Nella biblioteca del mondo grandi e piccoli autori raccontano l’anima più autentica del loro paese.
In questo viaggio attraverso gli stati a me è capitato il BAHREIN, un piccolo stato insulare del Golfo Persico costituito dall’isola principale e da altre minori, poco distante dalle coste dell’Arabia Saudita e Quatar.
La difficoltà di reperire notizie inerenti a scrittori/scrittrici nati o che abbiano prodotto elaborati per questo piccolo stato mi ha impegnata non poco e, sebbene le ricerche effettuate non siano state esaustive, cercherò di darti qualche dritta.
La moderna letteratura araba scritta, sotto forma di romanzi e racconti, è un’aggiunta relativamente nuova; per molti di noi il Bahrein è solo un posto pieno di petrolio, ed è ulteriormente assurto agli onori della cronaca per ospitare uno dei migliori Gran Premi di Formula 1.
Ciò non toglie che il valore della cultura è un fattore ritenuto molto importante in questo stato. Lo prova l’enorme lavoro posto in atto da Sheikka Mai bit Mohammed Al Khalifa, presidente dell’autorità del Bahrein per la cultura e le Antichità, che si è rimboccata le maniche per colmare il vuoto delle testimonianze storiche nel suo paese.
Ciononostante non esiste una piena libertà di espressione, di conseguenza è difficile per uno scrittore esprimersi in tali condizioni perchè limitato fortemente, ancor più se è una donna a farlo. La donna si deve accontentare di essere la “ricevitrice benedetta” della parola degli uomini, il soggetto passivo dei loro testi.
Il Bahrein non è quell’isola felice che i media fanno apparire sui rotocalchi, nei notiziari. C’è l’altra faccia della medaglia, l’altissimo prezzo da pagare per il diritto “alla libertà d’espressione”. La lingua araba si fonda sulla ricchezza di simboli, allegorie, sinonimi, e così un “seno” diventa montagna, colline declinanti, o mele e pere a seconda della loro forma; per certi versi le immagini, le metafore fanno senza dubbio parte del gioco poetico, ma tali scelte non devono essere un modo per fuggire dal nominare le cose per quello che sono, ed invece nel mondo arabo diventano “imposizione”.
Pertanto, al momento, da questo piccolo stato non è emerso nessuno scrittore che possa essere del calibro dell’egiziano Naguib Mahfouz (vincitore del Premio Nobel e più importante scrittore arabo di narrativa del XX secolo). Esiste comunque, tra le figure più conosciute in Occidente che merita di essere citato, il romanziere saudita Abdelrahman Munif (traslitterato anche ‘Abd Ar-Rahman), ed il suo romanzo
“Città di sale”
(Dalai Editore 2007), ambientato in un luogo senza nome, un emirato del Golfo del 1930, il libro narra le vicende di una piccola oasi comunitaria, costretta alla diaspora in seguito alla scoperta del petrolio da parte degli americani. Accanto ai ciechi bisogni delle compagnie petrolifere affiora un mondo antico, radicato nelle sue tradizioni e superstizioni. Emerge con forza anche il rapporto tribalismo-Islam, tradizione-tecnologia. Un affresco delle società del Golfo, di due culture e due epoche, quella araba e americana, che pur incontrandosi restano eternamente divise.
Nasce ad Amman nel 1933, si spegne a Damasco nel 2004 dove ha vissuto dopo essere stato “cacciato” dal suo paese natio per le sue posizioni politiche. Dello stesso autore, e tradotti in italiano, troviamo anche “Gli alberi e l’assassinio di Marzuq (2004), “Storia di una città”, “All’Est del Mediterraneo” (entrambi 2002).
C’è stato un movimento di produzione artistico letterario interessante sia da parte degli uomini che delle donne, e tante scrittrici e artiste degli anni ’60 hanno avuto successo, ma il numero non è aumentato rispetto alle promesse di quegli anni. In questo momento della nostra storia, è vero che molti lottano, ma c’è un ambiente di disperazione, è un circolo vizioso. Sono queste minoranze che rappresentano la speranza del mondo arabo, anche se molti purtroppo se ne sono andati a vivere a Parigi, a Londra, Berlino o in Italia, perché stanchi di continuare a resistere; fare arte e letteratura nel mondo arabo non ti dà una riconoscenza adeguata. Poi ci sono alcuni che vivono in una sorta di “bolla”, che provano a creare la loro carriera artistica o letteraria staccati da quello che sta succedendo, lo fanno per autodifesa, per non impazzire.
E per darti un’idea della condizione femminile e di quanto sia importante la volontà di alcune di far emergere, di essere lo specchio di tante vite consacrate al coraggio, all’amore e alla cultura, ti propongo un interessante raccolta racchiusa nella collana della Piccola Biblioteca di Mondadori, dove troviamo “Non ho peccato abbastanza” che raccoglie numerose voci femminili del mondo della poesia araba,
da cui ho tratto questa poesia:
“Sono una donna. Nessuno può immaginare quel che dico quando me ne sto in silenzio, chi vedo quando chiudo gli occhi, come vengo sospinta quando vengo sospinta, cosa cerco quando lascio libere le mani. Nessuno, nessuno sa quando ho fame, quando parto, quando cammino e quando mi perdo, e nessuno sa che per andare è ritornare, e ritornare è indietreggiare, che la mia debolezza è una maschera e la mia forza è una maschera, e quel che seguirà è una tempesta. Credono di sapere e io glielo lascio credere e io avvengo. Hanno costruito per me una gabbia affinché la mia libertà fosse una loro concessione e ringraziassi e obbedissi. Ma io sono libera prima e dopo di loro, con loro e senza loro sono libera nella vittoria e nella sconfitta. La mia prigione è la mia volontà! La chiave della mia prigione è la loro lingua, ma lo loro lingua si avvinghia intorno alle dita del mio desiderio, e il mio desiderio non riusciranno mai a domare. Sono una donna. Credono che la mia libertà sia loro proprietà e io glielo lascio credere e avvengo.”
La sensualità di una tradizione lirica ricchissima si coniuga alla bruciante consapevolezza di dover rivendicare con la forza il proprio diritto ad essere donna.
Dal Bahrain la voce di Hamda Khamis, laureata in Scienze Politiche all’Università di Baghdad. Suoi i versi:
“Ogni corpo
è un essere vivente.
Ogni poesia
è femmina”.
Spero di essere riuscita nell’intento di accompagnarti, attraverso le parole, in uno stato, il Bahrein, all’apparenza un’oasi felice, in realtà… dimmelo tu caro iCrewer!
La prossima volta che ci incontreremo sarà il Camerun a tenerci compagnia.