Lo storico attaccante e leggenda del Cagliari e della Nazionale Italiana Gigi Riva oggi, 7 novembre 2022, compie 78 anni. Un mito del calcio d’altri tempi: tre volte capocannoniere della Serie A, eroe dello storico scudetto del Cagliari, miglior marcatore azzurro con 35 gol in 42 partite con un europeo vinto nel 1968 e vicecampione del Mondo nel 1970 con la Nazionale. La sua vita, così intensa, sempre in lotta con il suo destino, con un’infanzia difficile e con i suoi infortuni ha deciso di raccontarla lui stesso nella prima autobiografia uscita il 1 novembre, edita da Rizzoli.
Ma prima di diventare una stella del calcio storico italiano, chi era Gigi Riva?
Gigi Riva: dall’infanzia difficile al riscatto
La mia è la storia di un uomo che, tutto sommato, è stato fortunato, perché sognava di diventare bravo in un gioco che poi è diventato un lavoro. Ma molte cose di questo genere le sacrificherei volentieri per correggere un po’ la mia infanzia.
Luigi Riva, detto Gigi, nasce a Leggiuno il 7 novembre del 1944 e la vita non gli riserva un’infanzia tranquilla ma difficile e piena di dolori: il padre muore quando lui ha solo nove anni, la sorella due anni dopo e la madre ha due lavori (anche lei mancherà nel 1962) per cercare di mantenere la famiglia; un ragazzo che deve diventare subito uomo, con un carattere già forgiato, schivo, ribelle, combattivo che lo segnerà per tutta la vita.
Ma oltre al peso delle disgrazie, Riva viene mandato in collegio dai preti, a Viggiù, a Varese e a Milano e scappa diverse volte.
Non sopportavo il peso, l’umiliazione di essere poveri, le camerate fredde, il mangiare da schifo, il cantare ai funerali anche tre volte al giorno, il dover dire sempre grazie signora grazie signore a chi portava il pane, i vestiti usati, e pregare per i benefattori, e dover stare sempre zitti, obbedienti, ordinati, come dei bambini vecchi.
Quel ragazzo così allergico allo studio, introverso, nostalgico dei boschi, degli amici e delle partite all’aria aperta, dopo il Leggiuno passa al Laveno, poi al Legnano per approdare finalmente al Cagliari, nella terra sarda che diventerà suo punto di riferimento e dove spiccherà il volo come rombo di tuono.
Gigi Riva: il rombo di tuono del calcio
Il Cagliari ha subito infilato e umiliato l’Inter. Oltre 70.000 spettatori: se li è meritati Riva, che qui soprannomino Rombo di Tuono.
È uno dei più grandi giornalisti sportivi italiani, Gianni Brera, a soprannominare per la prima volta Gigi Riva in Rombo di tuono: siamo nel 1970, e il Cagliari diventa un toro scatenato, una furia in una strepitosa partita a Milano contro l’Inter, che batte per 3 a 1. Un attaccante come pochi Riva, che oltre al gran numero di reti messe a segno in carriera, aveva un sinistro potentissimo.
Da ala la leggenda del calcio è diventata nel corso della sua carriera un puro centravanti veloce e abile. Tra gli aneddoti si racconta che la sua potenza era tale da aver spezzato il braccio a un giovane raccattapalle, e che quando giocava in casa Riva era capace di orientarsi osservando i tabelloni pubblicitari, riuscendo ad aver perfetta cognizione della posizione della porta anche quando le voltava le spalle.
Il rombo di tuono amava i palloni alti, il suo tuffo di testa lo ricordiamo in due occasioni memorabili: contro la Germania Ovest che portò l’Italia a Messico ’70 o in acrobazia nel gol contro il Lanerossi Vicenza nel 1969/70.
L’autobiografia: Gigi Riva. Mi chiamavano Rombo di tuono
Ed è stato il calcio, solo il calcio scoperto da bambino all’oratorio di San Primo giusto davanti a casa, a trasportarlo oltre un’adolescenza drammatica, costellata da una catena di lutti famigliari le cui tracce sono rimaste incancellabili. Dribblava Don Piero e lasciava andare un sinistro già fuori ordinanza, che sarebbe poi diventato ciclonico piuttosto che omerico nell’interpretazione del sommo cantore, Gioanbrerafucarlo.
Divenne Giggirriva per il suo talento purissimo, per la passione feroce che dentro gli ruggiva.
Questo è un estratto della prefazione di Gigi Garanzini, il giornalista che è riuscito nell’impresa di collaborare con il mito Gigi Riva nella stesura del suo memoir intitolato Gigi Riva. Mi chiamavano Rombo di tuono, edito da Rizzoli, in uscita già dal 1 novembre.
Ma le novità non sono finite qui: proprio oggi, esce, in occasione del compleanno dell’ex attaccante rossoblu, il docufilm di Riccardo Milani Nel nostro cielo un rombo di tuono, che celebra la gloria di un giocatore entrato nel mito anche grazie al rapporto instaurato con la Sardegna e con un popolo intero. Il mito che seppe dire di no alle lusinghe dei soldi per abbracciare i propri valori, tra coerenza ed integrità morale.
Intanto, ecco la sinossi dell’autobiografia che non puoi perdere!
Vado per gli ottanta. L’ultima partita l’ho giocata che non ne avevo trentadue, e sarà anche vero che dura un attimo la gloria ma poi portarsela dentro per tutto questo tempo senza più la possibilità di rinverdirla è durissima. Anche un po’ crudele. Inizia così Gigi Riva la sua lunga, eccezionale confessione autobiografica che in questo libro affida alla penna esperta di Gigi Garanzini. Monumento assoluto del calcio, Riva è un uomo profondamente
Eppure – sono pochi ormai quelli che possono ricordarselo –, per alcuni anni Gigi Riva stregò il mondo con il suo istinto per il gol, diventò un mito (le due star più attese al Mondiale del Messico 1970 erano lui e Pelé) e dimostrò sempre personalità forte e decisa, anche con la scelta di legare tutta la propria carriera al Cagliari, rifiutando offerte stellari. Queste pagine schiudono un mondo antico, forse irriconoscibile per i giovani di oggi, ma proprio per questo di grande ispirazione.
un’infanzia segnata da diversi lutti familiari nell’Italia impoverita del Dopoguerra, a diciott’anni Riva salì su un aereo a elica che in tre tappe lo portò da Varese a Cagliari, una destinazione che allora sembrava più lontana dell’Antartide. Ma la Sardegna lo accolse come la madre che non aveva più, e non dovette passare molto tempo perché partisse la cavalcata del Cagliari verso lo scudetto ed esplodesse – per lui eroe schivo e affascinante come Hud il Selvaggio interpretato da Paul Newman – la gloria con i 35 gol segnati per l’Italia.
Però le fiabe più belle finiscono sempre troppo presto e fu proprio la Patria, a cui Riva sacrificò ben due gambe, a interrompere bruscamente la sua formidabile avventura. Chissà quanto ancora ci avrebbe fatto sognare se fosse durata anche solo un po’ di più.