Caro Lettore dal 16 giugno il nuovo volume di The Passanger, edito da Iperborea, è dedicato alla Svizzera che, come solo The Passenger sa fare, ne sviscera i segreti e le contraddizioni.
Temuta e invidiata, spesso caricaturizzata, idealizzata o ridicolizzata: che paese è realmente la Svizzera?
Il volume si apre con un’intervista allo scrittore Peter Bichsel, storica voce critica e controcorrente che si interroga proprio su questo: l’anima del paese.
Poi si parla dell’immagine di paradiso rurale e alpino da cartolina, diffusa dagli stessi svizzeri: tematica affrontata grazie a Oliver Scharpf che ha dedicato un intero libro ai miti svizzeri, da Heidi al coltellino, e di come hanno contribuito ad alimentare l’industria del turismo.
Poi lo scrittore di origini camerunensi Max Lobe ci racconta cosa significa integrarsi e affannarsi per provare a diventare un «bravo svizzero». Le procedure per ottenere la cittadinanza, come si sa, sono tra le più rigide al mondo e così molti si limitano a fare i frontalieri in un paese incastonato tra le montagne che è tutto un confine: tra cantoni e stati europei, tra comunità linguistiche e religiose.
Yari Bernasconi, poeta e giornalista, ci porta in tre crocevia simbolo: Ginevra, Basilea e Chiasso.
Poi Leo Tuor racconta le montagne tra i Grigioni e il Ticino con gli occhi di chi le vive da vicino: pastori e cacciatori.
Poi della tematica del suicidio assistito, garantito dall’approccio laico e libertario dello stato, ci parla Daniel de Roulet, autore di un romanzo sul ricorso all’eutanasia da parte di sua madre.
Infine, per comprendere la Confederazione elvetica, vengono affrontati due capisaldi della sua identità: la democrazia diretta, spiegata dall’autorevole storico Georg Kreis, e l’esercito, sviscerato dal giornalista della Radio Svizzera Enrico Bianda.
The passenger Svizzera
Questa Willensnation, nazione fondata sulla volontà (e non su basi etniche o linguistiche) è spesso vista con diffidenza, se non aperta «elvetofobia», termine coniato da Guido De Franceschi nella rubrica che apre il volume.
Sebbene sia permeata da una cultura piuttosto liberale – basti pensare all’approccio sulle droghe, sulla prostituzione o sul suicidio assistito – sono gli ambienti reazionari che più la citano e la stimano.
Generalmente la frase «se fossimo in Svizzera…» è il preludio a una discussione xenofoba da bar e questo nonostante la percentuale della popolazione straniera nella Confederazione sia il triplo che in Italia.
La «voce del bar» del resto è molto forte nella stessa Svizzera, che non solo non è esente dal populismo, ma in un certo senso, a giudicare dal successo pluridecennale del partito di destra sovranista Udc, ne è la patria.
Eppure la sensazione è che in questo modello di democrazia consociativa anche l’effetto dei partiti più radicali sia mitigato: non solo dalla forma di governo, ma anche dal potere espresso da ogni cittadino attraverso la democrazia diretta, fondamento dell’identità nazionale.
L’altra faccia della medaglia di questo mondo in miniatura, con il cittadino al centro, è un’insofferenza verso ogni rischio di assimilazione a istituzioni europee o internazionali e una tendenza a un atteggiamento cospirativo – vedi il segreto in ambito bancario ora rimosso, perlomeno ufficialmente, ma che permane in altri settori e sotto altre forme e a un provincialismo che ha una sua diabolica applicazione nel culto del dialetto svizzero tedesco da esibire come uno status symbol che esclude tutti coloro che non lo parlano.
Protetta dalla proverbiale riservatezza dei suoi abitanti ancor più che dal suo formidabile esercito o dalle invalicabili cime innevate, la Svizzera è un paese che ha fatto dell’invisibilità la sua forza.
Ma questo incredibile cocktail di contraddizioni glocal lo rende un esperimento politico e culturale troppo interessante per lasciarlo nascosto e misconosciuto proprio nel cuore dell’Europa.
Se ti piace conoscere il mondo in questo modo, ti consiglio anche The Passenger – India, Roma, Parigi e tutti i The Passenger finora usciti.
Come sempre buona lettura!