Dall’Antartide ai Caraibi, 36.000 km in autostop per scoprire il Sudamerica e oltre…!
La storia di oggi ha dell’incredibile! In uno scorcio di secolo dove l’osare va a braccetto con il pericolo, la storia di Juan e Laura ha il sapore della speranza. Se rifletto, la difficoltà non risiede nella mancanza di desideri o nel sognare di valicare confini a noi sconosciuti, ma sta nell’affidarsi e confidare negli altri, sentimenti ormai fuori dalla nostra comprensione. Tutto è condizionato dalla diffidenza, dal timore di ciò che potrebbe o potrebbe non essere, si vive sul continuo non fare per il timore di… Ecco, in questo marasma di sentimenti negativi, fuorvianti e limitativi, si affaccia la speranza che tutto sia ancora possibile, che volere è davvero il segreto per poter fare qualunque cosa.
Juan e Laura ne sono convinti e le loro non sono solo parole ma parole scritte nei loro libri, veri e propri redazionali di viaggio a quattro mani scritti ogni qualvolta decidono di scoprire, viaggiando, qualcosa di unico. Anche il loro incontro ha qualcosa di magico.
«Mi capiterà prima o poi di incontrare una principessa vagabonda?» scrive Juan nel suo primo libro già viaggiatore avventuroso, definito dal New York Times, “il più grande autostoppista del mondo”. A 40 anni suonati, Juan Pablo Villorino, argentino di origini italiane, ha alle spalle 13 anni di avventure intorno al mondo, 90 paesi attraversati percorrendo 180.000 km in autostop, grazie a 2350 passaggi, regolarmente annotati in un block notes custodito gelosamente e vivendo con soli 5 dollari al giorno, ottenuti dalle vendite dei suoi racconti o attraverso piccoli accordi commerciali.
Juan programma il suo primo viaggio nel 2005 percorrendo Siria, Iraq, Iran e Afghanistan scrive il suo primo libro intitolato Vagabondando sull’asse del male, un libro che non verrà mai pubblicato in italiano ma che lo consacrerà come un “personaggio di forte riferimento, considerato quasi come un guru”. Si dice infatti che una volta, a Buenos Aires, tre uomini che volevano rapinarlo finirono per dargli soldi senza dimenticarsi di dargli un consiglio: «L’autostop è pericoloso, stai attento».
Non credo che Juan li abbia ascoltati. Dopo 13 anni di viaggi, Juan ormai rassegnato a vivere di relazioni estemporanee e senza futuro, riceve una lettera da Laura, una ragazza di 32 anni, guarda caso argentina con origini italiane, una laurea in Turismo, agente di viaggi che, all’apparente stabilità di una vita dietro la scrivania, accetta di lanciarsi verso l’instabilità di una vita indipendente, decisa a lasciarsi tutto alle spalle. Da quel momento non si sono più lasciati. Insieme hanno percorso oltre 36.000 km in diciotto mesi, dall’Antartide ai Caraibi, altri quindici mesi per attraversare l’Africa, e poi ancora la Transilvania, la Norvegia, l’Olanda e la Germania. In Italia si sono innamorati della Toscana, della Puglia e di Acerenza, in Basilicata, da dove era partito il bisnonno di Lazzarino per arrivare in Salento dove sono stati accolti con molta simpatia e hanno trovato da dormire e da mangiare.
Il loro è un continuo immergersi nella vita dei luoghi scoperti, che regolarmente hanno descritto nel loro libro Vie invisibili, edito da Sperling & Kupfer. Un libro emozionante, un percorso interiore per scoprire che vivere viaggiando è possibile. Ed è la vera chiave della felicità.
scrive Juan…
“All’inizio l’autostop era soltanto un atto di libertà. «Poi ho gradualmente scoperto uno strumento di esplorazione antropologica», spiega. «Ho capito che poteva darmi la sostanza per scrivere: nel tempo è diventato la mia strategia, un modo per obbligarmi a dipendere dall’ aiuto di sconosciuti e per far nascere interazioni, e quindi storie. Penso che la letteratura di viaggio abbia la responsabilità sociale di diffondere una versione del mondo non mediata, orizzontale: in questo modo i viaggiatori si trasformano in messaggeri di una realtà oscurata. Vogliamo anche motivare i lettori a uscire dalla propria zona di conforto: spesso ci sono barriere psicologiche fra le persone e i loro sogni, c’è la paura verso un mondo descritto come pericoloso». In fondo, spiega Lazzarino, «puoi fare l’autostop per spirito di avventura, per adrenalina, e per esercitare la pazienza. E poi per incontrare persone, ascoltarne le storie, e per tirare i dadi, ritrovandoti in un viaggio completamente diverso da quello che avevi immaginato».