Le sette morti di Evelyn Hardcastle di Stuart Turton, il libro di cui ti parlo oggi, è un romanzo a dir poco sorprendente e molto, molto particolare. Pubblicato da Neri Pozza editore, questo libro naviga a mezza via tra il thriller e il fantasy, anche se devo dire che la corrente principale è senza dubbio legata al mistero che gira intorno a un crimine. Un omicidio, per essere precisi (dopotutto, si chiama “sette morti“, non “sette scampagnate nel parco”).
E allora dove sta la parte fantasy? Ecco, qui troviamo già il primo nodo della questione di oggi: sarà difficilissimo raccontarti qualcosa dell’opera di Stuart Turton senza rischiare di fare spoiler. Prometto che starò il più attenta possibile, anche se qualche particolare andrà per forza svelato, altrimenti di cosa siamo qui a parlare?
Tuttavia, non temere, ti garantisco che se anche saprai qualche briciola di trama, il resto di Le sette morti di Evelyn Hardcastle ti risulterà altrettanto intricato e complesso (anche perchè, se dovessi spiegarlo tutto in un modo che abbia senso per chi non ha proprio letto il libro, mi servirebbero almeno una presentazione power point e un paio d’ore per illustrarla).
Di cosa parla questo thriller fantasy?
Non sa il suo nome, non sa dove si trova, non sa come sia finito in una foresta, senza cappotto e ferito. Non sa perchè ha paura, non sa da chi sta scappando. E soprattutto, non sa chi sia Anna.
Quindi ti verrà spontaneo chiedermi: cosa conosce? Praticamente nulla, nemmeno se stesso. E se questo all’inizio è un pensiero che lo sconvolge e lo spaventa, con il passare delle ore sembra più una grazia che una condanna.
Certo, fino a quando le lacune non saranno usate contro di lui. Perchè tra le fatiscenti mura di Blackheath House si nasconde qualcuno di terribile, che aspetta il protagonista con in mano un coltello affilato e già macchiato di sangue. Come se non bastasse, come se non ci fossero già stranezze a sufficienza, avviene un altro fatto misterioso e inaspettato, quando il protagonista si ritrova a vedere se stesso… attraverso gli occhi di un altro?
Le sette morti di Evelyn Hardcastle di Stuart Turton: la mia recensione
Se sei arrivato – o arrivata – a leggere fino a qui, ne deduco che la mia versione ristretta della trama non ti ha fatto desistere. Nel caso in cui, invece, tu l’abbia già trovata ricca di spoiler (ammetto che uno o due ci sono già, perchè altrimenti sarebbe stato impossibile raccontarti qualcosina), lascia che ti rassicuri: il romanzo di Stuart Turton è così intricato, ha così tanti piani di lettura, che le due misere informazioni che ti ho già fornito non sono nulla di più di polvere di stelle che galleggia dispersa in una galassia sconfinata.
Proprio perchè è così complesso e intricato, così inaspettato e fuori dal comune, Le sette morti di Evelyn Hardcastle mi è piaciuto molto. Ammetto di aver fatto un po’ di fatica, soprattutto all’inizio, quando le notizie sembrano tutte fini a loro stesse e la trama si preannuncia come un gomitolo dannatamente ingarbugliato, piuttosto che come un filo pronto a cambiare direzione improvvisamente.
Per fortuna, però, ho perseverato, e posso proprio dire che ne è valsa la pena. La trama creata da Stuart Turton è straordinariamente intrecciata (come ho già detto giusto qualche volta) eppure estremamente coerente con se stessa. Quando si arriva alla fine, tutto, ogni singola azione, ogni piccolo passo acquistano senso, e l’immagine che creano è un dipinto dall’inesorabile bellezza.
Mi è piaciuto che la voce narrante parlasse in prima persona e al tempo presente: si tratta di una combinazione che, personalmente, non mi capita così spesso di trovare e che ha, quindi, rappresentato una piacevole novità. Anche il fatto che, per una volta, raccogliendo gli indizi il lettore avesse la possibilità di arrivare a delle conclusioni prima che il narratore iniziasse anche solo a sommare gli indizi (credimi, ci vuole qualche centinaio di pagine perchè il protagonista inizi a far funzionare il cervello nel modo migliore) è stata una piacevole sorpresa. Inutile, perchè non ci avevo capito proprio nulla – o meglio, mi ero fatta idee parecchio sbagliate – ma comunque entusiasmante.
Parlare del protagonista è complesso quasi come cercare d’imbrigliare la trama: una parola di troppo, e s’incappa in anticipazioni indesiderate, una in meno e rischia di sembrare un pappamolle senza spina dorsale e spirito d’iniziativa. Quindi cercherò di rimanere in equilibrio, camminando sul filo sottile che si trova a metà strada tra le due posizioni.
Il personaggio principale che Stuart Turton ha disegnato non ha un solo volto: è un mutaforma; è in grado di adattarsi alla situazione, e d’imparare a sfruttare al meglio le potenzialità di chi gli sta intorno. Trattandosi, però, pur sempre di un essere umano, non mancano di certo i moti d’incertezza, di debolezza, di sconforto – anzi, si potrebbe dire che questi stati d’animo abbiano la meglio per tratti interi del romanzo.
Tuttavia, se questo protagonista c’insegna qualcosa, è sicuramente la necessità di cambiare, di rimanere sì fedeli a noi stessi e a quello che riteniamo importante, ma senza che ciò ci renda inflessibili, incapaci di cogliere e sfruttare gli stimoli esterni. Ci fa capire che diventare qualcuno di diverso da chi eravamo – o chi credevamo di essere – in principio non è sbagliato, anzi. Potrebbe essere proprio ciò che serve per togliersi un peso dalle spalle e voltare pagina.
In conclusione, consiglio Le sette morti di Evelyn Hardcastle di Stuart Turton a tutti coloro che cercano una lettura intricata e ricca di colpi di scena; che voglio leggere di misteri e inquietudini; che desiderano esplorare l’animo umano in un modo un po’ insolito. Armatevi di pazienza (e forse di qualche post-it per annotazioni varie, giusto per tenervi a mente tutto), e iniziate l’avventura.