Dalle pubblicazioni self a editore della Queen Edizioni: scopriamo di più su Anisa Gjikdhima
Caro iCrewer, oggi per la rubrica Sogni di carta è con noi Anisa Gjikdhima, apprezzatissima autrice e, da qualche mese, a capo della casa editrice Queen Edizioni. L’abbiamo incontrata in occasione del Rare Roma 2019 e ci ha concesso un po’ del suo tempo, nonostante la lunga fila di fan, per conoscere meglio lei e il suo percorso nel mondo dei libri e dell’editoria.
Partiamo da lontano, anche se non troppo. Come nasce la tua passione per la scrittura?
La mia passione per la scrittura nasce, in realtà a piccoli passi. Ho iniziato con piccoli pensieri, che si sono trasformati in piccoli racconti con gli anni, fino a che non ho trovato Wattpad dove ho scritto il mio primo romanzo a puntate. E’ arrivato tutto in modo molto naturale, ad essere sinceri. Non avevo deciso di fare la scrittrice, stavo passando un periodo molto difficile e ho iniziato a scrivere per superare un po’ le difficoltà emotive.
Quindi, possiamo dire che le tue storie nascono proprio da questo.
Esatto, dalle emozioni. Io ci metto quello che sento. Se sono arrabbiata, automaticamente il romanzo che sto scrivendo viene più forte, i personaggi molto più arrabbiati, quando sono serena il libro scorre in maniera molto più tranquilla. Tutto quello che provo si riflette nei romanzi che scrivo.
A quale dei tuoi libri e dei tuoi personaggi sei più legata?
Il libro a cui sono più legata è Brave Woman, il personaggio Kasandra. Perché Kasandra è un po’ la mia bambina, da proteggere e coccolare. Per costruire il suo personaggio ho dovuto fare molte ricerche, mi sono avvalsa della consulenza di uno psicologo. Questo perché Kasandra è nata non solo per dare voce alla sua storia, ma anche per fare del bene: volevo che il lettore leggesse il romanzo senza sapere che alla fine del romanzo avrebbe trovato una dicitura che spiegava che parte del ricavato andasse in beneficenza per i bambini che avevano subito abusi, argomento principale del romanzo.
Parlaci della tua partecipazione al Rare e di che tipo di esperienza è stata per te? E’ la prima fiera/festival a cui prendi parte?
E’ il primo Rare a cui prendo parte, ma come festival simili ho preso parto a Tempo di libri a Milano, come autrice self insieme ad altre autrici. Eventi del genere sono sicuramente interessanti perché conosci tanti lettori, che ti leggono ed è bello sapere cosa provano quando leggono i tuoi romanzi e confrontarsi con loro.
Il progetto della Queen nasce dal fatto che, come autrice self, avendo provato la strada dell’editoria classica, siglando un contratto con una nota casa editrice, mi sono fermata a riflettere sul fatto che non fossi soddisfatta di come gli editori trattassero gli autori e che, effettivamente, in self si stava molto meglio. Pertanto, ho alimentato questo desiderio di creare una casa editrice che fosse sia conveniente per l’autore che normalmente pubblica in self, ma che comunque fosse strutturata in modo da fare anche i propri interessi perché, comunque, si parla pur sempre di affari. Un autore, per noi, è un affare e bisogna essere realisti: l’autore è un numero, che non ha nulla di speciale per una casa editrice se non in termini di ritorno economico. La differenza sta nel come l’editore intende gestire il tutto. Da autrice self riesco a capire tante esigenze anche se sono editore, perché ho subito tutto sulla mia pelle e so cosa significa. Anche se non è facile essere il capo, perché è più facile essere odiati che amati, però si cerca di mantenere un equilibrio. Il progetto della Queen rappresenta un sogno, una passione che unisce lettura e scrittura e nel quale io posso decidere come devono andare gli eventi all’interno della mia casa editrice. Il percorso può essere diverso da quello delle case editrici tradizionali, ma a me piace comunque differenziarmi un po’ dagli altri e non fare sempre le stesse cose.
Cosa diresti ad una persona che si approccia alla scrittura per la prima volta e intende farne il proprio mestiere?
Uno scrittore non può partire con l’idea che la scrittura diventerà un mestiere. Deve scrivere quello che sente: può essere che domani io non abbia più nulla da scrivere e smetta di farlo, perché non ho nulla da raccontare. Non devo per forza di cose pubblicare un libro ogni anno perché quella deve diventare la mia carriera. Certo, fa comodo perché il self publishing ti permette di pubblicare qualcosa, però la scrittura deve essere una passione. Uno scrittore che veramente intende scrivere un romanzo, non si deve fermare davanti alle difficoltà o alle critiche. Le critiche ci sono, tante sono anche costruttive perché ti insegnano dove hai sbagliato e ti consentono di imparare qualcosa di nuovo. A me, ad esempio, è servito tantissimo. Ci sono stati blog che mi hanno fatto capire dove sbagliavo nei miei romanzi e, questo, mi ha permesso in quelli successivi di migliorare. L’importante è crederci: se si ha una passione bisogna crederci sempre fino in fondo.
Ringraziamo Anisa per la sua disponibilità e le facciamo i nostri migliori auguri per tutti i suoi progetti futuri. Al prossimo appuntamento con Sogni di carta!