Tokyo Love Story è il romanzo d’esordio di Yasmin Shakarami che da oggi si può trovare negli scaffali di tutte le librerie, nella sua edizione curata da Newton Compton. Si tratta di un romanzo d’amore che tratta temi importanti, senza che però ciò appesantisca o rallenti la storia, anzi. Tuttavia, prima di parlare della recensione del romanzo, forse è meglio fare un passo indietro, e partire dall’inizio.
Malu alla conquista della stazione di Shibuya
Malu è spaesata, confusa e stanca. Ha attraversato continenti interi (beh, l’aereo ha attraversato i continenti, ma è un dettaglio) per giungere a Tokyo, dove l’aspetta la sua nuova vita, soltanto per perdersi all’interno della stazione di Shibuya. Perchè dev’essere tutto così difficile? Perchè la sua ansia nell’incontrare nuove persone non le ha fatto scegliere la via più facile, ossia farsi venire a prendere in aeroporto dalla famiglia che la ospiterà per il prossimo anno?
Per fortuna, però, grazie a qualche aiuto provvidenziale, la giovane arriva incolume al punto d’incontro e può, finalmente, iniziare a scrivere la sua nuova avventura. Un’avventura che inizia con una sorella giapponese davvero alla moda, dei genitori ospitanti molto premurosi, un ragazzo dall’aria misteriosa ma davvero troppo attraente, e un cappellino fucsia… indimenticabile. Cosa mai potrebbe andare storto?
Tokyo Love Story di Yasmin Shakarami: la mia recensione
Tokyo Love Story di Yasmin Shakarami è una storia d’amore divertente e coinvolgente, perfetta, a mio parere, per una fascia d’età tra l’adolescenza e lo Young Adult. Forse proprio per questo, fin dalle prime battute, mi è sembrato di entrare in uno manga shōjo, ossia un fumetto giapponese pensato principalmente per ragazze adolescenti e che, molto spesso, ha come ambientazione principale le scuole superiori – Rossana ne è un esempio lampante.
Malu, infatti, arriva dalla Germania in estate e viene subito catapultata all’interno della vita liceale giapponese, con tanto di uniforme (che le sta piccola, perchè lei è un filino più alta della media nipponica), edifici futuristici e labirintici (anche se, per esperienza, non tutto il Giappone è un mondo all’avanguardia tecnologica), distributori automatici che vendono di tutto (compreso ramen già riscaldato, a volte), e un enigmatico compagno di classe che ha una predilezione per rifugiarsi sul tetto a pensare (una scena che si vede molto spesso in anime e manga).
Tuttavia, è lo stile unico di Yasmin Shakarami che fa si che la storia sia tutt’altro che banale. L’ironia con cui Malu vede la vita, e anche se stessa, è stata forse la cosa che ho preferito di più di tutto il romanzo. Mi ha trasmesso una sensazione di giocosità, pur facendomi ragionare sul fatto che prendendo le esperienze negative un po’ meno sul serio, e un po’ più con il sorriso, esse possono diventare punti di forza della nostra crescita, e non cicatrici della nostra anima. Forse è proprio per questo che la vita di Kentaro sembra prendere una piega per il meglio, quando il tornado Malu entra a farne parte.
Quella della protagonista è proprio una storia di forza e di coraggio. Coraggio non solo nel lasciare tutto ciò che si conosce e trasferirsi dall’altra parte del mondo, ma anche coraggio nel fidarsi di nuove persone, di aprire il proprio cuore pur sapendo che così si può andare incontro al dolore. Il coraggio è, forse, ciò che sottolinea il momento di maggiore crescita di Malu, il punto in cui smette di esistere e ricomincia a vivere.
Affianco alla ragazza, altra protagonista indiscussa della storia di Yasmin Shakarami è Tōkyō, rappresentata non solo nella sua scintillante veste di metropoli cosmopolita di vetro e di acciaio, ma anche come una signora elegante, ricca di sorprese, misteri e piccoli locali speciali che solo chi si perde tra le sue strade riesce davvero a scoprire. Non mancano però il senso di straniamento di chi si ritrova in una società che segue regole diverse da quelle a cui si è abituato, e la mancanza dei propri affetti, seppur mitigata dalla creazione di nuovi rapporti.
A mio parere, Yasmin Shakarami è riuscita a narrare molto bene l’impeto del primo amore, la sensazione di appartenenza che si prova quando la propria strada incrocia quella di qualcuno a noi molto affine, la trepidazione dell’attesa e l’entusiasmo nel ricevere un messaggio speciale. C’è qualche cliché delle storie d’amore liceali? Sì, senza dubbio, ma trovo che male non stia all’interno della storia.
Più perplessa, invece, mi ha lasciato il finale. Per quanto comprenda l’intenzione di Yasmin Shakarami di rappresentare anche quello specifico contesto, per lei importante, ho trovato gli eventi conclusivi quasi troppo diversi dalla trama precedente. Ho avuto la sensazione di passare in modo repentino, e un po’ surreale, da un romanzo d’amore a una fuga quasi post apocalittica. Sottolineo, però, che si tratta di un’opinione personale.
Un altro punto che ritengo avrebbe necessitato di qualche accorgimento in più è l’inserimento di termini e frasi in giapponese all’interno dell’opera di Yasmin Shakarami. Per quanto gli abbia trovati azzeccati e corretti, non ho potuto fare a meno di notare che non sempre le frasi lasciate in giapponese nel corpo del testo sono state tradotte, e che non è presente una sorta di glossario che ricapitoli il tutto.
C’è poi qualche discrepanza ortografica, come sostantivi che mancano della lettera maiuscola a inizio frase, nomi propri di spiriti del folclore giapponese non trascritti in modo coerente tra loro (se Yuki-onna e Kitsune vanno con la maiuscola, allora lo stesso deve valere anche per Ōnamazu, e una volta scelto uno stile, va mantenuto; al contrario, yōkai si scrive con la minuscola); e allungamenti di parola non utilizzati sempre coerentemente (perchè se yōkai presenta l’allungamento, allora sarebbe Tōkyō, e non Tokyo).
Molto belli la cover, che trasmette la sensazione di essere travolti da un temporale estivo, mentre ci si teneva per mano, e i dettagli grafici che affiancano il numero di ogni capitolo.
Per concludere, Tokyo Love Story di Yasmin Shakarami è un romanzo accattivante, coinvolgente e molto dolce. Una storia che affronta temi importanti, come il non sentirsi parte del proprio mondo e la perdita, ma trattandoli con delicatezza e gentilezza.