I cambiamenti della società visti attraverso il mondo del pallone
La mia impressione è che siamo ormai, incapaci di guardare indietro e di fare tesoro di un passato ancora legato ad esempi di dignità e onesta sportiva. Il calcio, purtroppo, ne è un esempio lampante. Un movimento sportivo intorno al quale girano interessi ormai fuori da ogni controllo, non è testimone di spessore culturale e identitario, anzi, è catalizzatore di malumori sociali che poco hanno a che fare con valori di aggregazione. Non è facile riflettere su dinamiche così palesi, ma se queste arrivano da penne illustri allora vuol dire che un fondo di verità esiste.
La protesta più forte arriva con le riflessioni di due giornalisti importanti, due penne di qualità nel mondo del giornalismo sportivo davanti al quale m’inchino e con i quali condivido i timori e i pensieri. Storia reazionaria del calcio edito da Marsilio, raccoglie le riflessioni non certo positive di due esimi giornalisti Massimo Fini e Giancarlo Padovan che, devo dire, non sono andati tanto per il sottile.
Non abbiamo bisogno di ribelli, scrive Massimo Fini, ma di rivoluzionari.
Riflessioni dure perchè “il troppo stroppia sempre.” Fomentare per risolvere è fuori da ogni logica e se a farlo è un sistema radicato su presupposti legati alla commercializzazione dello sport più amato nel mondo, vuol dire che i criteri sui quali sono state poste le basi per tutelare e aggregare ora, inevitabilmente, dividono anche in termini di intolleranza. E questo, credo, la dice lunga su quello che è la risposta della società in termini di rifiuto della realtà stessa. Insomma “il calcio come lo specchio della nostra società”! Mi chiedo, Siamo ad un punto di non ritorno? O abbiamo ancora la possibilità di guardare, paradossalmente, al passato per ritornare a respirare un futuro diverso, magari passando per una riconversione del sistema?
Il libro dei due giornalisti lo spiega molto bene…
“l calcio, come la musica, come le arti in genere, è uno specchio, e non dei più marginali, della società, dei suoi cambiamenti, delle sue trasformazioni, della sua evoluzione o involuzione. Massimo Fini e Giancarlo Padovan lo affrontano da questo particolare punto di vista. C’è un’enorme differenza fra come si intendeva il calcio, sia in senso tecnico che, soprattutto, sociale nei più semplici e naïf anni Sessanta e come lo si vive oggi che sul campo hanno fatto irruzione l’economia e la tecnologia (televisione, moviola, Var), le divinità dominanti della nostra società a cui tutto, a cominciare dall’uomo, viene dato in sacrificio. Naturalmente questo discorso sostanzialmente filosofico passa qui, vista la materia che i due autori si sono scelti, anche per il racconto di partite, di gol, di azioni spettacolari, di giocatori, di uomini, di emozioni e di sentimenti, vissuti sul campo e fuori dal campo. Il libro dovrebbe appagare quindi anche le curiosità e le rivalità, che del calcio sono l’anima, dei tifosi oltre che di coloro che lo guardano da più lontano. Si tratta insomma di un libro per tutti e non solo per addetti ai lavori.”
Credo sia importante leggerlo, perchè il pensiero di pochi possa essere fonte d’ispirazione per la riflessione e una inversione di tendenza per i molti, me lo auguro davvero!
Conosciamoli meglio i due autori…