Il suo punto di vista andava sempre un po’ controcorrente mettendo in evidenza lati della classe dirigente e politica che altri non osavano toccare e per questo i suoi interventi stimolavano spesso accesi dibattiti.
Per quanto riguarda la scrittura, i sui libri portano date dal 2001 fino ai giorni più recenti.
Le notti dei fuochi è il suo primo scritto e tratta della guerra civile italiana combattuta tra il 1919 e il 1922, a cui fece seguito I figli dell’Aquila per Sperling & Kupfer, incentrato sulla storia di un soldato volontario dell’esercito della Repubblica sociale italiana.
Sempre legati al tema della guerra ma con riferimento alla Seconda guerra mondiale scrisse dei libri incentrati sulle violenze compiute dai partigiani contro i fascisti. I romanzi fanno parte del Ciclo dei vinti e sono stati scritti dal 2005 al 2010, sono: Il sangue dei vinti, vincitore del Premio Cimitile nel 2005, Sconosciuto 1945, La Grande Bugia e I vinti non dimenticano.
Un taglio diverso ha invece Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri, il cui soggetto è l’Italia degli ultimi tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Seguirono nel 2012 La guerra sporca dei partigiani e dei fascisti e Sangue, sesso e soldi. Poi, sempre nel tema del dopoguerra, il romanzo Il sangue dei vinti. Quello che accadde in Italia dopo il 25 aprile.
Quel fascista di Pansa può essere ritenuto la sua autobiografia. Così lo sintetizzava
Gli italiani della mia generazione (sono nato nell’ottobre 1935 e ho 83 anni) portano sulla gobba una colpa che non gli verrà mai cancellata. È quella di essere stati fascisti. A nostra difesa va detto che era quasi impossibile non esserlo. Certo ci sono state delle minoranze eroiche di oppositori. Ma il regime di Benito Mussolini si è rivelato molto pervasivo, lasciando la sua impronta nell’intera società italiana. Anche il Pansa è stato fascista per un paio di anni, dai sei ai sette, quando frequentava la prima elementare. Il bambino che vedete in copertina mentre fa il saluto romano sono io. Indosso la divisa di figlio della Lupa, il primo gradino dell’organizzazione della gioventù mussoliniana. La fotografia è stata scattata da mio padre Ernesto nel giugno 1943. Nell’autunno di quell’anno sarei diventato un balilla, ma in luglio il regime fascista cadde e non mi fu possibile continuare la mia carriera di militante. Conservo quella piccola foto e ho chiesto alla Rizzoli di metterla nella copertina di questo libro un po’ strano. Racconta quanto mi accadde dopo aver pubblicato nel 2003 il mio lavoro più noto: “Il sangue dei vinti”. Era dedicato alle vendette compiute dai partigiani trionfanti sui fascisti repubblicani sconfitti. Ed ebbe un successo di vendite travolgente che né io né l’editore ci aspettavamo. Segnò l’inizio di una serie di vicende che in qualche modo riflettono l’Italia entrata nei nevrotici anni Duemila. Prima di tutto non sono più stato ritenuto un rosso come credevo di essere, bensì un nero: Pansa il fascista ha gettato la maschera. Questo accese la rabbia di una serie di eccellenze presunte democratiche, più ridicole che tragiche. Venni aggredito e messo all’indice da parrocchie politiche che prima stravedevano per me e volevano eleggermi in Parlamento.