Attraverso gli occhi di Gherda Taro ……
Mi piace questa foto di Gherda Taro, probabilmente avrei dovuto inserire quella del libro, ma nel mio cercare sue notizie, sono stata attirata, come una calamita, da questo sguardo meraviglioso. Una smorfia, forse, più che uno sguardo ma, spesso, le imperfezioni del nostro fare o dire, parlano più di mille parole e “questa Gherda”, l’eroina del libro vincitore Premio Strega 2018, “La ragazza con la Leica”, è un’altra cosa.
Lo sguardo un po’ sornione, all’apparenza sfrontato, che sfida, ma nello stesso tempo, parla all’anima, eppure è solo una foto! Ma quanto restituisce una foto nel senso della realtà ma soprattutto della verità? Io credo che questa sia stata una delle domande che Helena Janeczek si sia posta quando ha scelto di restituirci la storia di questa giovane fotografa, “che andava, riferisce Helizabeth Ortega, oltre l’obbiettivo, pioniera, in qualche modo, di un atteggiamento in antitesi al periodo storico che voleva “donne paesaggio” ma, in questo caso, capace, con una macchina fotografica, di cogliere l’essenza oltre l’apparenza.”
La storia di Gherda è una storia durata solo 27 anni, e la sua narrazione arriva a noi attraverso la memoria di personaggi, all’epoca, strettamente collegati a lei, sia come donna che nel ruolo professionale di fotografa. L’autrice, attraverso un lavoro certosino di ricerca, durato sei anni, ci restituisce, attraverso le loro parole, non solo la determinazione e il coraggio della giovane fotografa ma l’inafferrabile entusiasmo e la profondità dei suoi sentimenti che lasciano il segno e toccano nel profondo.
“Gherda, ci racconta Helena Janeczek, è un personaggio forte, perchè, come una cometa, passa nella vita delle persone, traendo da loro il meglio. Come accade quando t’innamori! Era la gioia di vivere, continua la Janeczek, qualcosa che esisteva ovunque, dal fascino fuori dagli schemi”
Ma allora chi è Gherda Taro? La sua biografia ci riferisce di una ragazza, nata a Stoccarda nel 1910, da famiglia borghese ebrea di origine galiziane, già impegnata a 19 anni in contestazioni sindacali, contro la corrente nazista. il nuovo ordinamento politico la spinge, nel ‘33, a fuggire a Parigi, dove, nel ’35, dopo anni di gavetta, incontrerà il fotografo ungherese Endre Friedmann in arte Andre, l’uomo che le cambierà la vita ma che, soprattutto le insegnerà l’arte del fotografare.
Nelle ricerche dell’autrice, le memorie di Andre e degli amici di Gherda, saranno fondamentali per conoscere meglio la protagonista “di cui, tuttavia, ci riferisce l’autrice, non se ne scopriranno mai veramente gli aspetti, i lettori, nel flusso narrativo in terza persona, sono costretti a vivere le situazioni improvvise dei protagonisti, dove un po’ ci si perde, per poi ritrovarsi, cosi com’è la vita dei due giovani, uniti nelle esperienze ma non sempre insieme nello stesso posto.
Negli ultimi due anni di vita, il rapporto tra Gherda e Andrè sarà di grande complicità sentimentale ma, soprattutto, professionale tanto da decidere per imporsi nel settore fotogiornalistico, di cambiare i loro nomi. Andre sarà per tutti Robert Capa, cosi come Gherda, insieme firmeranno le innumerevoli foto di eventi politici importanti. Tra questi, la guerra civile spagnola che spinge la fotografa tedesca a trasferirsi in Spagna per seguire il conflitto in prima linea dove morirà il 26 luglio del ‘37 in seguito ad un incidente provocato da un attacco tedesco.
Muore cosi, Gherda Taro, con la sua Leika, ancora tra le mani,insieme ai suoi ideali, alle sue convinzioni, riportata alla vita, finalmente, al suo funerale, più di 100.000 persone; poi un oblio ingiustificato ed Helena Janeczek, come l’eroina del suo romanzo, ha avuto il coraggio di raccogliere la sfida, restituendo alla memoria collettiva una parte importante della storia attraverso gli occhi di una giovane grande fotografa.
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