chi ama la poesia riconosce un suo simile anche a distanza di tempo, spazio e luogo: il filo elettrico è sempre attivo ed alimenta quel linguaggio dell’anima che pur essendo non sempre facile da comprendere, è universalmente accessibile a chi “sente diverso“.
Concludo questo appuntamento del venerdì con un brano tratto da L’ultima parola sul pane: può essere interpretato come la definizione che lo stesso Fuad Rifka dà della poesia, costruita non attraverso concetti astratti, ma attraverso una sequenza di immagini della vita quotidiana:
È un’ombra la poesia: | l’ombra di nuvole sui monti, | l’ombra del fumo sulle braci del bosco, | l’ombra di uno sparviero sulla roccia, | l’ombra di un tralcio della vite, | l’ombra della panchina nel giardino vuoto, | l’ombra di foglie tremolanti | e nel ricordo, come una piaga rosa, | l’ombra di un amore che non torna.