Ancora oggi Salvatore Quasimodo sorprende e stupisce. La sua arte letteraria è una eredità infinita, eppure, proprio in questi giorni, sono stati ritrovati alcuni scritti originali di cui probabilmente non si era a conoscenza. Del suo pensiero ti ha già parlato in modo originale la mia collega Pina Sutera, ma rileggendo la sua biografia si evince quanto fosse importante per il poeta siciliano, oltre alla composizione poetica, dedicarsi alle traduzioni di classici latini e greci.
Salvatore Quasimodo. gli epigrammi originali
L’incredibile scoperta di Taranto ne è la prova. Nel 1967 infatti Quasimodo si soffermò a lungo nel capoluogo ionico per tradurre alcuni epigrammi del poeta greco Leonida da Taranto. Gli scritti furono poi lasciati nella biblioteca e solo oggi sono venuti alla luce.
Per i responsabili della biblioteca Acclavio, impegnati nei regolari interventi di riordino dei contenuti letterali, deve essere stato emozionate ritrovarsi tra le mani gli scritti originali del Premio Nobel. Che Leonida fosse al centro dell’attenzione di Salvatore Quasimodo lo confermano alcun suoi pensieri:
“Il greco ritornava a essere ancora un’avventura, un destino a cui i poeti non possono sottrarsi”
Ma chi era Leonida da Taranto? La prima risposta è di Quasimodo stesso…
“… era un uomo libero, figlio di una città che ai tempi in cui vi abitava era ancora l’emblema di una confederazione civile nemica dei compromessi e favorevole al rispetto dei diritti dell’uomo…”.
Quasimodo da voce alla lirica di Leonida
Quasimodo è legato alla figura di Leonida. In qualche modo le motivazioni risiedono nella vita del poeta greco. Leonida nasce a Taranto nel 320 a.c. e rimane nella città ionica fino al 272 a.C., anno della conquista da parte dei romani. Quando la città sta per cedere, Leonida riesce a fuggire, una scelta considerata inizialmente come una benedizione ma che lo costringerà lontano dalla sua città fino alla morte vivendo “una vita che vita non è”.
Durante i suoi viaggi visita la Grecia, l’Asia Minore e il sud Italia, si rifugia poi ad Alessandria d’Egitto, dove muore intorno al 260 a.C.
Taranto e i suoi abitanti sono ricorrenti nei versi ricercati di Leonida. Non è la ricchezza ad attrarlo quanto l’umiltà e la fragilità dell’uomo, non crede nell’aldilà, nella presenza di un dio ma crede nelle possibilità dell’uomo di costruire la sua fortuna e di quanto sia importante la solidarietà e la condivisione nel vivere comune. L’unica elemento da cui Leonida non rinuncia è la poesia. la sola che a suo parere gli darà la gloria rendendolo immortale.
Quasimodo interpreta il suo epigramma dedicato alla sua città…
“Molto lontano dormo dalla terra d’Italia e dalla mia patria, Taranto. Questo è per me più amaro della morte. Tale è la vana vita di ogni nomade. Ma le Muse mi amarono, e per tutte le mie sventure mi diedero in cambio la dolcezza del miele. Il nome di Leonida non è morto. I doni delle Muse lo tramandano per ogni tempo”.
L’errare come senso del viaggio dell’uomo, l’amore per le origini, il senso cristiano della vita sono i concetti che avvicinano Salvatore Quasimodo al pensiero del poeta greco.
Passate senza fare rumore oltre
la mia tomba, non svegliate la vespa
pungente che posa nel sonno.
L’ira di Ipponatte che ha osato scatenarsi
contro i genitori, è ora in pace.
Ma, attenti: le sue parole di fuoco
possono bruciare pure dall’Ade.
A Leonida di Taranto Quasimodo dedica, oltre alla traduzione, Leonida di Taranto un saggio edito da Lacaita nel 1964.
Torniamo a quanto accaduto. La scoperta, avvenuta pochi giorni fa, ha sorpreso ed emozionato tutti, in modo particolare Rinaldo Melucci il sindaco di Taranto, impegnato già da tempo nella riqualificazione culturale della città. Questo il suo pensiero:
“L’emozione di vedere quei testi vergati a mano, l’emozione di vedere l’impronta di quella stessa mano, impressa sulla carta a garanzia dell’autenticità di quel lavoro intellettuale, è stata forte quanto il legame che ci unisce alla nostra storia. Taranto spiega il sindaco “è luogo di cultura da 28 secoli, respiriamo la bellezza che altrove non possono nemmeno immaginare. Nei giorni d’attesa per il titolo di Capitale Italiana della Cultura, questo tesoro ritrovato conferma che la nostra ambizione è legittima”.
“L’amministrazione comunale in collaborazione con i funzionari della biblioteca Acclavio e con gli operatori di Museion, responsabili della tutela del patrimonio bibliotecario comunale è già al lavoro”, conclude Melucci “per rendere queste meravigliose trascrizioni un patrimonio condiviso dell’intera comunità”.