Il mio omaggio a Jesse Owens, l’olimpionico che ha sconfitto la guerra.
No so se questo nome ti suscita curiosità o interesse, ma se in qualche modo avrai sfogliato i libri di storia non puoi non aver compreso chi fosse e cosa abbia rappresentato Jesse Owens nella storia dello sport. Non è solo questione di risultati, lo sport racconta da sempre di atleti meritevoli, ma qui siamo davanti a qualcuno di speciale. Jesse Owens è la storia stessa, quella che si studia sulle pagine scritte di chi ha vissuto gli anni tristi del Nazismo, di chi ha lottato per difendere con coraggio la libertà di agire e di pensare. Di lui si sono occupate intere pagine, ma la storia di quest’uomo coraggioso è scritta nella sua autobiografia L’uomo che sconfisse Hitler, edito da Piano B, un libro che ti consiglio vivamente di leggere per comprendere meglio quanto è importante e quanto sia fondamentale lottare per la propria e l’altrui dignità. Nel frattempo ti parlo di lui, della sua vita, del suo coraggio, un’eredità che l’umanità intera dovrebbe difendere e custodire gelosamente .
Ti racconto di un piccolo uomo di colore, James Cleveland Owens, settimo figlio di una famiglia poverissima dell’Alabama dove la grande depressione e il razzismo esasperato degli stati del sud rendono la vita troppo complicata. Nella speranza di una vita migliore la famiglia di James si trasferisce a Cleveland, le cose cambiano, cambia anche il modo di pronunciare il suo nome che, storpiato dall’accento meridionale si trasforma in Jess.
Cambia anche la sua vita quando, nel periodo universitario in Ohio, scoprono che il piccolo uomo di colore è velocissimo ed è bene non lasciarlo andare. Jesse comincia ad allenarsi, lui è figlio di quel sud abituato a lottare per conquistare il minimo, non è difficile sacrificarsi per raggiungere i tempi necessari per gareggiare. Ci riesce e nel 35 conquista in una sola gara, tre record del mondo e ne eguaglia un quarto che già gli apparteneva; lui continua ad allenarsi, nel suo futuro, la possibilità di partecipare alle Olimpiadi di Berlino è concreta ma è una decisione che gli Stati Uniti prendono con cautela, siamo nel ’36 e il mondo intero sta già facendo i conti con la follia del nazismo, si paventa la possibilità di boicottare i Giochi, ma alla fine a vincere è il desiderio di dare un altro senso alla sofferenza. Jess non ci pensa un secondo e nell’agosto del 1936 vola a Berlino per prendere parte agli undicesimi giochi dell’Olimpiade moderna.
E’ la prima volta nella storia in cui un tedoforo porta la fiaccola per dare inizio ai giochi, la prima volta in cui vengono ripresi dalla televisione, Hitler vuole che tutto sia come deve essere, è tranquillo che la sua razza non avrà avversari, ma non ha fatto i conti con quell’uomo piccolo e nero, dallo sguardo fiero, capace di conquistare 4 medaglie d’oro tra i 100 e i 200 metri, la staffetta 4×100 e il salto in lungo. In questa gara, Owens compete con un atleta ariano, Luz Long il quale aveva l’onere di portare a casa la medaglia d’oro, ma non c’è niente da fare, Jesse vince l’oro e a Long non rimane che accontentarsi del secondo posto.
Ti riporto una aneddoto che anche a me era sconosciuto ma è molto importante perchè molto diverso da ciò che è stato riferito fino ad ora.
La leggenda vuole che, dopo la vittoria di Owens su Long, Hitler si sia alzato lasciando lo stadio per non dover stringere la mano al ragazzo nero. In realtà ciò non accadde. Dopo essere sceso dal podio Owens passò davanti alla tribuna d’onore e ricevette il saluto di Hitler che, da lontano, agitò la mano in direzione di Jesse. Lo stesso “Omaggio” non gli venne reso in patria da Roosevelt, il quale, impegnato nella campagna presidenziale, preferì non incontrare l’atleta di colore per evitare di perdere i voti dei conservatori.
Questa è la gara originale dei 100 metri corsa da Owens quel giorno del 1936… è una grande emozione!
Gli americani sono razzisti contro i “neri” non gli europei