Non ho letto nulla di Teresa Ciabatti prima di Sembrava bellezza (Mondadori, 2021). Mi avevano incuriosito le citazioni di apertura e una frase scritta dall’autrice nelle pagine che precedono l’inizio: «I fatti e le persone di questa storia sono reali. Fasulla è l’età di mia figlia, il luogo di residenza, altro». Questo modo di rivolgersi al lettore, questa dichiarazione di verità su una storia che dalla trama sembrava già molto personale, hanno stuzzicato in me una curiosità irrefrenabile, come se una cara amica mi volesse raccontare un suo segreto.
A questo si aggiungono tre elementi: la citazione tratta da Le vergini suicide di Jeffrey Eugenides, quella dal libro di Oliver Sacks L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello e quel «altro» tra le cose fasulle che permette di non mettere al muro nessuno. È quella via di fuga che serve a gestire l’emotività che scaturisce da Sembrava bellezza. Le due citazioni, invece, per chi ha letto i libri o conosce gli autori, anticipano due grandi temi che Teresa Ciabatti affronta in questo romanzo.
C’è poi ancora un altro espediente narrativo che ho trovato geniale: Teresa Ciabatti di tanto in tanto rompe quello specchio narrativo che serve a tenere lettore e autore separati e si rivolge direttamente a chi sta leggendo. Di recente, l’ho visto usato spesso nel cinema: dalla serie tv Fleabag a Dispatches from Elsewhere, ci sono momenti in cui i protagonisti rompono quella regola aurea della camera e si rivolgono direttamente allo spettatore, instaurando con loro un dialogo intimo. Teresa Ciabatti usa questa tecnica in modo magistrale, a volte anche cogliendo il lettore alla sprovvista.
I temi affrontati da Teresa Ciabatti in Sembrava bellezza sono molti, alcuni legati a doppio filo, altri distaccati da un grado di separazione che le protagoniste riescono a saltare di tanto in tanto. Si parla di bellezza, come suggerisce il titolo, di invidia, di malattia, di un peso esistenziale che le protagoniste si palleggiano a volte con coscienza, altre senza nemmeno accorgersi di cosa stia realmente accadendo.
Si parla anche del rapporto madre-figlia, oltre a quello tra amiche, tra sorelle e tra ex, con la leggerezza e con il fardello di chi ha sedici anni e poi, improvvisamente, quasi cinquanta. In tutto questo, Teresa Ciabatti non riserva nessun colpo a salve per la sua “scrittrice”, anzi: la mette a nudo con se stessa. Ed è questa, forse, la verità più difficile da accettare.
Trama e personaggi sono consistenti, d’altronde si tratta di una storia vera – o almeno fasulla solo in minima parte –. Inoltre, Teresa Ciabatti usa una narrazione in prima persona in grado di trasmettere anche minime sfumature di emozioni. E questo permette al lettore più attento di fare delle connessioni tra quanto legge e quanto ha vissuto nel suo personale.
C’è qualcosa, però, che mi ha lasciata insoddisfatta: si tratta delle ultime pagine di questo libro. La sensazione, dopo aver letto l’ultima pagina, è che ogni cosa si sia conclusa troppo in fretta. Oppure che non si sia conclusa affatto. Oppure di essermi persa un passaggio – fondamentale –. Questa comunque rimane una sensazione personale che non mi impedisce di raccomandare la lettura di Sembrava bellezza, soprattutto a chi desidera fare pace con la propria sé adolescente.
Teresa Ciabatti
Scrittrice e sceneggiatrice, Teresa Ciabatti nasce a Orbetello, si laurea in Lettere moderne a Roma e frequenta la Scuola Holden a Torino. Il suo primo romanzo è Adelmo, torna da me (Einaudi, 2002). Da questo libro è stato tratto il film L’estate del mio primo bacio, di Carlo Virzì. I giorni felici (Mondadori, 2008) è il suo secondo romanzo, a cui seguono Il mio paradiso è deserto (BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2013), La più amata (Mondadori, 2017, finalista al Premio Strega), Matrigna (Solferino, 2018) e infine Sembrava bellezza.
Sembrava bellezza è tra i candidati al Premio Strega 2021
È un racconto talmente colmo di menzogne – la prassi della comunicazione tra gli esseri umani, insieme al nascondimento, al malinteso, alla reticenza, alle omissioni – che alla fine rasenta la più intima delle confessioni. È un romanzo straziante, perché è uno strazio ritrovarsi a vivere tutta la vita in un corpo così lontano dal canone condiviso della bellezza; ed è un romanzo esilarante, la cosa più vicina ai libri di John Fante che mi sia mai capitato di leggere.
È un romanzo che spazia dalla vitalità alla morte, soffermandosi in quella zona grigia che viene spesso trascurata, quella della quasi-morte, della regressione, della demenza, che a volte diventano abiti sorprendentemente comodi da indossare. È un romanzo sulla meravigliosa vertigine della mitomania.
Ma soprattutto, come ho detto, è una lezione sull’unica verità possibile in letteratura, quella fatta di nomi, predicati, avverbi e aggettivi scelti e composti con tale maestria da rendere inutile sapere altro. Per tutte queste ragioni mi pregio di presentare Sembrava bellezza di Teresa Ciabatti alla LXXV edizione del Premio Strega.»