Caro iCrewer, ti capita mai di sentire il desiderio di approcciarti a un grande classico, ma finire per rinunciare perché non ti senti ancora pronto? O magari iniziare, per poi lasciare tutto dopo qualche pagina, per colpa del linguaggio datato? Oggi ho voluto provare a dare una veste un po’ più leggera a un classico della letteratura giapponese: Storia di un tagliabambù.
Il Taketori monogatari, tradotto appunto come Storia di un tagliabambù, è la trascrizione del X secolo di una storia ancora più antica, tramandata precedentemente in forma orale.
È una storia di persone umili ricompensate, di pretendenti e prove da superare. È la storia della Principessa splendente che venne dalla Luna.
Storia di un tagliabambù
Tutto ebbe inizio con un tagliabambù, un taketori. Un uomo anziano, dedito al suo lavoro e a sua moglie. Ogni giorno, da anni, si avviava all’alba nelle foreste di bambù, e faceva ritorno solamente al calar del sole, una volta riempita la sua cesta. Ormai conosceva bene le piante, sapeva quando era il momento di tagliarle e quando lasciarle cresce.
Per questo, quando, improvvisamente, vide risplendere un bambù, rimase interdetto. Cosa stava accadendo? Si avvicinò, per vedere meglio, e ciò che trovò lo lasciò senza fiato: all’interno dello stelo c’era un bambina grande neanche un pollice, bellissima, dalla pelle rosea e con un ciuffo di capelli scurissimi in testa. Era lei a risplendere.
Con dolcezza e devozione, il tagliabambù la prese tra le mani e, portandosela al petto, decise che se ne sarebbe preso cura, che quella creatura meravigliosa sarebbe stata la figlia che gli dei non avevano mai concesso a lui e a sua moglie. La chiamò Kaguyahime, la Principessa Splendente, e la portò a casa con sé.
I due anziani capirono subito che la piccola non era di questo mondo: nel giro di pochi mesi, grazie alle loro cure amorevoli, crebbe fino a sembrare una bambina di qualche anno. Con il passare del tempo ella diventava sempre più bella, la sua pelle sempre più rosea, i suoi capelli neri sempre più lunghi, la sua luce sempre più calda. E più il tagliabambù e sua moglie la amavano, più la foresta li ricompensava: il vecchio trovò così tanto oro negli steli di bambù da poter costruire una casa più grande, quasi reale, adatta alla splendida Kaguyahime.
Si sa, i bambini non rimangono piccoli per sempre, e ben presto si formò una fila di pretendenti fuori dal cancello del taketori: tutti volevano prendere in moglie la fanciulla splendente. Peccato che lei non li degnasse neppure di un pensiero, figurarsi di uno sguardo veloce da dietro il paravento. E così, per giorni, settimane, mesi, anni, in due anziani cercarono di convincerla a scegliere qualcuno, a sposarsi, ma a nulla valsero le loro parole.
Finché un giorno, stanca delle pressioni del padre, Kaguyahime decise di dare una possibilità ai cinque giovani più testardi, che ancora si accampavano davanti alla sua casa, nella speranza di coglie anche solo il fluttuare delle sue vesti nel vento. Assegnò a ognuno loro una prova da compiere: chi fosse riuscito a portarle l’oggetto assegnato, avrebbe potuto sposarla.
Inutile dire che tutti e cinque fallirono nell’impresa. Ci fu chi si fece fabbricare il tesoro, senza nemmeno provare a mettersi in viaggio; chi delegò la ricerca; chi salpò e, poco prima di arrivare a destinazione, fu colpito da una tempesta così forte da costringerlo a desistere. Uno soltanto dei pretendenti tentò di recuperare da solo il tesoro richiesto ma, ahimè, perì. Solo per lui Kaguyahime provò compassione e un po’ di tristezza.
Non c’è da stupirsi che anche l’imperatore, una volta che la notizia dell’esistenza di una principessa splendente raggiunse le sue orecchie, volle corteggiarla. Le promise ricchezze, una vita di agi, le mandò componimenti d’amore, ma Kaguyahime rifiutò anche lui. Non era nel suo destino di unirsi a un uomo di questo mondo.
Perché, come il tagliabambù aveva intuito fin dal primo sguardo, Kaguyahime non era destinata alla Terra, ma alla Luna. E così, in una notte di plenilunio, un’esercito celeste venne a prenderla e lei, indossata una veste di piume, ascese al cielo, per tornare alla sua vera casa. Piangeva calde lacrime, la principessa splendente, perché sapeva che non avrebbe dovuto lasciare solo gli anziani genitori adottivi, ma anche i ricordi della vita che con loro aveva vissuto.