La notizia è di quelle da leccarsi i baffi: Arancia meccanica, il film cult di Stanley Kubrick, torna nelle sale a fine mese per celebrare i cinquant’anni dalla sua uscita. Era infatti il 1971 quando il grande regista adattò al grande schermo il romanzo distopico scritto nel 1962 da Anthony Burgess.
Trovo che queste celebrazioni siano fantastiche. Diventano l’occasione per apprezzare seduti in sala quei film che per ragioni anagrafiche abbiamo potuto gustarci soltanto dal divano, magari spezzettando la visione perché presi da altre duecentomila cose.
A tal proposito, e a proposito di classici, penso sia giusto ricordare che anche Harry Potter e la pietra filosofale festeggerà le sue prime due decadi con un ritorno al cinema nelle prossime settimane.
Per entrambi i capolavori, culto per ragazzi di generazioni diverse, si tratterà di un solo weekend; del resto una festa è tale se si esaurisce in un determinato lasso di tempo, altrimenti diventa normalità.
Arancia meccanica: un libro diventato film cult
Tranquillo caro iCrewer, non voglio certo rubare spazio alla nostra nuova rubrica libri e cinema, ma utilizzare queste due news per fare un tuffo nel passato e tornare a quando avevo vent’anni e mi riempivo di libri che consideravo “ribelli”.
Arancia meccanica fa parte di quella schiera, senza dubbio, almeno per la percezione che avevo del mio diventare grande rispetto al mondo che mi circondava. Sognavo, e credevo, di essere un tipo alternativo tenendo sotto braccio i libri degli autori della beat generation: Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Ferlinghetti e via dicendo.
Onestamente non ricordo con esattezza il periodo in cui ho letto il libro dell’autore britannico Burgess, ho solo vaghi ricordi del giorno in cui l’ho acquistato, credo in una libreria di Milano un giorno che non mi andava di seguire la lezione in Università. I risultati si sono visti, non mi sono mai laureato :-). Ancor peggio, non saprei proprio dove andare a cercarlo se volessi rileggerlo oggi.
Proprio così. Hai mai pensato, amico lettore, a come sarebbe rileggere oggi, da adulto, i libri – chiamiamoli classici – che hai letto durante la tua adolescenza o comunque da ragazzo?
Ma soprattutto, la domanda campale è… ricordi dove sono andati a finire? I miei probabilmente saranno in qualche scatolone nella cantina dei miei genitori. Lo dico spesso, scrivendo articoli qui, dovrei decidermi ad andare a concludere questo benedetto trasloco, ma non lo faccio mai.
Anche perché troverei dei titoli che per questa rubrica sarebbero manna piovuta dal cielo, almeno per quello che intendo io riferendomi ai classici di quando eravamo ragazzi noi della generazione X, noi degli anni ’90.
Arancia meccanica, ma anche On the road, La città e la metropoli e I sotterranei di Kerouac, L’Urlo di Ginsberg, se si vuole stare sui testi degli anni della controrivoluzione, oppure Jack Frusciante è uscito dal gruppo e Bastogne di Brizzi o Uto di Andrea De Carlo se si vuole pensare alla decade dominata da Oasis e Spice Girls.
Sono solo dei titoli che mi vengono in mente e di sicuro campeggiano da molto tempo in quei famosi scatoloni. Titoli che come detto mi fanno sorgere la domanda: Ma rileggerli oggi? A quaranta e passa anni?
Per ora amico iCrewer la lasciamo lì, ferma a sedimentare; magari diventerà lo spunto per un prossimo articolo che potremmo arricchire anche con il tuo contributo, se nel frattempo vorrai dire la tua con un commento. Mi farebbe molto piacere.
Tornando a bomba sul romanzo Arancia meccanica, è superfluo dire che si tratta di un romanzo distopico molto incentrato sulla violenza che risiede nell’individuo. Il protagonista Alex è un ragazzo incline alla delinquenza: insieme alla sua banda – i Drughi – trascorre le notti tra furti, stupri, pestaggi e omicidi.
Saranno i suoi stessi compagni a tradirlo e a causarne l’arresto. Una volta in prigione cercherà di redimersi puntando sulla buona condotta, ma un nuovo episodio di violenza renderà vani i suoi tentativi.
Si arriva così alla Tecnica Ludovico, quella che nella trasposizione cinematografica ha reso celebre il film diretto da Kubrick. Mi riferisco alle scene in cui Malcom McDowell, l’attore che interpreta Alex, viene legato a una sedia e viene costretto a guardare su un grande schermo scene di violenza inaudita. Il tutto con un macchinario sul volto che gli impedisce di chiudere gli occhi.
Burgess, l’autore del libro Arancia meccanica, si inventa questa Tecnica Ludovico che risulta essere una terapia dell’avversione. Al paziente, cioè Alex, viene somministrato un farmaco che provoca una forte nausea mentre per due settimane di fila è costretto a osservare scene violente.
Il risultato è che da quel momento in poi, anche al solo pensiero di un gesto violento il paziente avrà una forte e insopportabile nausea.
Il seguito del libro racconta la strada della redenzione di Alex, che una volta scarcerato, però, avrà grosse difficoltà a reinserirsi nella società.
E poi… e poi non posso mica spoilerarti il finale. Posso soltanto dire che ci sono due versioni del libro, una con un finale di speranza e una con un capitolo in meno che invece…
Chiudo con una bella curiosità legata a questo libro: in Italia le prime edizioni avevano come titolo Un’arancia ad orologeria, mentre dal 1996 si è optato per Arancia meccanica come il film. Del resto i due capolavori, letterario e cinematografico, vanno di pari passo.
Tu hai mai visto questo film? Oppure letto il libro?
Io credo che presto lo rifarò… anche perché c’è da rispondere alla domanda che ho lasciato in sospeso a metà dell’articolo.