Buongiorno iCrewer! Oggi vorrei parlarti di una casa editrice il cui tratto caratteristico è il mettere al primo posto i contenuti delle opere, senza farsi frenare da preconcetti e ideologie. Si tratta di Voland edizioni.
Fondata da Daniela Di Sora nel 1994, Voland ha da poco festeggiato il venticinquesimo compleanno. Questa cifra acquisisce particolare rilevanza quando si nota la voce che per lungo tempo è stata la principale del catalogo: la narrativa russa. I primi tre volumi, usciti nel ’95, portavano infatti la firma di grandi penne come Tolstoj, Gogol’ ed Emilijan Stanev.
Ovviamente, negli anni, l’ambito d’interesse si è ampliato (la stessa Di Sora afferma che solo con i romanzi russi sarebbe stato complesso non andare in rosso), introducendo in Italia autori allora inediti come Amélie Nothomb.
Da Delitto e castigo a Voland edizioni: la grande passione di Daniela Di Sora
Sì, iCrewer, hai capito bene: Dostoevskij colpisce ancora! Si può dire, infatti, che sia stata proprio la lettura di Delitto e castigo a far sbocciare in Daniela Di Sora l’interesse per la cultura russa. Da lì, la scelta di apprendere questa lingua all’università, lo studio approfondito che l’ha portata a Praga nel ’69 , dove partecipò a manifestazioni di protesta contro l’invasione russa della Cecoslovacchia, che le aprirono gli occhi e la colpirono – non si aspettava di certo l’esercito con fucili e carrarmati.
La sua carriera è proseguita, poi, nell’insegnamento universitario, sia in atenei italiani, sia in altri Paesi europei. E, nel mentre, ha dato vita a Voland, casa editrice con sede a Roma, che pubblica lavori così accurati, da essersi meritata il Premio alla Cultura assegnato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1999 “per la pregevole attività svolta nel campo editoriale” e, nel 2003, il Premio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali “per aver svolto attraverso la pubblicazione di traduzioni di elevato profilo un importante ruolo di mediazione culturale”.
Cos’è, però, che rende così speciale Voland? A mio parere è senza dubbio l’apertura con cui sceglie i volumi da dare alle stampe. Le editrici non si basano solamente sugli interessi del mercato, sulle tendenze del momento, ma si concentrano sull’opera vera e propria.
Scelgo i libri che, dal mio punto di vista, hanno un valore. Che questo valore sia storico, sociale, politico, antropologico, di costume, questo lo può benissimo decidere il lettore.
Daniela Di Sora, fondatrice di Voland
Per questo si possono trovare nel catalogo di questa casa editrice titoli di importati autori come Ivan Bunin, Aleksandr Solženicyn (entrambi vincitori del Nobel per la Letteratura) o Marina Cvetaeva, che non avevano mai trovato posto nelle collane di editori più noti. Non si tratta, però, di tutta la produzione di questi scrittori, bensì soprattutto dei lavori che vengono considerati “problematici”.
Opere che parlano in tono polemico di determinati periodi storici, che narrano realtà scomode del recente passato, che sono portatrici di un’ideologia grigia (tanto in contrasto con la società attuale, che a volte pare dimenticarsi che, purtroppo, non è tutto semplicemente bianco o nero).
Perchè Daniela Di Sora preferisce che i libri si raccontino da sé, e che sia poi il lettore a decidere che cosa fare con contenuto delle pagine che ha tra le mani.
Giorni maledetti di Ivan Bunin
Si tratta di una narrazione quasi diaristica, che rivive anni molto difficili per il popolo russo, ma di rado trattati approfonditamente durante il nostro studio della storia del Novecento (a meno che non ci si trovi in ambiti specifici o specialistici).
Inizialmente pubblicato su un periodico parigino e solo nel 1936 uscito in volume, Giorni maledetti è la terribile cronaca – ambientata sullo sfondo di due citta, Mosca e Odessa – della guerra civile che insanguinò la Russia tra il 1918 e il 1919.
Protesta appassionata contro la rivoluzione bolscevica e insieme difesa nostalgica delle fondamenta patriarcali della Russia, il libro è uno dei rari resoconti del periodo che avrebbe cambiato per sempre il destino della Russia. Bunin riferisce di conversazioni catturate per strada, cita estratti di giornali e discorsi di personaggi illustri, evoca le grandi figure letterarie e politiche dell’epoca senza nascondere avversioni e antipatie.
Tradotto per la prima volta in italiano, Giorni maledetti è anche l’unica opera in cui l’autore abbandona il suo abituale e altero riserbo per dare voce alla disperazione personale di fronte alla “catastrofe” rivoluzionaria.2003
Grazie! Sono commossa.
Grazie a lei per il suo splendido lavoro e per dare voce a opere che altrimenti probabilmente non sarebbero state tradotte in italiano!