Il 25 settembre 1986, il mondo del fumetto italiano fu sconvolto da un’uscita destinata a diventare iconica: il primo numero di Dylan Dog, il celebre “indagatore dell’incubo” creato da Tiziano Sclavi per la Sergio Bonelli Editore, ed elaborato graficamente da Claudio Villa e Angelo Stano. Con un mix di horror, mistero e ironia, la serie non solo catturò l’attenzione dei lettori, ma riuscì a ridefinire i confini del genere fumettistico, toccando temi profondi che risuonavano con le paure e le inquietudini del pubblico.
Dylan Dog e L’alba dei morti viventi

Il primo episodio, intitolato L’alba dei morti viventi, inizia con una giovane vedova che, sconvolta, si rivolge a Dylan Dog perché il marito, morto da poco, è tornato sotto forma di zombie. Questo spunto, apparentemente semplice e tratto dalla tradizione horror, diventa un pretesto per esplorare il dolore della perdita, la negazione della morte e il sottile confine tra amore e disperazione. Sclavi, maestro nel mescolare elementi soprannaturali e introspezione psicologica, rende subito chiaro che Dylan Dog non è solo una storia di mostri e creature terrificanti, ma un viaggio nell’animo umano.
Accanto a Dylan Dog c’è il suo inseparabile assistente Groucho, una figura surreale che spezza la tensione con battute fulminanti e un umorismo spesso assurdo. I suoi interventi non sono semplici note comiche, ma rappresentano un contrappunto essenziale all’angoscia e al terrore che attraversano le storie. Questa dualità tra orrore e ironia è una delle caratteristiche distintive della serie, che riesce a mantenere un equilibrio unico tra pathos e leggerezza.
Dylan Dog, eroe moderno
Dylan, ex poliziotto divenuto investigatore privato, vive in una Londra gotica e decadente, e affronta non solo zombie, vampiri e altre creature soprannaturali, ma anche le sue personali ossessioni e fragilità. Il personaggio è tormentato da un passato oscuro, dalla solitudine e da una costante ricerca di senso in un mondo che spesso appare privo di logica. È un eroe moderno, lontano dall’invincibilità dei classici protagonisti: vulnerabile, romantico, e in costante lotta con i suoi demoni interiori.
Il successo di Dylan Dog non risiede solo nella qualità delle storie o nell’originalità dei personaggi, ma nella capacità di Sclavi di parlare alla psiche del lettore. Le sue trame, pur immerse in un contesto horror, affrontano temi universali come la paura della morte, il senso di alienazione, il desiderio di trovare un significato nell’esistenza. Ogni storia, oltre a offrire suspense e brividi, spinge il lettore a riflettere su se stesso e sulla realtà che lo circonda.
A oltre tre decenni dalla sua creazione, Dylan Dog continua a essere un punto di riferimento nel panorama del fumetto mondiale, con milioni di lettori affezionati e nuove generazioni che scoprono il personaggio. Il primo numero, L’alba dei morti viventi, resta una pietra miliare, non solo per il suo ruolo di apertura della serie, ma per la sua capacità di gettare le basi di un mondo complesso, dove il terrore non è solo quello dei mostri, ma quello nascosto nelle profondità della mente umana.
Dylan Dog non è semplicemente un fumetto horror, ma una vera e propria indagine sull’incubo dell’esistenza. E ancora oggi, chi si avventura tra le sue pagine non può fare a meno di sentirsi coinvolto nelle sue inquietanti indagini, tra fantasmi reali e interiori.
I libri ispirati all’ispettore di Tiziano Sclavi
Per molto tempo, il fumetto è stato considerato nella storia della letteratura come un prodotto per bambini e ragazzi, privo di rilevanza culturale. Il contributo di alcuni intellettuali italiani, determinati a promuovere questo medium e le sue straordinarie potenzialità nella diffusione della conoscenza, è stato cruciale per superare questa visione limitata.
Gianni Rodari, Cesare Zavattini, Elio Vittorini e Umberto Eco furono tra i primi a sostenere e diffondere il fumetto, permettendogli di emergere e conquistare (anche se a fatica) uno spazio nel panorama culturale al di fuori del pubblico giovane.
Negli anni Ottanta si unì a questi autori anche Giulio Giorello. Nato a Milano nel 1945, laureato in Filosofia nel 1968 e successivamente in Matematica nel 1971, Giorello ha insegnato presso vari atenei e, dal 1978 al 2015, ha ricoperto la cattedra di Filosofia della scienza, succedendo al suo maestro Ludovico Geymonat. Accanto alla carriera accademica, sviluppò una prolifica attività di saggista e collaboratore per testate giornalistiche, in particolare per il Corriere della Sera.
Giorello, scomparso nel 2020 a causa del Covid-19, è stato spesso definito da amici e colleghi come “il filosofo dei fumetti“.
Nel volume, intitolato La filosofia di Dylan Dog e altri incubi, pubblicato dalla casa editrice Mimesis, esplora questa sua passione per la nona arte, e il suo sguardo attento alle regole espressive di un medium spesso sottovalutato. Giorello, come già aveva fatto in altri lavori dedicati agli aspetti filosofici di personaggi come Topolino e Tex Willer, analizza in questo libro la poetica dell’oscuro detective creato da Tiziano Sclavi nel 1986.
Questa raccolta postuma, curata da Jonatan Peyronel Bonazzi, riunisce per la prima volta in modo completo articoli, interviste e altri scritti dedicati all’”investigatore dell’incubo”. Attraverso le pagine del libro, il lettore esplora questioni filosofiche universali come l’esistenza, l’identità, la mortalità, il ruolo della scienza e quello della religione, temi che emergono frequentemente nelle avventure di Dylan Dog.