Oggi dedico il mio spazio ad uno sport che molti definirebbero maschile ma che, in verità attira, e anche in modo evidente, le donne. Sto parlando del Rally, “corse automobilistiche che si svolgono su strade pubbliche o sterrate usando macchine da competizione provenienti da marche di modelli stradali” (così la definizione). Detto questo, immagina per un attimo cosa vuol dire correre a 150 km orari su una strada normalissima e magari piena di curve, con un compagno navigatore che ti indica la strada avendo come obiettivo di tagliare il traguardo nel minor tempo possibile. A me certamente verrebbero i capelli ricci ma per chi ama la velocità e i motori, senza nulla togliere alla Formula 1, questo è certamente un sport affascinante. Il desiderio adrenalinico di volare con le quattro ruote è in qualche modo il motore fisiologico che spinge i corridori a sfidare la sorte in ogni gara, anche perché, diciamocelo, in questo tipo di manifestazioni tutto può accadere e la cosa più assurda è sapere di esserne consapevoli.
Perchè ho scelto di parlare di rally? Se sei innamorato della Formula 1 e di motori, non puoi non sapere che proprio in questi giorni si sta correndo il Rally Dakar!!! Eh già, caro lettore, come ogni anno, dal 4 al 17 gennaio prende vita il rally più pericoloso ma più affascinante del mondo, al quale partecipano auto, moto, autocarri, quad e side by side (piccoli fuoristrada). Una gara al limite della sopravvivenza che parte da Parigi per percorrere 7800 km di cui 5000 attraversando canyon, montagne, oasi e dune del deserto, con l’obiettivo (sempre se tutto va bene) di tagliare il famoso traguardo.
Il desiderio di parlarne è nato dal fatto che proprio il 12 gennaio, durate la settima tappa del Rally Dakar (questa è l’attuale denominazione della gara) da Riyad a Wadi Al Dawasir in Arabia Saudita, si è purtroppo dovuta registrare la scomparsa del pilota portoghese Paulo Congalves del team Hero, a causa di una brutta caduta mentre rra in sella alla sua moto che lo ha accompagnato nelle tredici edizioni alle quali lo sfortunato pilota aveva partecipato e anche con onore. Erano cinque anni che non si registravano episodi così tragici, ma non si può certo affermare che questa incredibile avventura non sia stata macchiata da episodi del genere anzi, dal 1979, anno in cui la competizione è stata ideata, sono 71 i piloti che purtroppo hanno perso la vita.
La particolarità della Parigi Dakar, nonostante sia in effetti molto pericolosa, sta proprio nel percorso estremamente impervio ma molto suggestivo così come è suggestiva e molto interessante la storia di questa gara. Facciamo un passo indietro e torniamo a quel 1977 quando Thierry Sabine, un pilota di rally francese, impegnato con la sua Yamaha XT 500 nella Abjdian Nizza, fu salvato in extremis dagli algerini nel deserto nelle vicinanze di Dakar. L’episodio fu immediatamente raccolto dal francese che, tornato in Francia, cominciò a darsi da fare per trovare i finanziamenti necessari alla realizzazione del suo progetto: una gara che potesse suscitare emozioni non solo per la complessità della stessa quanto avvicinare l’Europa all’Africa. Insomma un specie di gara per piloti senza paura e pronti a tutto, tutti insieme da tutto il mondo, capaci di sfidare le intemperie, il fango, la pioggia ma soprattutto le incognite del deserto, senza troppe soste o aiuti di nessun genere, una vera e propria gara per “immortali” come fu definita dallo stesso Sabine. La prima edizione partì nel ’79 da Parigi con 182 piloti sulla linea di partenza, ma dopo aver percorso 10.000 km attraversando l‘Algeria, il Niger, il Mali e il Burkina Faso, a Dakar ne arrivarono solo 74. Per 12 edizioni il percorso della Parigi Dakar fu rispettato in tutte le sue regole e soprattutto dal suo fondatore che la seguì con grande accuratezza fino al 1986, anno della sua scomparsa a causa di un incidente con l’elicottero con il quale seguiva la gara.
La pericolosità del percorso e le dinamiche politiche legate a rivendicazioni anticolonialiste nei confronti della Francia, hanno poi costretto gli organizzatori a modificare i percorsi; devi sapere che nel 2008, quattro turisti francesi sono stati uccisi in Mauritania dai briganti del deserto, motivo per il quale la gara è stata spostata in Sudamerica, seguendo un percorso che attraversa l’America Latina tra il Perù, il Cile e l’Argentina.
Di certo della vecchia Paris Dakar è rimasto ben poco, ma se hai voglia di conoscerne la storia nei suoi particolari più emozionanti puoi scoprirli leggendo Thierry Sabine e la sua Parigi Dakar di Jean Luc Roy, edita da Mare Verticale dedicato proprio a Sabine. La gara è sbarcata in Arabia Saudita, quest’anno alla linea di partenza si sono presentati 351 veicoli per un totale di 557 concorrenti, tutti pronti per attraversare il deserto e raggiungere, costeggiando il Mar Rosso, la città di Qiddiya a sud di Rijad. Sono andata a sbirciare tra i concorrenti e ho scoperto che tra i partecipanti pronti a sfidare il deserto abbiamo il due volte campione del mondo Fernando Alonso mentre per l’Italia, sono pronti a partire Jacopo Cerutti, alla sua quinta Dakar, e Maurizio Gerini compagno di squadra di Cerutti nel team Solarys Rasing.
Se hai voglia di seguire le tappe di questa incredibile gara non devi fare altro che seguirla in live streaming su sportmediaset ma il mio consiglio è di ritagliarti un bel pomeriggio per gustare il libro su Sabine, è davvero molto bello.
Buona Lettura e Buona Parigi Dakar!