Nessun posto è bello come casa mia.
Noel Langley, Il Mago di Oz
Paola Ferrero e le sue Sette Stanze
Cari iCrewers per la rubrica Sogni di Carta, ho il piacere di presentarvi Paola Ferrero e le sue passioni.
Vuoi raccontarci chi sei, Paola?
Sono nata a Torino, sotto il segno del Leone, ma sono stata concepita a New York per uno strano disegno del destino. Ho sempre amato la lettura e la scrittura di rimando. Come anche la danza, il canto e la pittura.
Ho frequentato per metà il Corso di Laurea in Storia e Critica del Cinema presso la facoltà di Magistero di Torino – ora DAMS – con una buona media. Ma ho abbandonato gli studi per lavorare.
Ho lavorato ovunque… dal negozio di alimentari al banco del mercato, facendo dalla baby sitter alla lavabicchieri in un locale, dall’ufficio al bar, dalla sala di registrazione alla commessa.
Come sei arrivata a scrivere con tutti questi impegni lavorativi?
Dopo aver riempito pagine e hard disk di lavori di ogni genere, ho pubblicato la mia prima raccolta di poesie Parole d’amore insano con Libero di scrivere, editore genovese free nel 2009.
Nel 2014 ho pubblicato con Lettere Animate il mio primo romanzo Gli attimi in cui Dio è musica, cui sono seguiti per lo stesso editore lo spin-off Vittorio, il racconto noir L’altra donna, il romanzo breve “Addio a Bodhgaya e il rosa Sette stanze.
Leggo sempre e di tutto, scrivo sempre e ovunque.
Quest’anno ho scelto di auto pubblicare la seconda raccolta di poesie L’universo è amore e sangue e di raccogliere i miei racconti in Presenze, entrambi usciti con Pubme.
Curo anche un mio blog personale, abbastanza visitato da lettori:[ninja_form id=null]
Ho collaborato con la rivista web Gazzetta Torino, per cui avevo creato la rubrica Pagine svelate.
Quali sono le tue passioni?
Ho avuto poche passioni vere e proprie, per fortuna. La prima, travolgente, è stata la danza. Ha bruciato dentro di me per anni e, in qualche modo lo fa ancora.
Dipingo, a volte, amo il disegno e mi piacerebbe saper modellare la creta. Mi piace cucinare, passeggiare e seguo alcune serie tv.
Da tre anni ho incontrato la mia attuale passione: la pole dance.
Siccome poi è impossibile vivere di scrittura, diciamo che la passione per le storie è il mio hobby costante da qualche anno – da circa trent’anni – e che temo che continuerò a praticarla a lungo.
Ci lasci la sinossi del tuo Sette Stanze?
La vita di Anton Eastman è giunta a un punto critico. Senza preavviso, dopo un evento imprevisto legato al suo lavoro a Londra, lascia tutto e si rifugia nella casa in cui è cresciuto, in Italia.
Sua madre è morta da anni, mentre lui era occupato a fare carriera lontano da casa e ora si trova in un appartamento semi-vuoto, solo con se stesso e i suoi cinquantatré anni di finzioni. Non ha un progetto, una minima idea di cosa fare della sua vita da quel momento in poi, posto che voglia vivere. Unica presenza nella casa è la signora Maria, la domestica di sempre, che ancora si occupa dell’appartamento.
Dopo un primo momento distruttivo, proprio grazie a Maria Anton recupera un barlume di speranza. La sua casa, come la sua anima, è piena di fantasmi. Comincia quindi dalla casa, una stanza per volta, a ricostruire un qualcosa che sia suo davvero, anche se inseguito da ricordi e incombenze che lo legano alla vecchia vita.
Durante questo percorso incontra una giovane cameriera che arriva da fuori città. Giselle, questo il suo nome, diventa col tempo un appiglio per Anton che ancora non ha un equilibrio stabile. Sono due “stranieri” in una città del sud che non dimentica e non smette mai di osservare, sono simili e al contempo molto differenti. Anton arrabbiato e sofferente, Giselle più rassegnata e spaventata. Ognuno dei due con i suoi fantasmi e con dei conti da chiudere con il proprio passato.
Inevitabili i guai che ne derivano e che porteranno Anton alla crescita definitiva proprio quando stava per distruggere nuovamente tutto ciò che aveva faticosamente recuperato.
A che età l’hai scritto?
Ho iniziato la stesura di Sette stanze per gioco, mentre ero in chat con un amico. Mi ha chiesto di scrivere qualcosa per lui e il primo capitolo è venuto giù da solo. Poi, finito il gioco, ho pensato di terminarlo.
È stato più o meno quattro anni fa, quindi avevo 44 anni. Credo. La stesura dei miei lavori procede sempre in modo poco lineare, magari mentre scrivo un romanzo mi viene in mente un’altra storia, quindi capita spesso che scriva due romanzi contemporaneamente.
Cos’è per te Casa?
Da sempre la mia casa è il mio rifugio, il posto in cui adoro rintanarmi. Quando qualcosa non va mi butto nelle pulizie; quando in me qualcosa matura, cambio disposizione dei mobili oppure colore alle pareti. Nei sogni, dicono, la casa rappresenta l’inconscio ed è per questo che la vita del protagonista di Sette stanze parte dalla casa per aggiustare la sua vita.
Con quanti animali ci abiti?
Attualmente ci sono due gatte e una cagnolina di venti chilogrammi. Ho sempre avuto animali in casa, fin da piccola. Randagi, trovatelli, quasi mai di razza.
Qual è la loro storia?
Lula è una gatta grigia, con bellissimi occhi gialli. L’abbiamo trovata tra i copertoni in garage, nella vecchia casa di mia madre, quando era talmente piccola da stare in una mano. È una ladra, golosa di pane e biscotti, che ama dormire nei piani bassi della mia libreria.
Bones l’ha trovata mio marito in strada, sporca e denutrita. Ci ha messo meno di cinque minuti a convincermi che dovevamo occuparcene e ora lei non mi molla un attimo. Anche per dormire ha bisogno di avermi vicino.
Cali era il cane di mia madre, l’eredità più dolce. È una cagnolona emotiva e testarda ed è quasi sempre con me: al lavoro, in banca, in giro per commissioni…
Hai paura della solitudine?
Se c’è una cosa che amo, quando posso, è restare sola nel silenzio di casa. Quando ero ragazza mi sentivo sola più tra i miei coetanei che quando ero sola davvero. Credo che sia la mia dimensione preferita. Non sono asociale, lo specifico, ma da sola ci sto proprio bene.
Cosa provi davanti a un tramonto?
La natura trova spesso il modo di riappacificarmi col mondo. Ho scelto la casa in cui vivo perché mi basta guardare fuori per vedere il cielo. I tramonti li ho sempre amati, un po’ come amo la notte con le sue luci artificiali. Le emozioni non sono mai le stesse: a volte mi commuovo, a volte resto sbalordita dai colori che nemmeno le fotografie riescono a rendere, spesso mi trovo a sospirare come un’innamorata quindicenne. Raramente mi mettono tristezza.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Prima di tutto sopravvivere agli allenamenti.
Ho due romanzi terminati che non ho ancora sottoposto a un editore. Diciamo che dopo aver pubblicato parecchio in questi anni, sento la necessità di un cambiamento. Non so ancora bene dove mi porterà, ma scrivo.
Sto terminando un ulteriore progetto, poi avrei da riscrivere un vecchio progetto che, per partecipare al torneo IoScrittore, avevo snellito e un po’ snaturato. Così com’è non mi piace più, quindi…
Come da copione ho comunque altre storie che pian piano premono per venire fuori, quindi credo che sarò occupata almeno per i prossimi dieci anni.
Ti ringrazio Paola Ferrero per questa bella intervista, ti auguro un buon divertimento per i prossimi dieci anni di scrittura che ti attendono…
Vi saluto cari iCrewers
E come dico sempre:
IN ALTO I NOSTRI CUORI!
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