Gun Love, di Jennifer Clement, è un libro diviso a metà, come il suo titolo, e che mi ha lasciata sospesa tra adorazione e disorientamento.
«Mia madre era una tazza di zucchero. Potevi prenderla in prestito quando volevi.»
Inizia così questo romanzo di Jennifer Clement. A dirlo è Pearl, una ragazza di quattordici anni, narratrice della storia. Sua madre si chiama Margot e, poco prima di compiere 17 anni, con una bimba di appena due mesi, ha lasciato la sua lussuosa casa per trasferirsi in una Mercury Topaz del 1994, posteggiata in un campo roulotte nel centro della Florida.
Margot è una sognatrice. Sembra seguire un preciso codice etico non dichiarato che la porta ad agire a volte come un’idealista, a volte come una sprovveduta.
«Mia madre era sempre piena di desideri da candeline sulla torta di compleanno.»
Intenerisce, Margot, quando insegna a Pearl a distinguere la porcellana di Limoges, oppure ad apparecchiare la tavola o a servire il tè – il tutto, vivendo sempre in una macchina. Oppure ancora la mancanza del pianoforte che le fa tamburellare le dita sul cruscotto della Mercury, o le parole in francese quando è di buon umore. Perché Margot viene da una famiglia ricca: ha avuto un’educazione adeguata al suo rango. E, per quanto abbia tranciato ogni legame con il suo passato, questo continua a vivere in lei. Non sempre è chiaro cosa pensa. A volte non si capisce il motivo di alcune scelte così azzardate, altre volte si ammira il coraggio di questa donna, altre ancora se ne percepisce tutta la fragilità e ti fa un po’ arrabbiare, perché tu, da fuori, sai già come va a finire.
«Dato che era capace di vedere sotto il guscio e la scorza, mia madre si faceva sempre rimescolare, rigirare con il cucchiaio, frullare come un frappé, e sempre dalle persone sbagliate.»
Di Pearl, invece, sappiamo poco. Vive il riflesso della madre ma si capisce che ha un carattere più forte. Le piacciono le sfide, soprattutto quelle pericolose. Descrive quasi senza emozioni proprie la storia sua e di sua madre per tutta la lunghezza del libro. Ma è proprio nell’assenza che, forse, trova il modo di compensare quello che accade tra queste pagine.
Le armi, come l’amore, sono un elemento fondamentale del libro. Ci sono sempre, in forme diverse, ma non abbandonano mai la scena. A un certo punto diventano anche protagoniste, per poi tornare in sordina e poi, ancora, di nuovo alla ribalta.
È una vita difficile quella che si vive in questa Florida, lontano dalle piscine e dal lusso di Miami, o dal fascino delle Everglades. È una Florida che non ti aspetti, densa e malinconica. Normale, nel suo temperamento sfacciato. Ai limiti dell’assurdo per la semplicità con cui le cose accadono e vengono accettate.
«La vita sembrava sempre una scarpa sul piede sbagliato»
Ho adorato il modo di scrivere di Jennifer Clement per più di metà libro: uno stile realistico, preciso, pulito, in grado di raccontarti la vita così come viene, nel suo scorrere quotidiano. E a impreziosire la scena, l’intarsio delle ballate di Johnny Cash, Nick Cave, Bob Dylan, Bill Monroe e di Lead Belly (tra gli altri). Mi ha invece disorientata la seconda parte: l’ho trovata un po’ troppo veloce e superficiale, anche un po’ scontata in alcune battute. E non me l’aspettavo.
Questo è il motivo delle sole tre stelle anche se, ammetto, di oscillare ancora adesso tra tre e quattro stelle. Quindi, nel dubbio, consiglio di leggerlo e poi, magari, scrivimi cosa ne pensi tu.
Jennifer Clement
Poetessa e autrice di romanzi, cresce a Città del Messico e si forma tra New York e Parigi. È la prima donna a essere nominata presidente del PEN International. Con i suoi romanzi (tra cui Una storia vera fatta di bugie, Il fascino del veleno e Le ragazze rubate) ha vinto diversi premi e riconoscimenti, ricevendo il favore di critica e pubblico. Gun Love è stato selezionato per il National Book Award 2018 ed è presente nella Editor’s Choice del New York Times e nella classifica dei dieci migliori libri di narrativa del Library Journal.