La gola o ingordigia è considerato uno dei sette vizi capitali dall’etica cristiana in quanto l’uomo, eccede la giusta misura nel dedicarsi ai piaceri del cibo e delle bevande e questa sorta di desiderio insaziabile contamina la vita spirituale e lo distoglie dal pensiero della salvezza dell’anima e di Dio. Ecco perché la gola è considerata dalla teologia cristiana peccato mortale.
La gola nell’Inferno Dantesco
Dante colloca i peccatori di gola nel terzo Cerchio dell’Inferno: sono colpiti da una pioggia eterna, fredda, fastidiosa, mista ad acqua sporca e neve da formare a terra una fanghiglia puzzolente. I golosi sono sdraiati nel fango e devono rimanere lerci e maleodoranti, dopo che nella loro vita terrena hanno cercato prelibatezze e profumi all’eccesso.
Cerbero, il mostruoso cane a tre teste li scuoia e li squarta, come se fossero loro stessi cibi da mangiare. A suo modo Cerbero è una raffigurazione del peccato di gola: con le sue tre bocche, la barba unta e sporca, la fame rabbiosa che placa mangiando la terra. I dannati urlano dal dolore e cercano invano un tentativo di ripararsi l’un l’altro senza nessuna soluzione.
Quando il cane vede Dante e Virgilio gli si avventa contro mostrandogli i denti, ma Virgilio raccoglie una manciata di terra e gliela getta nelle tre gole per calmarlo. Le figure dannate giacciono al suolo, una di esse si alza improvvisamente e si rivolge al sommo poeta, chiedendogli se lo riconosce. Dante risponde che il suo aspetto è ormai irriconoscibile e domanda il suo nome, affermando che la sua pena e quella dei suoi compagni è la più spiacevole dell’Inferno e forse anche la più grave. Il goloso risponde dichiarando di essere stato cittadino di Firenze, città piena d’invidia e che il suo nome è Ciacco ed è condannato tra i golosi.
Gola e Lussuria: due peccati indissolubili
La golosità è una strada che porta dritto alla lussuria e, se la si percorre con troppa indulgenza, porta alla perdizione dell’anima.
Così scriveva Isabel Allende in merito al peccato di gola nel suo libro Afrodita, in cui rimarcava molto il legame profondo tra desiderio, passione e sfrenatezza tra cibo e sesso.
I due peccati capitali sono molto simili tra loro per caratteristiche in comune: entrambi sono mossi dall‘egoismo, non vi è né altruismo né generosità; si è mossi unicamente dal piacere e dal desiderio compulsivo e sfrenato di appagare sé stessi attraverso il cibo o la pratica sessuale. Chiunque, infatti, dia ascolto agli istinti primordiali del corpo, senza usare la ragione, non potrà che rimanerne prigioniero per tutta la vita.
Personaggi letterari con il vizio della gola
Ho deciso di parlare di due personaggi che incarnano nella letteratura (appieno direi) il vizio della gola. Il primo personaggio è Augustus Gloop, una delle figure letterarie della Fabbrica di Cioccolato di Roald Dahl. Questo bambino è il primo dei cinque vincitori del biglietto d’oro ed è un bambino tedesco obeso e ingordo, che mangia tantissimo cioccolato, al punto da avere grandi possibilità di trovare un biglietto d’oro. Ma la sua ingordigia non lo salverà per niente, in quanto Augustus cadrà nel fiume di cioccolato della fabbrica, verrà risucchiato da un tubo e uscirà tutto ricoperto di dolci.
Il secondo personaggio fa parte di una serie di cinque romanzi scritti nel sedicesimo secolo dal satirico francese Rabelais, che vedono protagonisti il gigante Gargantua e suo figlio Pantagruel. Ed è proprio il figlio a possedere il vizio della gola, in quanto dotato di enorme forza e appetito insaziabile. Per la sua voracità e le abbuffate a tavola, a cui si sottopongono Pantagruel, il padre e la loro compagnia di giganti, che nel tempo pantagruelico e gargantuesco sono diventati sinonimo di banchetto ricco, di una festa dove si mangia e si beve in modo eccessivo.