Molti di noi sono soliti dire “mi ha piantato in asso”, mentre altri dicono “piantare in nasso“. Cosa vuol dire nasso? Anche se la domanda corretta è: dove si trova Nasso? L’origine del modo di dire è antichissima, risale al mito del filo di Arianna.
Anche l’Accademia della Crusca si è posta la domanda su quale fosse la forma originale:
La sua derivazione [piantare/lasciare in asso], tuttavia, non solo è oggetto di dubbi da parte di molti nostri lettori ma è da secoli discussa anche dai linguisti che hanno espresso nel tempo diverse ipotesi etimologiche. Inoltre, fin dal XVI secolo si registra la presenza, al fianco di lasciare in asso, della variante lasciare in Nasso, dal mito di Arianna, oggetto delle domande dei nostri lettori e argomento di discussione in molti forum e blog in rete.
Piantare in Nasso, origine
Non vi è una spiegazione logica all’abbandono e chi ne è vittima può provare una sensazione di sconforto e delusione nei confronti dell’altro. Ma cosa c’entra l’asso?. Assolutamente nulla, in quanto la vera espressione dovrebbe essere “Piantare in Nasso“.
Nasso è un’isola greca che si trova nel mar Egeo, appartiene all’arcipelago della Cicladi ed la più grande delle isole. In quest’isola è ambientato il mito di Arianna e Teseo.
Teseo e Arianna sono famosi nel mondo per l’uccisione del Minotauro e la fuga dal labirinto grazie al “filo di Arianna”. La coppia, stando alla mitologia ufficiale, è nota anche per aver dato la vita a Demofonte, che diventerà successivamente re di Atene. In una versione differente del mito di Teseo e Arianna, però, si narra che una volta giunti sull’isola di Nasso, Teseo abbia ricevuto un ordine da parte di Dioniso, figlio di Zeus e Semele.
La divinità, invaghitasi di Arianna, avrebbe costretto Teseo a lasciare la propria amata a Nasso. Il nostro portagonista, allora, per non disobbedire a Dioniso avrebbe deciso di partire da solo senza dare spiegazioni ad Arianna, che nel frattempo dormiva, lasciandola a Nasso. Da qui dunque nasce l’espressione “piantare in Nasso”, che nel parlato, con il tempo, è diventata “piantare in asso”.
Nel testo settecentesco di Sebastiano Pauli troviamo inoltre un’altra ipotesi etimologica attribuita al francese Gilles Mènage, detto il Menagio, autore delle Origini della lingua italiana (1669), il quale riconduceva nasso al latino nassum, ovvero la nassa, un particolare strumento utilizzato per catturare i pesci, ma questa ipotesi era già ritenuta poco verosimile dal Pauli stesso e non se ne trovano riscontri in nessun testo successivo.
Come siamo arrivati a “piantare in asso”
Secondo le indicazioni del DELI, la prima attestazione di lasciare in asso si trova nella commedia dei Lucidi del fiorentino Agnolo Firenzuola del 1543
“che lasciarono la povera Signora in asso senza rendergli niente”.
Mentre la prima attestazione che troviamo sul GDLI della forma piantare in asso si trova nella novella La coda del diavolo di Verga, pubblicata in Primavera e altri racconti nel 1876:
“È padrona di staccarvi dal braccio di un amico, di farvi piantare in asso la moglie o l’amante”.
In conclusione, l’Accademia della Crusca, mette pace fra le due forme e i diversi sostenitori e ha affermato:
“Lasciare in Nasso e lasciare in asso convivono da secoli nell’italiano e né l’una né l’altra forma possono oggi essere considerate errate. Ancora non siamo in grado di stabilire con certezza quale sia la vera origine del modo di dire, sebbene gli strumenti moderni sembrino prediligere la variante in asso, oggi più comune, mettendo spesso fortemente in dubbio la derivazione mitologica che avrebbe dato vita a lasciare in Nasso”.