Ognuno di noi è libero di fare ciò che vuole della sua vita, basta che sia felice. Le scelte degli altri a volte ci sembrano discutibili, tendiamo a commentare: ‘io non l’avrei mai fatto’. Ho imparato a non giudicare più le scelte di nessuno, perché io stessa faccio ogni giorno scelte discutibili, ma è la mia vita e nel rispetto degli altri posso farne ciò che desidero. Credo che tutti noi dovremmo seguire la strada che ci rende felici, perché sicuramente se ci fa stare bene è quella giusta, quello che pensano gli altri è irrilevante.
Al polo opposto di Allison abbiamo il protagonista di Tutto quello che fai per me, Carter Smith. Questo protagonista incarna la depressione del giovane moderno anche se un pò portata al suo vertice: Carter Smith ha tutto, tutto quello che un giovane venticinquenne potrebbe desiderare. Ha soldi, fama, una casa lussuosissima in centro a New York, potrebbe avere tutte le donne che desidera, eppure è depresso.
Cosa ne pensi di quello che è stato definito dai sociologi il male di vivere dei giovani del XXI secolo?
Quando ho scritto questo libro non pensavo che si sarebbe sentito tanto questo tema; in effetti è una cosa abbastanza comune e tutti ci si rivedono un pò, persino io. Tutti passiamo dei momenti bui, ma dobbiamo sforzarci di affrontare ogni problema a testa alta e senza dare sempre tutto per perduto. L’importante è non chiudersi mai in se stessi, c’è un mondo fuori di noi che ci aspetta e ha tanto da darci. Basta darsi una svegliata, imparare ad essere autocritici, prendere coscienza dei nostri problemi e risolverli.
Ci lasci un estratto del tuo racconto Quel Bastardo di Cupido che rientra nella raccolta di racconti Io me lo leggo 2?
Non è necessario fare cose eclatanti per cambiare le nostre vite, bastano piccoli passi che ci rendono poco alla volta un po’ più felici. […] Ho rivisto amici con cui non parlavo da anni scoprendo che non era cambiato niente e me ne sono fatti di nuovi. Ci sono stati anche quelli che non hanno capito le mie scelte, ma ormai ho capito che nella vita non importa portarsi dietro tutti: c’è gente che va e c’è gente che resta.
Ai giovani lettori che ci seguono consigli di partire o di restare nella nostra ‘vecchia’ penisola?
Non siamo tutti fatti per fare le stesse esperienze, ognuno deve fare ciò che si sente.
Io credo che all’estero ci siano più possibilità: in altri paesi c’è ancora la meritocrazia, se sei bravo e hai delle buone conoscenze e competenze ti vengono riconosciute, in Italia non c’è questa opzione, o perlomeno molto poco. Il problema è la mentalità delle persone, siamo succubi dei nostri governanti e ancora non riusciamo a pensare come un organismo collettivo, ma singolarmente e non ci uniamo mai per la giustizia e per il bene comune.
Cari iCrewers, sono contenta di avervi presentato una scrittrice che stimo molto, le auguro un grosso in bocca al lupo. Alla prossima intervista, e come dico sempre:
IN ALTO I NOSTRI CUORI!
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