Wuhan Diario da una città chiusa, della scrittrice cinese Fang Fang, ha valicato confini ed è arrivato anche in Italia. È Rizzoli a pubblicare il prossimo 3 giugno in anteprima mondiale alcuni brani di questo diario particolare, duramente attaccato dal governo cinese.
Dal 25 gennaio, inizio dell’epidemia in Cina, al 25 marzo, la romanziera cinese, residente a Wuhan, annota sul suo blog WeChat, la piattaforma dei messaggi istantanei, quello che accade durante la quarantena. Un reportage quotidiano postato di notte per evitare la censura del giorno dopo, sempre attiva per eliminare il materiale online non troppo gradito al regime.
Notte dopo notte, il blog racconta le testimonianze di persone con le quali la scrittrice è riuscita ad entrare in contatto. Fatti reali, gesti comuni, vicende, reazioni non convenzionali, eventi messi a disposizione su Weibo, una forma di tweet cinese, per tenere compagnia a chi, come lei, ha vissuto il periodo di segregazione forzata a causa del virus.
Wuhan. Diario da una città chiusa, cosa racconta?
Un’esperienza raccontata in prima persona, monitorando le difficoltà materiali, quelle legate alle malattie croniche, la solitudine, la paura del contagio, l’incapacità a volte di non superare il momento. La necessità di testimoniare realtà evidenti come la morte del dottor Li Weniang, il primo a dare l’allarme sulla presenza del coronavirus ma per questo inascoltato e perseguitato dal regime fino alla morte avvenuta il 6 febbraio.
Il diario diventa un appuntamento fisso, attraverso scritti, video, immagini, frasi tanto da raggiungere quattro milioni di contatti che inevitabilmente attira l’attenzione del governo cinese.
Il primo a lanciare accuse è proprio il Global Times, il giornale in lingua inglese del Partito Comunista che la definisce “strumento dell’Occidente per sabotare gli sforzi dei cinesi per combattere l’epidemia da Covid”.
“Abbiamo riposto troppa fede nel nostro governo”; scrive la Fang”avevo persino mandato un messaggio a uno dei miei gruppi WeChat affermando: ‘Il governo non oserebbe mai provare a nascondere qualcosa di così enorme.
Ma in realtà, per come le cose si sono evolute secondo quanto vediamo ora, sappiamo che una parte di colpa per questa catastrofe risiede nell’errore umano”.
Se da una parte si parla di tradimento dall’altra si tenta di sviare l’eccessiva attenzione sul testo giustificando la volontà e il diritto acquisito dell’autrice di dare voce ai suoi pensieri.
Un modo per non dare significato ai fatti descritti? La tesi del tradimento morale ha trovato tuttavia sostegno anche da parte di giovani universitari cinesi più inclini a mettere in dubbio l’autenticità del diario che le competenze letterarie di Fang
Se il contenuto del diario è reale, è ragionevole scriverlo e pubblicarlo ma se i diari sono stati tradotti senza garantire l’autenticità, alcune persone in Cina sono preoccupate che il libro avrà un impatto negativo sulla nostra immagine nazionale e sugli interessi nazionali.
Per la scrittrice è un giudizio eccessivo…
“È infantile descrivere la pubblicazione del libro all’estero come un atto di tradimento, chiedo una maggiore tolleranza. Comunque tra me il paese non c’è tensione”.
Nonostante tutte le riflessioni, dalle parole il regime passa ai fatti, oscurando i primi post, censurando l’account della scrittrice ma la rete consente al diario di oltrepassare la cortina di ferro e arrivare in Occidente. Harper & Collins è la prima a raccogliere l’invito a pubblicare i libro in lingua inglese seguito a ruota da Rizzoli che come ti ho anticipato, pubblicherà il libro il 3 giugno prossimo. La traduzione è affidata a Caterina Chiappa e la postfazione è di Michael Berry.
Wuhan. Diario da una città chiusa, i primi brani esclusivi tratti dal diario di Fang Fang
Ti riporto fedelmente due brani del “Diario”usciti in pubblicazione per gentile concessione della Rizzoli:
Il 30 gennaio 2020 Fang Fang scrive: “Non possono sottrarsi alle loro responsabilità Il cielo è limpido e oggi sembra una di quelle perfette giornate invernali che ti fanno apprezzare la stagione. Il virus, però, ha rovinato tutto. Una giornata come questa potrebbe ripetersi soltanto fra migliaia di anni, eppure non c’è nessuno che possa apprezzarla.
Continuo a trovarmi davanti la cruda realtà. Dopo essermi svegliata, ho visto un servizio riguardante un contadino a cui è stato proibito di raggiungere la propria destinazione mentre era in viaggio, di notte. Alcune persone avevano costruito un muro di terra per bloccargli la strada e, nonostante le sue suppliche, non l’hanno fatto passare. Che cosa avrà mai potuto fare, quel contadino, nel bel mezzo di una gelida notte invernale? Non è stato facile da guardare.
Le norme messe in atto per prevenire la diffusione dell’epidemia sono giuste, ma per farle rispettare non si possono ignorare i principi che ci rendono umani. Come fanno i vari funzionari del governo a prendere un documento ufficiale e a trasformarlo in qualcosa di così dogmatico e inflessibile? Perché qualcuno, protetto da una mascherina, non ha semplicemente accompagnato quel pover’uomo in una stanza vuota in cui avrebbe potuto passare la notte in isolamento? Cosa ci sarebbe stato di tanto sbagliato?
Ho visto un altro reportage che raccontava di un bambino con bisogni speciali il cui padre era stato messo in quarantena; il bambino ha dovuto vivere da solo per cinque giorni e alla fine è morto d’inedia. Questa epidemia ha reso palesi diverse cose: la preparazione limitata di numerosi funzionari cinesi e la quantità di patologie diffuse nella nostra società. Sono malattie molto più aggressive del nuovo coronavirus, per cui al momento non esiste una cura”.
Il 9 febbraio 2020 scrive: “La vita è dura, ma noi troviamo sempre un modo per andare avanti. Vorrei dire ai miei cari censori su internet: dovreste lasciar parlare le persone di Wuhan, dovreste permettere loro di dire ciò che vogliono. Si sentirebbero meglio se potessero liberarsi dal peso che hanno sul cuore. Siamo in quarantena da più di dieci giorni e abbiamo già visto un sacco di cose orribili.
Se non ci permettete di dare libero sfogo al nostro dolore, se non ci permettete di piangerci addosso almeno un po’ o di riflettere su ciò che sta accadendo, allora significa che volete farci impazzire! Ma lasciamo perdere. Non risolveremo i nostri problemi impazzendo. E nemmeno da morti ci considereranno. È meglio non parlare di certe cose”.
“I suoi diari rappresentano le nostre esperienze e i nostri sentimenti”
Così hanno commentato online chi, nei mesi dell’epidemia, con le parole della Fang non si è sentito solo.
Wuhan. Diario da una città chiusa la biografia dell’autrice
Fang Fang, pseudonimo di Wang Fang, è nata a Nanchino in Cina nel novembre del ’55. Figura influente nel mondo letterario cinese oltre che presidente dal 2007 della Hubei Writers Association la Fang ha vinto nel 2010 il Premio letterario Lu Xun.
Quando la Rivoluzione Culturale vieta gli studi, Fang Fang sceglie di lavorare a Whan, ma riprende gli sudi universitari solo nel 1978, quando Deng Xiaoping ripristina l’esame di ammissione all’università. Nell’82 si laurea in letteratura cinese e comincia a lavorare ad Hubei come montatrice televisiva.
Il suo primo racconto “Nel convoglio“è stato pubblicato nel 1982 nella rivista “Le arti e le lettere dello Yangzi”. Nel 1983, pubblica con successo il romanzo, Vers le lointain, .Tutte le opere successive come A splendid view, del 1987 o Sun of the twilight, del 1991, hanno come tema la vita del proletariato urbano e la vita mediocre degli intellettuali (Over the water slide the clouds, del 1992).
Wuhan. Diario da una città chiusa, lascia intendere la Wang, non è una critica solo per il suo paese ma è rivolta anche ai capi dell’Occidente”
“Prima il negligente atteggiamento della Cina, poi l’arroganza dell’Occidente manifestata con la sua sfiducia nell’esperienza cinese di lotta al coronavirus, hanno contribuito entrambi a un’incalcolabile perdita di vite, a una innumerevole lacerazione di famiglie. L’intera umanità ha accusato un duro colpo”.
Non è solo per i morti cinesi, è anche per quelli che dovunque sono stati e sono uccisi dal virus: “Ciò che non avrei mai immaginato – commenta l’autrice al termine del ‘Diario’, quando l’8 aprile la sua città riapre – era che proprio mentre il coronavirus iniziava a indebolirsi a Wuhan, si cominciava a diffondere attraverso l’Europa e gli Stati Uniti. Queste minuscole goccioline di virus invisibili a occhio nudo avevano velocemente messo il mondo in ginocchio”.
Una lezione per tutti: “Non possiamo pensare ancora a lungo di essere noi il centro del mondo né crederci invincibili, né possiamo sottostimare ancora la potenza distruttiva anche delle cose più piccole come un virus”.