Sempre di più, soprattutto nell’ambito del fantasy, la letteratura con influenze culturali africane, e nello specifico nigeriane, è sempre più frequente e popolare – ne è un esempio Raybearer, il bellissimo romanzo di Jordan Ifueko.
Una delle conseguenze dell’interesse per le novità può essere andare a spulciare il passato, la tradizione, per vedere se ci sia qualche altro esempio, tra volumi e scrittori, particolarmente interessante. Olaudah Equiano rientra perfettamente nell’ambito della rubrica Libri dalla Storia: opere, autori e autrici, fatti particolari avvenuti all’incirca fino al 1850 (con variazioni sul tema una volta ogni tanto, per non rischiare di annoiarsi).
Tuttavia, sebbene possa sembrare l’inizio di una nuova vita, quella dello schiavo liberato era in realtà una posizione sociale molto complessa: non più schiavi, ma nemmeno uomini nati liberi, i loro diritti – se ne avevano, e nel caso in cui venissero rispettati, perché ricordiamo che siamo nel Settecento – ricadevano in un’area giuridica grigia, poco regolamentata. Era inoltre sempre presente il rischio di venire catturati e venduti un’altra volta, in un atroce circolo vizioso.
Fu proprio per evitare questa fine che Olaudah Equiano decise di trasferirsi in Inghilterra, dove non solo prese parte a spedizioni abolizioniste, ma fu anche un attivista e un membro delle società che si battevano per abolire la schiavitù.
Sposò una donna inglese, Susannah Cullen, e con lei ebbe due figlie. Tuttavia la loro vita familiare fu tutt’altro che rosea: la moglie morì a soli quattro anni dal matrimonio, e lui se ne andò l’anno seguente, nel 1797; delle figliolette, invece, soltanto la minore arrivò all’età adulta.
L’incredibile storia di Olaudah Equiano, o Gustavus Vassa, detto l’Africano: ecco di cosa parla il libro
L’opera più famosa di Olaudah Equiano, che, insieme al resoconto dei suoi viaggi, l’ha reso famoso tra i contemporanei e i posteri, è una sua auto biografia, pubblicata in Italia da Occam editore: L’incredibile storia di Olaudah Equiano, o Gustavus Vassa, detto l’Africano. Il libro, pubblicato per la prima volta nel 1789, rappresenta uno dei primi esemplari di testi appartenenti alla letteratura africana ma scritti in lingua inglese.
Questo particolare, che all’epoca influiva principalmente per quanto riguarda la diffusione del volume (difficilmente un europeo medio avrebbe letto un libro scritto in una lingua straniera, tanto più nel caso in cui non si trattasse di opere inserite in una delle letterature considerate “maggiori”, come quella francese e inglese), oggi ricopre un ruolo molto importante nel dibattito culturale globale. Scrivere nella propria lingua madre, nell’idioma del proprio Paese e non della cultura colonizzatrice, rappresenta per tutti i popoli vittima dell’imperialismo occidentale un modo di rivendicare le proprie origini e il proprio patrimonio culturale, che spesse volte è stato oggetto di soppressione e tentativi di cancellazione e censura.
Nella sua autobiografia Olaudah Equiano tratta molti argomenti interessanti, ma anche complessi: non solo le esperienze e i viaggi intrapresi nel corso della vita, ma anche le tradizioni e usanze del suo paese natale. Non mancano poi, certamente, i resoconti del suo rapimento, del viaggio sulla nave negriera, della schiavitù e della vita da schiavo liberato. Insomma, si tratta di una testimonianza forte e in prima persona.
Inizia così una traversata delle zone di confine fra la vita e la morte in cui la natura umana si manifesta – come forse a nessun’altra latitudine – con assoluta brutalità. Ma Equiano decide di non abbandonarsi alla disperazione. Decide di vivere.
Insieme al suo padrone, lascia le Americhe e percorre le vie del mondo: naviga fino in Inghilterra, solca l’Egeo e il Mediterraneo, visita la Turchia, l’Italia, la Spagna, ritorna in Africa, partecipa a una missione diretta al Polo Nord, convinto (con Orazio) che «chi va per mare cambia cielo, non animo». Combatte contro i francesi nella guerra dei Sette anni, commercia rum nelle Indie Occidentali, impara a leggere e riscatta la propria libertà.
Questa autobiografia è del 1789. Equiano la scrive per denunciare gli orrori dello schiavismo che oggi, in un mondo di migrazioni irreprimibili, ricordano altri orrori – a noi vicini.