“Non si può scegliere di venire al mondo. Nasci e basta. Alcuni dicono che la tua nascita rivela il tuo destino. Io dico: al diavolo. Non sono nato una sola volta, ma ben cinque, e per cinque volte ho imparato la stessa lezione. Qualche volta nella vita bisogna afferrare il cosiddetto destino per la gola e torcergli il collo.”
La storia – vera – è scritta talmente bene che sembra proprio di viverla passo passo con il protagonista. Ishikawa trascina il lettore dentro la sua vita: da bambino in Giappone e poi da uomo adulto in Corea del Nord. I personaggi hanno spessore, non sono maschere di sé stessi o stereotipi. Sono a tutto tondo e il lettore non può far a meno di provare empatia per loro. Anche le emozioni sono descritte con maestria e in certi passaggi sono talmente forti da far quasi male agli occhi leggerle.
La scrittura è scarna, diretta e secondo me ricalca perfettamente le caratteristiche della cultura di appartenenza dell’autore. Un testo duro, quindi, che non lascia scampo a fantasie, dubbi o a immaginazione inutili.
Ed è proprio questa secondo me la sua forza: portare il lettore per mano dentro una vita che, seppur ingiusta e difficile, fa purtroppo parte di questo nostro mondo. Non ci sono orpelli. Non ci sono scuse o pietismi. Non è un fatto romanzato ad hoc per suscitare false emozioni. Anzi, la semplicità con cui tutta la vicenda viene narrata ha la capacità di far riflettere il lettore.
In questo libro c’è solo tanta, tanta vita vissuta, condensata in poco più di duecento pagine. C’è sofferenza, c’è solitudine, ma ci sono anche gratitudine e umanità. Ci sono tenacia e spirito di sopravvivenza.
Ma ci sarà anche un lieto fine?
Senza via di scampo. La storia vera dell’incredibile fuga dalla Corea del Nord, di Masaji Ishikawa è una storia da leggere lentamente e che rimbalza nella testa anche dopo aver finito l’ultima pagina. Perché, forse, sono proprio quelle ultime tre righe a rimanere impresse nelle mente di chi legge.