Quella di Steven Bradbury non è solo una storia da raccontare. È molto di più! All’epoca dei fatti la definirono una favola olimpica e non avrebbero potuto esprimersi diversamente. Sa di straordinario, quasi inverosimile per il percorso agonistico dell’atleta e soprattutto l’epilogo finale che ha il sapore del miracolo.
Steven Bradbury, la forza di lottare
Ma andiamo per ordine. Steven nasce in Australia nel Queensland un sobborgo di Sydney, nel 1973. I genitori lo vorrebbero voluto campione di surf o di cricket ma a Steven, strano ma vero, piaceva pattinare. A 8 anni comincia ad allenarsi e a 16 anni conquista la sua medaglia d’oro ai mondiali nella gara a staffetta di Short Track.. Nella stessa categoria conquista un argento e un bronzo nei successivi mondiali e un terzo posto alle Olimpiadi invernali di Lillehammer, in Norvegia.
Sembra tutto perfetto ma nel ’94 durante la gara dei 1500 mt valida per la Coppa del Mondo a Montreal Steven perde l’equilibrio cadendo sulla lama del concorrente italiano Mirko Vuillermin. Nella caduta la lama dell’avversario lo colpisce all’altezza del quadricipite recidendo l’arteria femorale. Nonostante l’eccessiva emorragia, 111 punti di sutura Bradbury riesce faticosamente a ritornare all’attività agonistica.
“Dopo 18 mesi di riabilitazione non ero più lo stesso. Lo sport mi aveva dato molto. Lo sport mi aveva tolto tutto”
La sfortuna vuole che l’australiano, nel settembre del 2000, durante un allenamento battendo la testa contro il bordo della pista, riporti la frattura del collo e di due vertebre. Per tutti una carriera finita ma non avevano fatto i conti con la resilienza del giovane australiano che fa di tutto per ritornare a gareggiare. Dopo due anni di riabilitazione e sacrifici di ogni tipo Steven si presenta alle Olimpiadi invernali di Salt Lake City. Non ha grandi changes ma è consapevole che dopo tante disavventure essere lì è già una vittoria
Steven Bradbury mai smettere di sognare
Non contento si iscrive a tutte e quattro le gare di short track, staffetta a squadre, 500, 1000 e 1500 metri individuale, la medaglia è un obiettivo troppo ambizioso ma perché non provarci? Potrei descriverti ciò che è accaduto ma lascio a Steven l’onore di raccontarti il finale di questa incredibile avventura alle olimpiadi. Sono le sue parole durante un’intervista prima di entrare in gara…
“Per togliermi quel poco che mi era rimasto arrivò un altro grave infortunio in allenamento nel 2000. Collo fratturato e sei settimane bloccato da un collare. Tutto perso, ma io volevo andare assolutamente ai Giochi Olimpici del 2002. E oggi sono qui. Anche se arriverò ultimo.
“Scusate devo andare. Sono già stato eliminato al primo turno sui 1500 m.Nei 1000 m. non ho speranze.Superare il turno è difficile, quasi impossibile, ma essere alle Olimpiadi mi basta. Anche se con tanta rabbia.Vado, poi vi faccio sapere come è andata…
Tornato. Non ho parole. Vi racconto.
Ero ultimo, e questo lo sapevo già, quando davanti a me il giapponese è stato toccato dal canadese, rallentandolo. Io sono riuscito a passare, arrivando terzo. Ma passavano il turno i primi due. Pensavo di essere fuori, eliminato. Invece…
“E invece farò le semifinali, perché hanno squalificato il secondo arrivato. Sono contento, un po’ di fortuna mi ci voleva anche se in semifinale non ho speranze.Troppo forti i miei avversari, troppo debole io. E’ ora. Vado fa fare la semifinale, poi vi dico”
“Eccomi qua. Sorrido. Non so che dire.
Ero ultimo, il gruppo mi aveva distaccato, quando il coreano ha perso aderenza cadendo. Nella confusione sono riuscito a passare arrivando secondo. Anzi no. Primo, perché quello davanti a me è stato qualificato. E così sono in finale. Incredibile. E il pensiero corre a quei diciotto mesi angoscianti dopo l’incidente. E’ solo grazie alla mia forza di volontà se sono ancora qui, in finale .Arriverò ultimo, sicuro, ma non importa.
Vado a fare la finale. Ci sentiamo tra poco.
Quelle immagini fecero il giro del mondo. Sulla linea di partenza i fortissimi Li Jiajun, Apolo Ohno, il coreano Hyun-Soo Ahn e il ripescato Mathieu Turcotte. Quello che è accaduto in quella gara è scritto nelle storie incredibili dello sport.
La gara inizia con i favoriti già in testa. Steven è in ultima posizione ma a venti metri dal traguardo, nello sprint finale i primi quattro concorrenti si toccano cadendo uno dopo l’altro. Rimane in piedi solo l’australiano che taglia per primo il traguardo tra la sorpresa generale. Increduli anche i tecnici della federazione australiana che alla fine esultano con Steven per l’oro conquistato.
All’epoca la vittoria non fu certo gradita agli esperti del settore, si gridò alla beffa, che l’oro di Steven Bradbury non fosse meritato, in molti chiesero la ripetizione della gara ma il rifiuto fu netto. Di una cosa la giuria era certa. non era stato l’artefice dell’accaduto. Ho scelto di inserire nell’articolo questa foto, mi sembrava quella giusta. Il sorriso di Steven con la medaglia parla da sola. Racconta della felicità di chi ha sempre creduto in se stesso, di chi, lottando contro un destino avverso, è riuscito a superare le difficoltà, meritando alla fine di conquistare la propria medaglia. E non fa nulla se conquistato in altro modo, prima o poi, ciò che è tolto, in qualche modo viene restituito e poi i miracoli esistono anche nello sport!