Sport e Covid! Un binomio esplosivo. L’uno esclude l’altro. L’uno disgrega ciò che l’altro vuole unire. E non è solo una forma di socialità. Lo sport lega virtualmente i propri campioni a coloro che ne diventano sostenitori. E quasi un rito sacrale. Si è insieme nella buona e nella cattiva sorte. Questa volta è un virus a dettare le regole e guai a non rispettarle. Qual è il prezzo?
Sport e covid, Cosa è cambiato?
Mi sono posta questa domanda guardando ieri sera la finale degli Internazionali di Tennis a Roma. In campo Novak Djokovic, contro il giovane campione di turno. Chi mastica il tennis non può non conoscerlo e inchinarsi alla bravura del numero uno del mondo.
Eppure a calamitare la mia attenzione non sono stati gli imprendibili rovesci del serbo quanto vederlo giocare con gli spalti praticamente vuoti. Un impatto forte. Il campo centrale del Foro Italico di Roma, capace di contenere oltre 10. 500 persone, sembrava l’ombra di sé stesso. Le decisioni prese dal ministro Spadafora sono state chiare. Solo mille le persone a cui è stato concesso di godersi la finale chiaramente a debita distanza. Nonostante la salute abbia in ogni caso la priorità, ho provato rammarico.
Ho immaginato per un attimo di essere al centro di quel campo e di guardarmi intorno. Non è stata una sensazione gradevole e non deve esserlo stato neanche per il campione dei campioni. Giocarsi la sfida più grande nel silenzio più totale non lo avrà certo riempito di gioia. Ogni sguardo di approvazione cercato verso l’alto era annullato da un altro di inevitabile rassegnazione. A parte il suo team i pochi applausi si perdevano nell’immensità della location e se vogliamo dirla tutta, la consapevolezza di portarsi a casa la coppa e un assegno con molti zeri era già nell’aria.
E se per Djokovic le soddisfazioni sono all’ordine del giorno, penso a tutti i giovani che a questa esperienza si sono avvicinati in punta di piedi e che magari avrebbero il bisogno di contare sui propri affezionati.
Spesso non solo gli errori tecnici a rendere tutto più difficile quanto le reazioni psicologiche alla situazione. Sono le più dannose e non sempre superabili. Allora si guarda in alto, si cerca il volto amico, quello che dà la carica, la forza per reagire.
Ho preso spunto dal tennis ma è un concetto che abbraccia quasi tutti i settori. Il calcio in primis, dove l’appartenenza ai colori spesso rappresenta l’ago della bilancia nei risultati. Non solo, pensiamo all’atletica leggera, agli sport di squadra. Nei giorni scorsi si sono svolti gli assoluti italiani di atletica leggera e attualmente, anche i campionati italiani juniores a Grosseto e gli allievi a Rieti.
Sport e covid, dalla pandemia si può imparare?
Ragazzi giovanissimi che per la prima volta si sono affacciati nel mondo difficile ed entusiasmante dell’agonismo con la voglia di far bene, di dare un senso concreto ai sacrifici fatti. La posta in gioco, almeno per loro, è alta, sono le prossime olimpiadi sempre che anche queste non diventino una chimera. È un modo per ricominciare, cercando una diversa e complicata normalità. Ma è comunque difficile.
La realtà, quella vera, è che tutti indistintamente, campioni navigati o giovani promesse, dovranno guardare avanti con occhi diversi Non è più sufficiente allenare la tecnica o aumentare la resistenza. Sarà fondamentale per tutti allenare la mente più che il muscolo, sviluppare le dinamiche psicologiche più che automatizzare i gesti. Non voglio stigmatizzare ma se alla base di ogni metodologia fosse inserita la meditazione non sarebbe una decisione sbagliata. Sarebbe un modo per superare i momenti difficili senza troppe conseguenze. Chissà, arrivo a pensare che il virus non abbia poi creati danni irreparabili. In qualche modo ha costretto tutti a guardare le cose della vita in maniera diversa. A contenerci nelle reazioni, controllare gli stati d’animo, assumere atteggiamenti meno provocatori.
Una nuova impostazione educativa per aiutarci a capire che alla fine, ognuno dovrà fare i conti con se stesso senza aspettarsi nulla. Una nuova regola di vita che nello sport potrebbe fare la differenza.
Trovare in se forza, capire i momenti e saperli superare anche se alzando lo sguardo non troviamo nessuno. Dalle situazioni estreme si può sempre imparare qualcosa. Il rispetto delle regole in fondo non è alla base dello sport? Sì, lo è, e se le regole non sono più quelle di una volta, va bene ugualmente. Si può affrontare tutto, con una mascherina e senza lo sguardo amico. Chissà, magari i risultati che arriveranno saranno migliori di quelli attesi!